di Marta Naddei Sono malati, in pochi hanno avuto l’opportunità di tornare a lavorare e ancora meno saranno coloro che potranno godere del pensionamento anticipato, a causa di una ambigua norma. E’ un destino a tratti irriverente e irridente quello degli ex lavoratori della Isochimica, la fabbrica killer, piena di amianto, di Avellino che ha mietuto ormai venti vittime, facendo ammalare praticamente tutti coloro che anche per un brevissimo lasso di tempo hanno trascorso parte della propria vita a scoibentare le carrozze dei treni delle Ferrovie dello Stato. Quella che poteva sembrare una vittoria potrebbe trasformarsi nella prosecuzione di un incubo. Legge di Stabilità 2015, articolo 1, comma 117: si parla del trattamento pensionistico dei lavoratori che «hanno svolto attività di scoibentazione e bonifica, che non hanno maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa vigente» e che «risultano ammalati con patologia asbesto-correlata accertata e riconosciuta». Insomma, il profilo del “perfetto” ex dipendente dell’Isochimica se non fosse per il successivo richiamo alla legge 157 del 1992 che pone a 30 anni di contribuzione la soglia minima per accedere al pensionamento anticipato. Un cumulo che nessuno, eccezion fatta per qualche caso, ha raggiunto anche alla luce della relativamente giovane età media degli ex Isochimica, che non supera i 55 anni. E anche chi lo ha fatto, rischia di non vederselo riconosciuto. Insomma, sostanzialmente il periodo di contribuzione ci sarebbe ma l’ostacolo si riscontra nella forma e nell’interpretazione che si intende dare ad una legge, la 157 del ‘92, che allo stato attuale pare piuttosto anacronistica. Ieri mattina, nel corso di una conferenza stampa presso la sede di Rifondazione comunista – che fin dal principio ha abbracciato la battaglia di questi uomini -, si è provato a fare chiarezza sui possibili scenari e sulle soluzioni da poter adottare. «Quella ottenuta poco prima di Natale – ha commentato Carmine De Sio, ex lavoratore dell’Isochimica – grazie all’aiuto della senatrice Angelica Saggese, quando è stato inserito questo articolo nella Legge Stabilità, è una vittoria per noi parziale, dal momento che vengono posti dei paletti sulla soglia minima di contribuzione. Eppure, tutti noi, siamo affetti – chi in un modo, chi nell’altro – da malattie ricollegabili al nostro lavoro presso quella fabbrica. Il trattamento pensionistico dovrebbe prescindere dalla tempistica contributiva per quanto riguarda casi come i nostri: in aziende come l’Isochimica bastano anche cinque minuti ed una fibra d’amianto per giocarsi la vita». Ed è lo stesso Carmine De Sio a trovarsi nella situazione in cui, pur avendo 31 anni di contributi alle spalle, corre il serio rischio di non vederseli riconosciuti a causa di mere questioni di cumuli e conteggi. E come lui anche quelli che un tempo sono stati i suoi colleghi, come ad esempio Aniello Amabile, 55 anni, dipendente Isochimica dal 1984 al 1990 e da 15 anni in servizio presso il Comune di Siano e con una placca pleurica riscontratagli quattro anni fa: anche in questo caso tra diversi livelli di contribuzione e calcoli, nonostante il sopravvenuto raggiungimento della soglia, la beffa del mancato riconoscimento del pensionamento anticipato è dietro l’angolo. Così come lo è per Alfonso Maiorano, affetto dalla stessa patologia e con “soli” 28 anni di contributi. Ancor più complessa la situazione di Domenico Stile, invalido civile al 100% che, con 27 anni di contribuzione, ha dovuto chiudere la propria attività a causa di un problema oncologico che parzialmente sembra essere riconducibile al suo vecchio impiego in terra irpina. Insomma, storie di uomini a cui, di fatto, nonostante quelli che sembrano buoni propositi, si sta negando un diritto. Tanta la rabbia del segretario di Rifondazione Loredana Marino: «Abbiamo portato avanti questa lotta con questi uomini nell’indifferenza delle istituzioni, ad eccezione della senatrice Saggese; una lotta che non è solo per gli ex Isochimica ma per quanti si trovano nelle loro stesse condizioni». A supportare tecnicamente gli ex operai c’è l’avvocato Cristian Iannone, il quale sottolinea come «ci sono due principi che tra loro cozzano, all’interno della norma. Il richiamo alle legge del 1992 è paradossale: ci troviamo di fronte ad una questione di interpretazione. A mio avviso, il calcolo delle pensioni dovrebbe avvenire sugli anni effettivi di contribuzione». Un destino beffardo, insomma, quello di questi uomini che da 30 anni vivono con l’incubo della morte.
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