di Erika Noschese
Un’ondata di cambiamento ha investito il panorama delle adozioni in Italia, con una sentenza della Corte costituzionale che potrebbe riscrivere le regole per migliaia di aspiranti genitori. Dopo decenni di restrizioni, le persone single potranno finalmente intraprendere il percorso dell’adozione internazionale, aprendo nuove prospettive per i bambini in cerca di una famiglia. La decisione della Corte, annunciata venerdì, ha dichiarato incostituzionale il divieto che impediva ai single di adottare bambini all’estero, ritenendo che tale restrizione fosse in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione. Fino ad ora, l’adozione internazionale era un’opzione riservata quasi esclusivamente alle coppie eterosessuali sposate, con rare eccezioni per i single in situazioni particolari. La sentenza non estende automaticamente il diritto all’adozione nazionale, che rimane un tema controverso, ma rappresenta un passo significativo verso l’uguaglianza nel diritto di famiglia. L’Italia, uno dei paesi con il più alto numero di adozioni internazionali, potrebbe ora vedere un aumento delle domande da parte di single, offrendo nuove opportunità a bambini provenienti da paesi come Russia, Colombia e India. Tuttavia, la decisione ha suscitato anche dibattiti e interrogativi. Alcuni esperti si chiedono se l’adozione da parte di single possa garantire la stessa stabilità e supporto di una famiglia tradizionale, mentre altri sottolineano la necessità di valutazioni rigorose delle capacità genitoriali. Per analizzare a fondo le implicazioni di questa svolta, abbiamo incontrato l’avvocato Angela Mendola, presidente nazionale della commissione famiglie transnazionali di “Cammino”, la Camera Nazionale Avvocati per le persone, per i minorenni e per le famiglie, impegnata nella tutela dei minori, delle relazioni familiari, dei soggetti vulnerabili, figura di spicco nel dibattito sui diritti di famiglia. La sua analisi, ricca di sfumature e spunti di riflessione, ci aiuterà a comprendere meglio le sfide e le opportunità che questa sentenza porta con sé. Con questa sentenza si dà ulteriore peso specifico alle unioni civili. «C’è già, solo a livello giurisprudenziale, perché in Italia nessuna norma è dedicata alla filiazione nell’ambito delle unioni civili. Abbiamo la legge 76 del 2016, per il riconoscimento delle unioni civili in Italia, molto più tardi rispetto agli altri paesi d’Europa. E non è ovviamente un matrimonio egualitario, ha tutto un suo statuto e una sua regolamentazione. Nell’ambito di questo, si applicano bene o male tutte le norme sul matrimonio anche agli uniti civilmente, salvo quelle sulla filiazione. Quindi non abbiamo nessuna norma sulla filiazione da coppie omosessuali: l’unica soluzione è quella a cui giunge il diritto vivente, cioè la giurisprudenza, che dice che ci sono queste sfumature. Piuttosto che lasciare questo nato in assenza di tutela, si da questo riconoscimento per evitare che ci possa essere una genitorialità sommersa, che è tale ma che in realtà è nascosta». Più che un nuovo spiraglio, quindi, sembrerebbe una ulteriore legittimazione. «Esatto. Vero è che questo tipo di pronuncia della Corte costituzionale, la numero 33, la cui relatrice è la professoressa di diritto privato Emanuela Navarretta, legittima l’adozione da parte di un single, ma ci sono tanti altri casi di minori cresciuti da un solo genitore. Per esempio, i nati da PMA post mortem, ipotesi sottovalutata perché il nostro ordinamento, con l’articolo 5 della 40 del 2004 vieta la PMA nelle coppie omosessuali e vieta la PMA post mortem. Però, se queta fattispecie si configura, il nato non si può tutelare, per cui la pronuncia del 2019 ha riconosciuto una tutela al nato da PMA post mortem, sempre assunto che il bigenitoriale sia il metodo preferibile. Ma se l’alternativa è la non nascita, la giurisprudenza è arrivata ad ammettere e a consentire la progressione della gravidanza proprio perché si ritiene che la nascita sia l’opzione preferibile». A quali casi ci si riferisce, nel dettaglio? «Al caso legato alla nascita di un soggetto che non avrà mai il padre, tanto è vero che si chiama nato postumo, cioè dopo la morte di un genitore. Secondo la giurisprudenza, è vero che esiste questo diritto all’amore, alla stabilità effettiva, carica e amorevolezza da entrambi i genitori, ma l’alternativa non può essere quella dell’interruzione di gravidanza, anche perché andrebbe a confliggere con il diritto della donna. Quindi ci sono dei retaggi politici, culturali, valoriali che potrebbero essere superati». Salerno si configura come una realtà che potrebbe trarre benefici da questa sentenza? «Penso di sì. Non ne ho contezza, ma credo che si apriranno le porte a delle possibilità per molte donne single, per molte donne che in realtà hanno proprio bisogno. Questa pronuncia consente una famiglia anche a una donna sola o a un uomo solo, si aprono quindi possibilità prima relegate a ipotesi di eccezionalità, e relegate a minori in stato di difficoltà. Il caso del film “Nata per me” (il cui protagonista è interpretato da un attore salernitano, Pierluigi Gigante, già presente su queste colonne, ndr) è il caso di un’adozione di padre single ma rientrante nelle ipotesi di cui alla lettera A dell’articolo 44, dunque una bambina in condizioni di difficoltà». Questa sentenza apre all’adozione da parte dei single. ma solo per le adozioni internazionali. «C’è un’ipocrisia di fondo, perché ci sono altri casi, quindi ci sarà un’apertura anche verso l’adozione interna. Così come sono stati illegittimi costituzionalmente il 29 bis e il 30, ci attendiamo una pronuncia di illegittimità anche dell’articolo 6, che ci dice che possono adottare solo gli uniti in matrimonio da almeno tre anni non separabili. Questo limite, in un esito futuribile, può essere valicato. L’apertura deve essere a 360 gradi, ma lo lasciamo a giudici della Corte costituzionale e ai magistrati. Gli avvocati sperano sempre in aperture ulteriore, sempre nell’interesse dei minori: anche nel 2019 la Corte costituzionale aveva chiaramente detto che non esiste un diritto assoluto alla genitorialità, non esiste una tutela e non necessariamente si deve poter essere genitori. L’interesse del nato prevarrà sempre sull’autodeterminazione genitoriale. Quindi si applica la regola del bilanciamento di interessi: bisognerà evitare la collisione tra valori fondamentali. Ne vedremo delle belle: la relatrice è molto brava e ha dato il via a una nuova strada da percorrere».





