L'ultimo "buonasera" di papa Bergoglio - Le Cronache Ultimora
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L’ultimo “buonasera” di papa Bergoglio

L’ultimo “buonasera” di papa Bergoglio

Antonio Manzo

“Buonasera”. L’ultimo saluto al mondo di Papa Bergoglio è avvenuto alle prime luci dell’alba del Lunedì Santo. “Buonasera” fu il saluto come il Papa “venuto dalla fine del mondo” e che aveva scelto di chiamarsi Francesco come il santo di Assisi per consegnare alla storia la cristianità del Nuovo Millennio in un’“ospedale da campo” e con tante “periferie”. E Bergoglio con quel “Buonasera”, pronunciato non solo per motivo di galateo, riuscì a silenziare la folla festante quando chiese la preghiera e la benedizione del popolo di Dio. Iniziano così i dodici anni di papato di Francesco con l’appello al cristianesimo della misericordia, mutuando l’espressione dal confratello, cardinale Walter Kasper, che gli aveva dato da leggere un suo libro, nei giorni del rapido Conclave del 2013. Il Conclave aveva saputo dare alla Chiesa un nuovo Papa e, soprattutto, questo papa che ora il mondo piange ricordando uno stile di assoluta umiltà e semplicità. A una personalità fondamentalmente timida come Papa Benedetto ma grande nel suo spessore intellettuale arrivava per la Chiesa una personalità naturalmente comunicativa che faceva vedere il Vangelo con la tenerezza di Dio e la sua misericordia nel tempo del mondo “villaggio globale” connesso tecnologicamente ma senza l’umanità di Dio per l’accoglienza, la fiducia, la tenerezza, la misericordia e il perdono. A Lampedusa il primo viaggio apostolico del Papa dove nelle acque del Mediterraneo diventato cimitero dell’umanità (dietro casa nostra) getta il fiore del ricordo come un gesto che diventa manifesto del suo papato: con preghiere ed atti sempre rivolti agli ultimi del mondo. Il messaggio è chiaro e diretto, semplice ed eloquente al tempo stesso, spiazzante nei confronti di una Chiesa ripiegata esclusivamente sulla dottrina e poco incline alla evangelizzazione sul campo di “terre di frontiera”. Quella prima uscita di Lampedusa dimostrò anche la postura spirituale del papato che con il linguaggio fatto di gesti comunica attraverso la potenza dei simboli, gesti ed azioni: Papa Francesco è morto simbolicamente proprio dopo i giorni della Passione e Resurrezione circostanza che spiega più della divinità di qualunque parola. Andando avanti tra le tappe del papato e tra le visite ricche di simbologie non passa inosservata la visita a Napoli quando nelle terra di frontiera di Scampia denunciò la corruzione come lesione della dignità umana trasmettendo un chiaro messaggio di riscatto e speranza anche per quella gente che spesso si sente abbandonata nella propria “periferia”. Guardando alle ultime ore della sua vita anche l’ultimo messaggio urbi et orbi è stato denso di significato per l’umanità. Non ci sarà più la voce di un Grande della terra che invocherà la parola pace linguaggio del mondo declinata solo dopo contenziosi diplomatici e bellici e non invece quale risultato finale della giustizia umana. “Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo, vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile.” ha detto nel messaggio Urbi et Orbi della Pasqua. La pace per Papa Bergoglio è stato un messaggio della povertà come stile di vita: non è stata mai un pauperismo di maniera ma una denuncia precisa. Con il no ad una “economia della esclusione” che va ad emarginare i più deboli, il no alla “tirannia del denaro”, ha offerto il sì alla evangelizzazione umana fondata sulla convivialità dell’uomo senza alcuna differenza. Chi parlerà al mondo ancora della Pace con la medesima forza di PPPapa Francesco? Chi chiederà ancora la liberazione dei prigionieri di guerra? Chi il rispetto della dignità umana e l’uso corretto delle risorse per combattere fame e povertà? Chi continuerà a sostenere che la via degli armamenti non solo danneggia i popoli ma li immiserisce nelle sofferenze della modernità? Papa Francesco ha rispettato in pieno quel che aveva detto ai padri sinodali il 6 ottobre 2014 quando gli attacchi continui di ambienti ecclesiastici conservatori al cardinale Walter Kasper indussero lo stesso cardinale a dire che “il bersaglio non era lui il Papa” <Bisogna dire tutto quel che si sente, e al tempo stesso si deve ascoltare e accogliere con cuore aperto quel che dicono fratelli. Parlare con parresia e con umiltà>. Parresia, il coraggio della parola utilizzata contro gli abusi del clero con la pedofilia, per la riforma delle istituzioni ecclesiastiche, per la denuncia del clericalismo, il ruolo nuovo delle donne nella Chiesa. Sono solo alcuni tempi per sostenere che quella di Papa Francesco con è stata una rivoluzione finta ma il rilancio del Vangelo come stile di vita per l’umanità.