UE, solo economia e corsa al riarmo. Così non va. Si cambi - Le Cronache Attualità
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UE, solo economia e corsa al riarmo. Così non va. Si cambi

UE, solo economia e corsa al riarmo. Così non va. Si cambi

Aldo Primicerio

Non so cosa voi ne pensiate. Ma molti di noi da tempo guardiamo all’UE, l’Unione Europea, come l’evento più importante e determinante della storia degli ultimi decenni. Va ribadito, l’Ue – e lo abbiamo ricordato di recente – è nata da quella intuizione di Altiero Spinelli, meditata e scritta nel 1941 durante il loro confino, da antifascisti, nell’isola di Ventotene. Fu solo un’intuizione annotata sulle cartine da sigarette. Eppure è bastata per meritarsi, primo, il “lancio dell’aringa” a marzo da parte della nostra presidente del Consiglio scorso alle opposizioni,  per distoglierle  dai temi scottanti di quei giorni: il Re-arm della von der Leyen e la riunione del Consiglio d’Europa sulle ingenti risorse da investirvi. E, secondo, per meritarsi anche il dileggio di Berlusconi, che definì l’isolamento di Ventotene una “villeggiatura”, alludendo al concetto di vacanza quando si parla di un’isola. Due stupidate. Quella di Giorgia, perché lei ha volutamente estrapolato chirurgicamente alcuni passaggi del manifesto di Ventotene per provocare la chiassosa reazione delle opposizioni. Quella di Silvio, perché, nel definirla villeggiatura, fece dedurre che lui a Ventotene non c’era mai passato con il suo yacht miliardario. Pur bella e fascinosa, Ventotene resta un’isola abbandonata, sporca e senz’acqua, tant’è che ogni giorno l’acqua arriva da Napoli con una nave-cisterna.

 

L’UE come l’Impero Romano. Ambedue nati dopo lunghi anni di pace

L’Unione Europea è nata nel 1992, con la firma del Trattato di Maastricht, dopo quasi 50 anni dalla fine della seconda guerra mondiale. L’Impero Romano godé invece di circa 200 anni di pace e di dominio, da Ottaviano Augusto fino a Marco Aurelio, quando la Pax romana iniziò a disgregarsi, dopo quasi due secoli. Fu un processo irreversibile, dominato dalla mancanza di riforme fondamentali e dalla mancata comprensione delle nuove dinamiche che stavano attraversando l’Europa. Per il resto, dal 180 d.C. al 1945 è stata invece una continua e quasi ininterrotta sequela di guerre. Eppure, proprio negli anni ’40 prendeva forma l’idea di una Europa unita. Un processo che sembrò pilotato proprio dagli Stati Uniti. Una forma di unione di Stati europei già aderenti alla Nato – per di più, in un periodo di cosiddetta guerra fredda tra Usa e Urss – sembrò rafforzare quella stabilità politica ed economica indispensabile dopo la seconda guerra mondiale. E di lì poi il processo inarrestabile verso l’unione politica, economica e monetaria europea.

 

Una UE più economica, ma assai meno politica e sociale. Ed ora le forze per disgregarla

Durante i suoi anni di consolidamento, infatti, l’UE ha quasi sempre conferito preminenza alla integrazione economica, tralasciando quella politica e sociale. E questa trascuratezza ora presenta il conto. L’avanzata in Europa delle destre nazional-sovraniste ed anti-europeiste sta facendo pressing per disgregare l’Unione Europea. Li chiamano conservatori, ma in effetti non lo sono. Non sembrano voler conservare, quanto distruggere. Gli stessi Usa di Trump danno l’impressione di puntare alla disgregazione dell’Europa, ed a voler conseguire più vantaggi economici trattando con i singoli Paesi membri. In Italia è questo l’orientamento della Lega. Ma vi si sta allineando anche FdI e la presidente del Consiglio Meloni, che in questi giorni si reca negli Usa per incontrare Trump, sortendo la disapprovazione della Francia di Macron. Pressioni disgregatrici dell’Europa partono anche dalla Russia. Putin vede l’UE come un braccio armato della Nato che vuole imporre il predominio navale dell’Occidente nel Mar Nero. E quindi anche la Russia punta a dissolvere l’Unione Europea.

La risposta dell’Europa? La peggiore possibile, si legge su molti media, anche quelli specializzati sui rapporti internazionali. La scelta più sbagliata di tutte sembra la corsa al riarmo, partita proprio dal presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen. Lei sostiene per invertire il processo di deidustrializzazione in atto nella sua Germania ed in buona parte dell’ Europa, un gap provocato proprio dalla crisi politica ed economica con un partner importante come la Russia. Ecco quindi uno dei peggiori effetti del sostegno armato dei Paesi europei all’Ucraina di Zelensky.

 

L’Unione Europea ora appesa al filo sottile della coesione tra i 27 Paesi, quello che l’ha finora contraddistinta rispetto al resto di un mondo multipolare

Il pianeta sta assumendo sempre più l’aspetto di un corpo a macchia di leopardo, un organismo fondato non più sui tradizionali blocchi storici Usa-Russia, ma ora su più blocchi di potere. Che oggi si chiamano Cina, India, Pakistan, Brasile, Sud Africa. Cui possiamo certamente aggiungere anche Argentina, Messico, Turchia, Vietnam, Indonesia, Egitto. In questo mondo multipolare solo l’Unione Europea sembra possedere ancora una forza coesiva, un collante capace di garantire equilibrio, pace e benessere in un mondo afflitto dalla sindrome della divisione. Ecco la sfida del futuro, che è però già quella del presente: restare uniti. Ma anche sembrarlo, darne l’impressione. Sono queste le radici dalle quali è nata l’Europa dei nostri sogni, quella di Spinelli, di De Gasperi, di Monnet, di Schuman, di Adenauer, di Spaak. A molti giovani questi cognomi diranno forse poco o niente. Ma a noi con più anni ricordano Germania, Italia, Francia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, i sei fondatori della prima Europa unita. E’ l’Europa che si studia a scuola sui libri di educazione civica, è la prima Europa, quella della Ceca, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, fortemente voluta dal francese Robert Schuman per rendere impensabile una guerra tra le nazioni europee. Ed a questi grandi va aggiunto Winston Churchill, prima ufficiale inglese, poi corrispondente di guerra, ed infine premier britannico. Fu lui a credere che solo un’Europa unita potesse garantire la pace, prima nel vecchio continente, e poi nel mondo.

Ora che fare? Alcuni sostengono che la crisi dell’establishement europeo sia da addebitare al green deal, alla transizione energetica, all’ideologia apocalittica climatista, in pratica allo sviluppo sostenibile. Ne sono fermamente convinti la maggioranza ed il governo di centrodestra in Italia, ma anche le destre in Finlandia, in Ungheria, in Slovacchia, in Svezia. Sono pirtroppo afflitte dal mantra della sicurezza, dei migranti, del nostalgismo energetico e, da noi, persino del sovranismo alimentare. Vere stupidate. E’ contro questo pensiero tipicamente reazionario, orientato al ripristino di un assetto sociale storicamente superato, ostile a qualsiasi spinta innovatrice o di sviluppo sostenibile, che questa Europa deve fare autocritica ed ispirare un rinnovamento della sua classe politica dirigente. E’ un brutto momento. In cui bisogna fare un bel respiro, guardare all’unico pianeta abitabile di cui disponiamo, salvaguardarlo dalle sciocche ideologie ambientofobe, e recuperare i valori e le radici liberal-cristiane più profonde. Ma anche sperare ed impegnarci a premiare il rinnovamento integrale di una politica e della sua classe dirigente, la peggiore degli ultimi, ormai, 80 anni.