Il riconoscimento alla memoria di una delle stelle più luminose della scuola napoletana, sarà l’evento centrale della III edizione del Premio Internazionale Cilento in Opera Festival. L’annuncio del Presidente della Provincia di Salerno Giovanni Guzzo al direttore dell’Associazione culturale che lo ha ideato, Maria Pia Garofalo
Olga Chieffi
L’ alba romana, sottolineata dal tema d’amore, s’insinua tra le prime luci, precedendo di poco la melodia appoggiata sul Mi grave del campanone, che annuncia l’uscita di Cavaradossi, purtroppo, mal intonata dagli archi. Il trapasso tra questa sezione e l’attacco “E lucean le stelle” è affidata al clarinetto, quello stordente “cantabile” che noi ascoltiamo nella celeberrima Tosca con il poker d’assi Callas, Di Stefano, Gobbi e De Sabata, con l’orchestra del teatro alla Scala è elevato da Giacomo Miluccio, con quel pianissimo, che la scuola napoletana di cui è stato al contempo erede, innovatore e divulgatore ha, comunque, sempre inteso pieno di armonici, “suonato” dopo l’attacco, che ha si da sembrare provenire dal nulla, secondo i dettami impressionisti. Eseguire quel solo che crea il climax del finale di Tosca, battute scopertissime che possono assolvere a quel compito solo se si riesce ad indovinarne il suono. Una voce unica quella di Giacomo Miluccio che riconosciamo nei suoi allievi diretti e in quanti abbiano per quelle poche note evocative e consapevoli di una fine ingiusta, che cederanno all’aria del tenore, che a poche ore dalla morte rivede il film della propria vita, del proprio amore. E’ alla memoria di questa immensa figura della musica tutta che sarà assegnato il riconoscimento della III edizione del Premio Internazionale Cilento in Opera Festival. L’annuncio del Presidente della Provincia di Salerno Giovanni Guzzo al direttore dell’Associazione culturale che lo ha ideato, Maria Pia Garofalo, la quale ha già fissato la data per la consegna al 23 ottobre, alle ore 16, a Palazzo Sant’Agostino. Regno di Giacomo Miluccio fu il San Pietro a Majella, ove studiò con Antonio Micozzi e trasmise i suoi segreti a generazioni di studenti, verrà celebrato, da uno degli epigoni della scuola napoletana di clarinetti che noi allargheremmo a tutti i fiati, poiché i dettami sono pari, discendendo tutti dal melodismo infinito e dal virtuosismo, proprio del Settecento dei castrati. Primo clarinetto dell’orchestra del Teatro alla Scala di Milano, primo clarinetto e solista dell’orchestra del Real Teatro di San Carlo di Napoli, clarinettista prescelto dal direttore d’orchestra Victor de Sabata, grazie al suo suono inconfondibile di pura e cangiante seta al servizio di un virtuosismo “spinto” ma mai fine a se stesso, come prescrive la nostra scuola di fiati, Giacomo Miluccio fu anche un eccelso didatta, un caposcuola del magistero italiano e compositore conosciuto per Huit Grandes Etudes per il perfezionamento del clarinetto e la Rhapsodie per clarinetto solo, editi da Leduc Paris, una sintesi dell’essenza del suo intendere il clarinetto. La Rhapsodie, che proprio Giovanni De Falco erede di quel suono incantato incise per primo, si inserisce nella letteratura dello strumento, come uno dei rari brani di tecnica melodica. L’opera, datata 1978, una pagina atta ad avviare la ricerca della produzione del suono e della sua liberazione, in modo da lasciare intuire quali ombre drammatiche aleggiassero attorno ad una tale chiarezza di scrittura, portando sino a limiti inimmaginabili la propria intenzione estetica di un suono liricamente esposto, ma al contempo filtrato entro una stupefazione incantatoria, per mezzo delle sfumature dinamiche più ardite. Diversi gli ospiti dell’evento che andrà arricchendosi in questi mesi, tra cui non mancherà il clarinettista Aldo Botta che ha dedicato al Maestro un compact che lo rivela anche compositore e un volume, la sua biografia pubblicata dalle edizioni Aracne, in cui l’autore ci conduce alla scoperta della sua vita, di virtuoso sin da ragazzo, dell’ambiente musicale in cui si è formato e in seguito ha agito, sino alla scomparsa avvenuta nel 1998.





