di Erika Noschese
Salerno vuol dire identità. Questa frase ripercorre spesso le strade cittadine, vuoi per mero attaccamento ai valori sportivi della Salernitana (ché, ultimamente, solo di quelli ci resta da parlare) o perché, effettivamente, Salerno ha sempre rappresentato con tanta fierezza tutto ciò che ha a che fare con le radici più profonde del territorio, delle tradizioni che si tramandano di generazione in generazione, dell’appartenenza viscerale a un territorio che – sembrerebbe quasi inutile rimarcarlo – tanto offre e tanto toglie in termini di vivibilità, opportunità e visione. La più recente delle attività finite sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Salerno riguarda proprio uno di questi aspetti: la territorialità. Tra le tante serrande che si abbassano, ribadendo le difficoltà di un periodo economico in cui gli oneri continuano a superare di molto gli onori, ci sono quelle che continuano ad alzarsi dei minimarket gestiti, principalmente, dai bengalesi. La Procura sta cercando di capire come sia possibile che ci sia un radicamento così importante e in costante crescita di tali attività, sul territorio, nonostante i problemi appena descritti. C’è chi il territorio lo vive quotidianamente, come il leader del settore immobiliare Andrea Ruocco, operativo nel campo da oltre vent’anni e, dal 2016, con la qualifica Realtors® nel campo dell’immobiliare residenziale, rilasciata dal CRS – Certified Residential Specialist Designation. E come sempre, le risposte sanno di competenza e visione.
Sempre meno botteghe, sempre più minimarket. Soprattutto in pieno centro. Cosa accade?
«Nel mio piccolo, da professionista che basa il suo lavoro sulle relazioni quotidiane, ascolto moltissimi residenti e commercianti che si lamentano. Chi possiede un immobile spesso racconta delle difficoltà legate all’inadempienza nei pagamenti da parte di alcuni affittuari. D’altro canto, è noto che molti affittuari bengalesi si sono costruiti una reputazione di affidabilità e puntualità nei pagamenti, una caratteristica che i proprietari apprezzano particolarmente. Alla fine, ciò che conta per il proprietario è che l’affitto venga corrisposto regolarmente».
Eppure Salerno continua ad avere un potenziale attrattivo enorme, anche all’estero. Nonostante un sempre crescente sgretolamento della personalità territoriale.
«Siamo in una fase di vera transizione. Nell’immaginario collettivo, gli stranieri che vogliono trasferirsi a Salerno lo fanno per sposare la tradizione che vedono un po’ in tutta Italia, nei piccoli centri in particolare. Per loro è sperimentazione. Non è che sono più gli stranieri che hanno comprato e quindi, di conseguenza, c’è una domanda e un’offerta precisa. È una sperimentazione che si sta avvicinando, da parte loro; quindi, timidamente ci sono acquisti. Nei momenti in cui abbiamo colloqui con stranieri, da loro parte il sogno che hanno dell’Italia: Salerno, quindi, che per loro è un puntino nella mappa, è un esperimento perché cercano di avere un’alternativa rispetto a Napoli che ritengono un po’ troppo caotica, nervosa, anche se è piacevole visitarla. O ancora, viene considerata una valida alternativa anche alla Costiera Amalfitana, ormai satura di investitori che hanno elevato i prezzi, per cui gli stranieri privati che vogliono acquistare hanno non poche difficoltà. Salerno è un po’ conosciuta dai crocieristi, un po’ tramite i social, un po’ tramite i propri avi italo-americani: sta iniziando ad avere questa attrattiva.
Quell’aspetto di cui si parlava, quindi, dello sgretolamento e della frammentazione della personalità di Salerno dal punto di vista commerciale potrebbe effettivamente deludere l’aspettativa di questi stranieri che stanno sperimentando Salerno».
Dal punto di vista dell’offerta, in termini culturali, Salerno offre davvero poco.
«Bisognerebbe fare un sondaggio a tappeto, non ho dati precisi a riguardo. Ovviamente, poi, ci sono le fazioni, dove c’è chi la pensa in un modo e chi in un altro. Credo che questo debba partire da una cultura politica, di visioni in grande e globali della cosa. Bisogna ammettere, ad esempio, che via Mercanti, via Duomo e via Botteghelle debbano essere strade in cui è possibile sentire l’identità della città. Così facendo, andrebbero a guadagnarci i residenti e i proprietari di immobili, poiché così facendo quelle diventerebbero delle vere e proprie strade di élite dove si può riscontrare artigianato di alto livello. Anche alti marchi di qualità, campani, andrebbero ad investire lì vedendo una strada ricca di queste attività, ma questo è palese. Probabilmente la farei vedere come una convenienza, dal punto di vista economico».
Sono i residenti a valorizzare il propagarsi dei minimarket al posto delle classiche e storiche botteghe?
«Per quello che ho vissuto io, al centro storico, non sono le piccole cose e i piccoli beni di prima necessità a fare la differenza. I minimarket si arricchiscono con un turismo mordi e fuggi, perché sanno che potrebbero evitare “sòle” e pagare, ad esempio, una bottiglietta d’acqua meno di quanto pagherebbero in un bar normale, evitando il “pacco”. Paradossalmente, lì il turista si sente più sicuro perché sa che lì i prezzi sono economici. Quindi, questo tipo di attività favorisce solo questi turisti che vengono a Salerno per mezza giornata e poi andare via, ma non i residenti».
Nel suo blog parla di mercati ed eventi. Cosa può offrire Salerno?
«Quando parlo di eventi a tema, parlo di Fiera del Crocifisso ritrovato, o di altre attività come potrebbero essere la fiera dell’oro, la fiera del corallo, o ancora una fiera di prodotti nostrani tipo, ad esempio, la fiera della melanzana al cioccolato che è tipica della Costiera Amalfitana, o la fiera della milza. Sono situazioni che possono sicuramente far piacere al residente, che è orgoglioso tanto quanto si registra per la Fiera del Crocifisso ritrovato. Non vedo questa attitudine in altre occasioni, al momento, eccezion fatta per i recentissimi eventi che si stanno realizzando presso la chiesa di San Giorgio, bellissimi. Eventi musicali a lume di candela, di portata internazionale, che valorizzano molto i contesti di riferimento».
Più fiere, meno chiese riadattate a mercatino.
«Una chiesa riadattata a punto vendita per i prodotti tipici locali la vedo fuori luogo, meno pratica. Utilizzerei, dal punto di vista strettamente personale, altre location».