Erano una trentina la mattina di giovedì 14 novembre. Quasi tutti genitori – soprattutto le mamme – di alunni di una scuola media del quartiere di Scanzano di CASTELLAMMARE di Stabia, tristemente noto in passato per vicende di carattere criminale. Quel giorno andarono a scuola per farsi giustizia da soli. Obiettivo una insegnante di sostegno, colpevole – secondo voci, amplificate dai social – di comportamenti di natura sessuale con alcuni alunni. Fu una vera e propria aggressione, nella quale rimasero feriti la docente trentottenne (che riportò un trauma cranico) e suo padre, che si trovava sul posto e al quale ruppero un braccio. Molti presero le difese della professoressa, ma oggi è arrivata la svolta, clamorosa, con l’arresto della donna e un’accusa pesantissima: maltrattamenti, violenza sessuale, induzione al compimento di atti sessuali e corruzione di minorenne. La prof, ancora formalmente in servizio nell’istituto, è stata prelevata dai carabinieri di CASTELLAMMARE di Stabia – su ordine del gip di Torre Annunziata, al termine di indagini condotte dalla procura di Torre Annunziata – e portata nel carcere di Benevento. Lei si difende, nega: sostiene, secondo quanto si apprende, che i messaggi e le altre prove contro di lei sarebbero state realizzate con l’intelligenza artificiale per incastrarla. Ma l’impianto accusatorio, afferma la procura, è solido. Sette le presunte vittime, quattro ragazzi e tre ragazze tra gli 11 e i 14 anni, tra cui l’unico sul quale la prof avrebbe dovuto esercitare le sue funzioni di insegnante di sostegno. A portare alla luce la vicenda sarebbe stata la sospensione di uno degli alunni coinvolti, che avrebbe spinto lui e gli altri a confidarsi coi genitori mostrando messaggi scambiati via Instagram e Whatsapp con la docente. Messaggi vocali che i carabinieri avrebbero successivamente trovato anche nel telefono sequestrato all’insegnante, insieme a materiale pornografico compatibile con quello descritto dalle vittime, nel frattempo ascoltate in audizioni protette. “Quando avete dato il primo bacio, quale musica vi piace mettere quando…”. Sarebbero state di questo tenore, ma anche dal contenuto molto più spinto e volgare, le domande che la docente rivolgeva agli alunni nella cosiddetta “saletta”, un luogo appartato dell’istituto, dove – a partire dall’ottobre 2023 – sarebbero stati condotti con la scusa di aiutarli a ripetere le materie scolastiche. Nella ‘saletta’ la docente avrebbe più volte mostrato ai ragazzini video pornografici, intavolato continuamente discorsi dai contenuti hard e in alcune circostanze i giovani sarebbero stati spinti a scambiarsi atti sessuali. In una circostanza, poi, l’insegnante avrebbe avuto un rapporto con uno degli alunni. Quando poi l’accesso alla “saletta” diventò non più praticabile, la professoressa avrebbe creato un gruppo Instagram, chiamato proprio “la Saletta”, nel quale gli unici discorsi effettuati avrebbero avuto contenuto esplicitamente sessuale. Lo stato di soggezione degli alunni rispetto all’insegnante e le minacce che questa avrebbe rivolto ai ragazzi, in particolare circa la possibilità di essere bocciati, di fare andare i genitori in carcere e di mandare loro stessi in comunità – minacce che sarebbero state “rafforzate” dalla presunta relazione che la donna avrebbe avuto con un appartenente alle forze dell’ordine – avrebbero portato i minori a mantenere il segreto. “Ci hanno chiamato camorriste, animali. Ora giustizia è fatta e chiediamo le scuse”, hanno detto dopo l’arresto alcune delle mamme protagoniste della spedizione punitiva contro la prof: un episodio, in realtà, anch’esso al vaglio della procura di Torre Annunziata. Così come la procura indaga sulla scuola. “Era urgente interrompere la condotta della docente, che lei insegnasse lì o altrove – ha detto il procuratore di Torre Annunziata Nunzio Fragliasso -, ora resta da capire come sia possibile che per un anno sette minori siano stati affidati a un’insegnante di sostegno che doveva curarsi solo dell’alunno con difficoltà di apprendimento: questo è un aspetto da approfondire”.
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