Pagani. Clan Fezza-De Vivo, condanne bis - Le Cronache Giudiziaria
Giudiziaria Pagani

Pagani. Clan Fezza-De Vivo, condanne bis

Pagani. Clan Fezza-De Vivo, condanne bis

Pagani/Poggiomarino. Mentre si attende per il secondo filone dell’inchiesta sul patto tra clan l’udienza dal gup di Salerno, dove su 29 indagati 20 hanno scelto di farsi giudicare con il rito alternativo all’ordinario, arrivano dai giudici di secondo grado della Cittadella giudiziaria salernitana pene per quasi mezzo secolo di reclusione  per gli esponenti del clan Fezza/De Vivo di Pagani e del “consigliere” ex boss di Poggiomarino, ora collaboratore di giustizia, Rosario Giugliano detto ‘o minorenne: il pentito sconterà 9 anni e 8 mesi di reclusione come stabilito dalla Corte d’Appello di Salerno cui avevano presentato ricorso 6 imputati che furono processati (e condannati) con il rito abbreviato.  Accolto dai giudici di secondo grado il ricorso per Anthony Acquaviva (difeso da Annalisa Califano e Luigi Calabrese) rideterminando la pena per questo processo in 7 anni di reclusione per complessivi 12 anni dopo essere stato riconosciuto il vincolo della continuazione tra i fatti attuali e quelli giudicati con altre sentenze. Confermate invece le condanne del dicembre 2023 per l’ex boss e killer della Nuova Famiglia, oggi pentito, Rosario Giugliano (9 anni e 8 mesi); Francesco Sorrentino (10 anni e 2 mesi); Raffaele Carrillo (5 anni e 6 mesi); Antonio Fisichella (3 anni e 10 mesi) e Salvatore Giglio (9 anni e 8 mesi). Sessanta giorni per le motivazioni dei giudici di secondo grado prima di presentare ricorso in Cassazione. Il processo è figlio dell’inchiesta, la prima, sul patto tra clan sulle estorsioni, usura e droga legato ai Fezza e De Vivo, sponda Pagani e Rosario Giugliano (Poggiomarino) che nella città di Sant’Alfonso aveva residenza. Il lavoro investigativo interforze su input dell’Antimafia salernitana, svelò l’esistenza di una associazione tra le due cosche.  A Pagani, i referenti assoluti del gruppo erano Francesco Fezza e Andrea De Vivo. Tra le accuse, a seconda dei ruoli, c’erano reati di estorsione, associazione mafiosa, possesso di armi, tangenti imposte ai capi pusher, intestazioni fittizie, tentato omicidio, autoriciclaggio, favoreggiamento e spaccio di droga. Gli interessi del “sistema paganese” erano in gran parte legati  anche al gruppo criminale di Giugliano, a sua volta interessato ad espandersi nella zona industriale di Nocera Inferiore e nel resto dell’Agro, come Angri, dove il clan fallì l’agguato contro l’imprenditore Domenico Chiavazzo, intimidito per il pagamento di una tangente di 200mila euro. I fatti vanno dal 2019 al 2021. In primo grado Acquaviva era stato riconosciuto colpevole per aver fatto parte dell’associazione per delinquere dei Fezza D’Auria, dell’estorsione ai pusher (il pizzo per poter spacciare) e spaccio di cocaina. “Rosario ‘o minorenne”  colpevole di aver agevolato il clan Fezza/D’Auria e di quello a lui riferibile, di estorsione contro Chiavazzo e del pizzo chiesto a una ditta di trasporti e a un imprenditore di Fosso Imperatore a Nocera Inferiore (accuse mosse dalla Dda salernitana nel secondo filone d’inchiesta). Carillo e Giglio erano a processo per far parte del gruppo di Giugliano e per l’estorsione a una ditta di trasporti. A giorni dal gup il filone bis dell’inchiesta con introduzione della procura e richiesta di pena per chi ha scelto il rito alternativo..

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