Per non dimenticare. Michele Scozia - Le Cronache Ultimora

di Vera Arabino

Visitando il “nido” di Michele Scozia, di cui è splendida custode la consorte Leda, non si fatica ad immaginare perché la figlia Linda descriva la casa di via Prudente come «una sorta di comune». Ancora oggi si percepisce il continuum degli spazi aperti, che per anni hanno ospitato casa, studio legale e segreteria politica, fintanto che quest’ultima non è stata trasferita nell’appartamento al piano superiore che era dei nonni. Alla “comune” di casa Scozia bisogna aggiungere, infatti, i genitori di entrambi i coniugi nonché il fratello di Leda, che ancora oggi vive lì con la sua famiglia: «Tutti nello stesso palazzo, perché a papà piaceva avere accanto i suoi cari, dal momento che considerava la famiglia un’istituzione sacra e teneva alle sane consuetudini tradizionali – spiega la primogenita, che oggi ha 50 anni ed ha seguito le orme paterne in seno al Pd – Se consideriamo quanti venivano qui, tra amici, cittadini, colleghi politici ed avvocati e clienti, è facile immaginare quale fosse il viavai quotidiano. Per non parlare poi delle nottate elettorali quando c’era una fiumana di persone assiepate fin sulle scale, con nonna Linda che, dal piano di sopra, sfornava vassoi di pizzette per tutti». Ecco perché ai familiari riesce difficile distinguere l’uomo pubblico da quello privato. Michele Scozia era lo stesso con tutti: un punto di riferimento, un pater familias sempre pronto all’ascolto, al dialogo e soprattutto al confronto. «Pur avendo qualità fuori dal comune che lo facevano eccellere in molti campi, era un uomo di una disarmante semplicità – racconta ancora Linda – Ci coinvolgeva in tutto ciò che lo riguardava, ci contagiava con il suo entusiasmo e le sue forti idealità e poi sollecitava sempre il nostro giudizio, tanto più che teneva in grande considerazione i giovani. Mia sorella minore Fabrizia ed io siamo state fortunate ad avere un padre così aperto al dialogo. Per me in particolare, che con lui ho avuto una profondissima sintonia, è stato sempre un consigliere ed un riferimento imprescindibile». La verità è che Michele Scozia sapeva dosare bene severità e comprensione, serietà ed allegria: «Papà era un insegnante rigoroso, che ci correggeva le versioni di latino e ci interrogava per sondare la nostra preparazione, ma anche un uomo divertente che suonava il pianoforte ad orecchio ed adorava la musica ed il ballo e quindi organizzava, e ci permetteva di organizzare, continuamente feste a casa». Non a caso è ad una festa danzante, in casa di comuni amici, che conobbe la donna della sua vita sul finire degli anni ‘40: «Michele era un giovane dall’oratoria straordinaria e poi un ottimo ballerino di valzer e tango – racconta la signora Leda, 82 anni splendidamente portati, che all’epoca studiava all’Orientale di Napoli – Diciamo che all’inizio non ebbe vita facile, visto che avevo 4 fratelli, ma alla fine li ha conquistati tutti. Ci siamo sposati nel 1957, dopo più di otto anni di fidanzamento. Tanti ce ne volevano all’epoca per diventare avvocato e ricordo ancora la sua prima causa, in Corte d’Assise: difendeva una ragazza che aveva ucciso il fidanzato per motvi d’onore. Se la cavò brillantemente». Una vita molto intensa da antesignana first lady, che la signora Leda ha affrontato sempre con il sorriso sulle labbra: «Mio marito si dedicava a tutti gli impegni con grande rigore e anche quando lo tenevano più lontano, penso a quando fu parlamentare a Roma, non ha mai trascurato la famiglia. Eravamo tutti partecipi, io per prima, della sua vita politica e dei suoi mille interessi – spiega – Ricordo che, quando era alla Regione, pur tornando a tarda ora da Napoli, non rinunciava mai a due riti: gli spaghetti al filetto di pomodoro preparati da me e l’interrogazione alle nostre figlie». Allo studio ci teneva moltissimo: è stata una delle costanti della sua esistenza. Ci si dedicava appena poteva, a via Prudente – dov’è ancora oggi intatto il suo studio con l’imponente scrivania ed il patrimonio di libri e ricordi di una vita – oppure nel buen ritiro di Capitignano di Giffoni, dove si trova l’antica casa della famiglia della signora Leda e dove ha scritto anche “Sichelgaita, Signora del Mezzogiorno”. «Se qualche volta non ero abbastanza preparata, mi diceva che non mi avrebbe lasciato i suoi libri, perchè per lui quello era il vero tesoro – interviene Linda – Libri che alla fine ha lasciato a mio figlio Michele». Di nipoti Michele Scozia ha fatto in tempo a conoscerne due, prima che la malattia lo spegnesse non ancora settantenne: «E’ stato un nonno molto affettuoso con i miei figli, Francesca che oggi ha 23 anni e studia farmacia e Michele, che ne ha 21 ed è studente di medicina – prosegue – Mia sorella si è sposata dopo la sua morte ed ora ha due bimbi, Arianna di 8 anni ed Alessio di 4». Anche il male che lo minava inesorabilmente ha saputo affrontare con serenità e con il sostegno della fede: «Papà diceva che gli sarebbe piaciuto riuscire a vedere il 2000 ma purtroppo non è stato così. Di sicuro non sarebbe mai andato in pensione: aveva troppi interessi e passioni, anche legate allo sport – racconta ancora – Quando la Salernitana giocava in casa, ad esempio, si pranzava presto perchè doveva correre allo stadio». Un amore che faceva tutt’uno con quello profondo per la sua città: «Papà aveva affrontato il biennio da sindaco con il consueto entusiasmo, anche se aveva incontrato resistenze ed ostacoli, ma lui non era il tipo da abbattersi nè da covare rancore. Non l’aveva fatto neanche nell’83, quando la sconfitta elettorale l’aveva amareggiato solo perchè vedeva incompresa l’intensità del suo impegno politico, che ha condotto incarnando al meglio il ruolo del politico cristiano, al servizio della comunità». Di sicuro Michele Scozia ha saputo prestare fede, fino in fondo, al motto che amava ripetere: “credere in quello che si fa è la vera idealità”.

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