“Ho capito ma se me lo dicevi prima… Come prima? Ma sì, se me lo dicevi prima… Prima quando?! Ma prima no?” Inizia così uno dei pezzi più irriverenti di Enzo Jannacci che, armato di sarcasmo e musicalità, raccontava il disagio sociale di temi attuali oggi come nel 1989, anno in cui fu presentata al Festival di Sanremo. Il disagio era dato dalla necessità sociale quasi scontata di dover necessariamente chiedere aiuto per ottenere qualcosa che, pur spettandoti di diritto (come, ad esempio, un lavoro e una vita dignitosa, come Costituzione comanda), tarda sempre ad arrivare o, peggio, non arriva affatto. E da lì prende il volo l’elegantissimo sarcasmo di Jannacci che prosegue cantando: “Ma io ho bisogno adesso, sto male adesso! Ma se me lo dicevi prima ti operavo io! Ma io ho bisogno di lavorare, io sto male adesso! Eh, sto male e sto bene, macché il lavoro e mica il lavoro! Posso mica spedirti un charter?! Bisogna saperlo prima che dopo non c’è lavoro, prima, capito?”. Su queste colonne risuona l’indimenticato Jannacci per anticipare ciò che siamo certi accadrà: qualcuno dirà di aver letto questo pezzo e, anziché ammettere di aver dato così poca importanza all’Auditorium sorto nell’area del Conservatorio e, nello specifico, negli spazi dell’ex orfanotrofio Umberto I, dirà: “Beh, se me lo dicevi prima la risolvevamo!” ma non per citare Jannacci. Lo avrebbe detto perché scollegato dalla realtà, e un po’ anche dalla consecutio temporum (ma questi, a onor del vero, non sono affari di chi scrive, ndr). Eh sì, perché basta davvero poco per sapere che l’Auditorium in realtà non è, anche per il colosso dei colossi dei motori di ricerca: Google. Basta scrivere “auditorium Salerno” sulla barra di ricerca e, una volta premuto il tasto “Invio”, si scoprirebbe la magia del vuoto. Google cita l’Auditorium del Centro Sociale di via Guido Vestuti, a Pastena, che auditorium non è: si tratta di una sala con un palco e con prospettive multimediali discretamente superiori allo zero, che di tanto in tanto viene utilizzata dalle associazioni per presentazioni e iniziative per lo più a circuito ristretto. Ma, va detto, sempre meglio di niente. Eppure, pur non essendo un auditorium, è addirittura il sito internet teatro.it a qualificare quello spazio specifico del Centro Sociale come “auditorium”. Con tanto di geolocalizzazione creata appositamente da Google, che dà per buona l’informazione fornita da un portale autorevole sui temi teatro e spettacolo. Basta scorrere lievemente la pagina dei risultati della ricerca e spuntano le opzioni con geolocalizzazione delle celebri “Pagine Gialle”, ora rimodulatesi come portale web: il primo risultato porta direttamente a Parco Arbostella, precisamente presso l’Associazione Laboratorio Teatro Arbostella Gino Esposito che opera nel teatro omonimo; si passa poi al Teatro delle Arti, poi a una srl che organizza eventi, poi ad altre attività private in giro per la città e per la provincia, con passaggio obbligatorio su Ravello che l’auditorium ce l’ha, si vede, si riconosce e si apprezza letteralmente ovunque. Non è possibile, intanto, pensare che Google addirittura non sappia che esiste l’Auditorium Umberto I. E in effetti, se non fosse per il portale dei Fondi europei di sviluppo regionale dedicati alla Campania e per il nostro portale d’informazione, risulterebbe un po’ difficile sentirne parlare o quantomeno vedere l’opera menzionata. Lo stesso accade nella sezione “Immagini”, dove però l’auditorium Umberto I si difende bene: al primo posto spicca l’auditorium Niemeyer di Ravello, poi un’immagine di un rendering dell’auditorium, una foto degli interni del medesimo auditorium (beatə chi l’ha visto!) e una foto degli esterni della magica opera nata a Salerno città. Tanto magica che scompare ovunque, perfino da Google. Vabbè, ma soltanto ora: se me lo dicevi prima! e.n.
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