di Olga Chieffi
Una voce pastosa, piena di armonici, che emoziona anche solo quando parla, poiché ha la dovizia del suo canto che porta la naturalezza, la pienezza delle vocali, della parola detta, per la tornitura classica che la sua impostazione vocale vuole, come distensione, stile, per la centralità e il respiro panico che quest’ampiezza dello strumento infonde a ciò che lei canta, è, certamente, quella di Jessica Pratt. L’arte di questo eccezionale soprano, che nasce da una forza antica, ha letteralmente illuminato questo ultimo segmento della stagione stellare dell’Opera Nazionale di Tirana, firmata dal sovrintendente e violinista Abigeila Voshtina e dal direttore artistico M° Jacopo Sipari di Pescasseroli, i quali con un lavoro immane quotidiano, senza compromessi, poiché specchio di un pensiero che crediamo attraversi ogni loro esecuzione, in difesa della bellezza del segno degli autori, essendo sottomessi unicamente all’arte tutta e alla musica, hanno aperto dal massimo palcoscenico albanese una finestra sul mondo, per dirla pensando alla monade leibniziana, quadrando, così, con la realtà e con l’esperienza di ogni altro abbia potuto, in questo periodo, intridersi di quel profumo di libertà e di una fiducia, prima mai semplicemente conquistata, indi armonicamente “accordata”, ponendo un aureo sigillo a questo 2024, in modo da offrire, al pubblico albanese, una Lucia di Lammermoor d’elezione, con l’amatissimo soprano anglo australiano, diretto dallo stesso maestro italiano, che abbiamo raggiunto durante le prove del Die Zauberflöte alla Bayerishe Staatsoper.
Quali sono i tratti che caratterizzano la sua Lucia?
La mia visione di Lucia è quella di una donna forte e indipendente che, per sua sfortuna, vive in un’epoca in cui le donne non hanno potere di scelta. Non può decidere liberamente chi amare e chi sposare. Ma la sua forza d’animo non accetta questi limiti ed è proprio la sua incapacità di piegarsi a una società patriarcale che la spinge verso una pazzia senza alcuna uscita di sicurezza. Si spezza ma non si piega.
Come usa in Lucia di Lammermoor la sua vocalità?
La pazzia di Lucia è famosa per la sua impervia coloratura e le richieste per il soprano. Credo che il fulcro del suo successo non sia nel virtuosismo che si può rischiare possa diventare fine a se stesso, ma negli incredibili contrasti. Donizetti dipinge una mente spezzata in mille frammenti. Un momento di tranquillità è subito interrotto da una coloratura o un grande salto vocale. Accanto a rabbia, gioia, tristezza, calma c’è la violenza, in questa scena che non può fare altro che catturare l’attenzione dell’intero uditorio.
Come si è avvicinata alla musica e, in particolare, all’opera e in che momento ha deciso che sarebbe stata la sua vita?
Sono figlia d’arte. Mia madre dipinge e mio padre è insegnante e tenore. Per me stare in teatro o in uno studio d’arte, significa sentirsi a casa. Avevo intenzione di dedicarmi sia alla scultura che al canto contemporaneamente. Ma, all’ammissione all’università alla facoltà d’arte mi hanno detto che non ci si può dedicare a entrambe. Io non ero d’accordo, ma alla fine è stato così. Man mano che andavo avanti, il canto ha consumato il resto della mia vita. Continuo a promettermi che quando mi ritirerò mi dedicherò ad insegnare canto e finalmente mi darò alla scultura, che è il mio sogno nel cassetto per il futuro.
Chi riconosce come maestro? E tra le dive del passato a chi guarda o si ispira?
Ce ne sono così tanti. In primis mio padre, che mi ha formato fin dall’infanzia, dandomi gli strumenti per una vita sul palcoscenico. Ho avuto il privilegio di studiare con alcuni dei miei miti, ho avuto la fortuna di incrociare Joan Sutherland all’inizio del mio percorso, ho studiato per molti anni con Renata Scotto e la Cuberli. Oggi ho l’immensa fortuna di poter continuare lo studio con Mariella Devia. Adoro le registrazioni della Caballé, la Sills, la Peters e Annick Massis e ho avuto il vantaggio di ascoltarle dal vivo.
Istintivamente a quale tipo di personaggi si sente più vicina?
Finora, non ho mai trovato un personaggio che non mi abbia ispirato. Mi piace ricercare nei ruoli la forza femminile, la ribellione e l’indipendenza che si nasconde anche nei personaggi che per anni sono stati messi in scena come donne deboli. Ci vuole un regista con la mente aperta, ma credo che negli ultimi anni, le donne nell’opera stiano venendo fuori più vere.
Quanta freddezza e quanta passione “Fire & Ice” per cantare e desidero sottolineare “cantare”, poiché la maggior parte delle sue colleghe urla o arriva a malapena negli spazi siderali delle arditezze del belcanto della Regina della Notte o di Amina?
Innanzitutto, per cantare queste opere bene ci vuole una tecnica specifica di belcanto e uno studio profondo della voce e dello stile dell’Ottocento. Nelle opere di questo periodo non si dovrebbe assolutamente appellarsi al verismo. Bisogna, invece, esprimere tutte le emozioni senza ricorrere al grido o a suoni parlati, senza spezzare la linea di canto. Il legato e la purezza del suono sono assolutamente basilariper questo repertorio. La giusta routine e la conoscenza tecnica saranno, quindi, il “freddo”, che poi dovrà trasformarsi in “fuoco” sul palcoscenico. Solo se si è solidamente preparati, ci si potrà dedicare all’interpretazione senza essere preoccupato della tecnica o ricorrere a trucchi fuori stile per rappresentare l’anima del personaggio.
C’è un ruolo che le piacerebbe cantare?
Fra pochissimo debutterò in Norma per inaugurare la stagione al Teatro Bellini di Catania. Cantare le opere di Bellini nella sua città natale è un grandissimo onore e responsabilità.
Si dedica all’insegnamento? Chi vede quale sua erede?
Sì, mi piace moltissimo insegnare e sono felice di vedere tanti giovani dedicarsi con la giusta serietà a questo repertorio.
Dopo l’annunciato successo in Tirana, quali altri ruoli l’attendono?
Ora sono a Monaco per le recite di Zauberflöte, dove interpreto, dal 27 dicembre, Astrifiammante, la Regina della Notte, quindi, vivrò il mio debutto in Norma a Catania e Firenze, sarò ancora quattro volte Lucia nella nuova stagione, il concerto “Delirio” a Praga e due altri debutti, Mitridate al Teatro alla Scala e Lucrezia Borgia a Firenze. Il nuovo anno, poi, inizierà con una registrazione di arie mozartiane con il Maggio Musicale fiorentino, per la mia etichetta Tancredi Records.