di Arturo Calabrese
e Andrea Verderame
La tragedia dello stabilimento Eni di Calenzano che ha decretato la prematura morte di cinque persone nonché il ferimento di molte altre continua ad occupare con comprensibile insistenza gli spazi della cronaca nazionale.
Mentre si cerca ancora di fare chiarezza sulle cause del disastro dovuto, pare, ad una fuoriuscita di carburante, dietro la quale secondo la Procura di Prato ci sarebbero condotte scellerate sancite da una «chiara inosservanza delle rigide procedure previste» per questo tipo di operazioni; una definizione continua a carpire l’attenzione di quanti si interessano alla triste e sconcertante vicenda, ossia quella di “stabilimento a rischio di incidente rilevante”.
Proprio in questi termini è definito lo stabilimento di Calenzano, in modo analogo a quanto avviene per circa altri mille sparsi sull’interezza del paese.
Tale definizione trova il proprio fondamento giuridico nel Decreto Legislativo 26 giugno 2015, n. 105, noto anche come “Decreto Seveso III”, provvedimento atto a dettare disposizioni per la prevenzione di incidenti connessi a determinate sostanze pericolose e a limitarne le conseguenze per la salute umana e per l’ambiente emanato in attuazione di una direttiva europea che affonda le sue radici nel famigerato disastro ambientale avvenuto nel luglio del 1976 che vide la dispersione nella bassa Brianza di una nube estremamente tossica di diossina.
Il censimento di questi impianti è costantemente aggiornato e consultabile sul portale online dell’ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione ambientale.
È qui che è possibile visionare le notifiche pubbliche alle quali sono tenuti tutti gli stabilimenti a rischio, documenti nei quali devono essere riportate informazioni in merito alle sostanze trattate, agli scenari incidentali nonché alle possibili conseguenze e alle misure di prevenzione e contenimento.
La denominazione di stabilimento a rischio di incidente rilevante non sta a significare che questi siano in procinto di dar luogo ad una catastrofe ma che, in ragione della propria natura, necessitano di attenzioni maggiori. Di questi, dei diciotto presenti nella provincia di12 Salerno, due sono siti nelle zone industriali di Battipaglia ed Eboli. Il primo dei siti citati è un impianto per la produzione e lo stoccaggio di pesticidi, biocidi e fungicidi è sito in Viale delle Industrie nella città capofila della Piana del Sele e al momento non è ancora stato sottoposto ad ispezione, come prescritto dal sopracitato decreto.
L’impianto, distante neanche un chilometro dall’area urbana battipagliese, nel malaugurato caso di un incendio creerebbe una nube altamente tossica. Il secondo è invece uno stabilimento per lo stoccaggio di GPL in via Boscofili, ad Eboli; anch’esso non ancora sottoposto ad ispezione. Quest’ultimo rientra fra gli impianti di soglia superiore, ossia quelli nei quali la mole di sostanze pericolose risulta particolarmente elevata. Anche in questo caso, lo scenario da evitare è quello di un incendio.
Per scongiurare tali evenienze, è compito del gestore adottare tutte le misure idonee a prevenire gli incidenti e a limitarne eventuali conseguenze. Fa ciò anche mediante la redazione di documento che definisce la politica di prevenzione degli incidenti rilevanti. Questo documento, depositato presso lo stabilimento è riesaminato, e se necessario aggiornato, almeno ogni due anni, oppure in caso di modifica con aggravio del rischio. Di siti ce ne sono altri e, come detto, è tutto pubblico.
A Salerno città, c’è l’impianto chimico Sol Gas Primari srl. A Padula, continuando a scorrere, c’è la Deporgas Srl che si occupa di produzione, imbottigliamento e distribuzione all’ingrosso di gas di petrolio liquefatto. La città della Certosa ospita anche un altro sito a rischio: si tratta della Ultragas Cm Spa la cui attività è la medesima di quella appena detta. Stessi impieghi per gli impianti che sorgono a Pagani ed Albanella. Nell’Agro Nocerino Sarnese è attiva la Dinagas srl, la Dipogas srl nella città della Piana del Sele.
La zona industriale di Buccino, centro dell’interno, continua ad essere al centro delle cronache. Non solo il pericolo per la dislocazione delle Fonderie Pisano, ma anche per l’impianto chimico Bi-Qem Specialties Spa. Hanno a che fare col Gpl anche la Facomgas di Siano e la Roburgas spa G. & O. De Pisapia Prodotti petroliferi e affini di Cava de’ Tirreni. A San Giovanni a Piro, sud del Cilento e quindi Golfo di Policastro, la Tex di Mario Baldo si occupa di produzione, distruzione e stoccaggio di esplosivi.
Tornando nell’Agro Nocerino Sarnese, ad Angri c’è la Pompeangas Sas di Allegro Catello & C. il cui impegno è il lavoro col gpl. La Soev srl di Mercato San Severino opera nella produzione e nello stoccaggio di fuochi pirotecnici. Nel Cilento, c’è la Fontegas di Roccaspide che, come la Diangas srl di Sala Consilina, opera nella produzione, imbottigliamento e distribuzione all’ingrosso di gas di petrolio liquefatto.
La Next srl di San Cipriano Picentino stocca il gas. A Giffoni Sei Casali, non lontano, la Consorzio Gallo gestisce un deposito di stoccaggio del Gpl. Nel Vallo di Diano, infine, c’è La Pirotecnica srl di Teggiano.
L’elenco non riporta l’attività specifica ma il nome, qualora fosse legato ad essa, può far pensare ai lavori con fuochi a base esplosiva e polvere pirica.