Giunti anche al massimo i fondi di coesione, andranno a concretizzare altre due recite de’ La Traviata e di una IX sinfonia di Ludwig van Beethoven, probabilmente all’aperto e sotto il grande albero, il per il 6 gennaio. Intanto grande attesa in città per l’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti e per il balletto grande classico del Natale Lo Schiaccianoci
Di Olga Chieffi
Saranno feste scintillanti per il teatro Verdi che diverrà il centro di grande richiamo per la ormai abituale kermesse delle Luci d’Artista, che ha ottenuto finalmente i fondi coesione. Se il 26 e il 28 ci sarà un cambio sul podio del massimo cittadino, con il ritorno di Daniel Oren per La Traviata, un ritorno al posto dell’annunciato direttore amico Francesco Ivan Ciampa, par che il “venticello”, dalla bocca fuori uscendo lo schiamazzo va crescendo, prende forza a poco a poco, vola già di loco in loco”, dica, per citare il “padrone di casa” del nostro comunale, Gioachino Rossini, che saranno aggiunte altre due repliche al capolavoro verdiano, affidate al soprano Gilda Fiume, che avrebbe dovuto dar voce a Norma nel caso fossero state aggiunte al cartellone i due titoli mancanti, ovvero Nabucco, opera d’elezione del Maestro Oren e appunto la più amata dei personaggi belliniani e della lirica tutta. Una Traviata, questa, che per il primo cast schiererà Irina Lungu, nel ruolo di Violetta Valery, ritornerà Valentyn Dityuk quale Alfredo, mentre il ruolo di Giorgio Germont è stato affidato a Simone Piazzola, per la regia di Giandomenico Vaccari. Intanto il Conservatorio di Salerno “G.Martucci” già scalda i motori per la sua opera annuale, che andrà in scena per il serale il 22 e il 24 novembre, preceduta da tre matinée per le scuole, con la sicura e divertente regia di Riccardo Canessa degno docente presso la nostra massima istituzione musicale. Una felice e non semplice scelta questa dell’ Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, un melodramma giocoso, in cui Canessa certamente non farà mancare le sue abituali sorprese. Vicenda, libretto e musica formano un miracolo di perfezione che fa di questo lavoro uno dei massimi risultati del teatro in musica e difficilmente un allestimento di quest’opera delude o risulta sconclusionato: basta non tradire l’ingenuità maliziosa della storia e si è sulla buona strada. L’opera datata 1832, conta due soli personaggi buffi, Belcore e Dulcamara: il primo caricatura del militare galante, e il secondo, il dottore ciarlatano. Quanto agli altri personaggi, i veri protagonisti, Nemorino e Adina, lui, il tenore, appartiene alla categoria dei ragazzi timidi e sentimentali, sospirosi e facili alle cotte, mentre lei, il soprano, pur facendo la civetta e dandosi delle arie, è in fondo una donna semplice e innamorata, suscita il sorriso per il suo carattere squisitamente femminile, per la simpatica malizia. Intorno, comunque, dovrebbe spirare una rustica aria di paese, che l’orchestrazione rende ancor più agreste. Gli abitanti danno l’idea di vivere fuori dal mondo, ma in realtà ne sanno una più di Dulcamara, con il loro sornione, concreto agnosticismo, che in sostanza profitta ora di questo, ora di quell’altro che capita in giro. Il pudico ingenuo Nemorino riuscirà a far breccia nel cuore della “fittaiuola” con la tenerezza della sua commovente devozione, e non per merito del filtro al Bordeaux, o magari di qualche cocktail blu, poiché almeno in quel mondo tutto da sempre, va per il meglio, dove anche i ciarlatani, tanti nella nostra realtà, giungono a proposito. A seguire l’atmosfera natalizia sarà schizzata nuovamente da Lo Schiaccianoci, il 7 e l’8 di dicembre, una favola che, come tutte, dobbiamo leggere quale viaggio iniziatico. Opera innovativa Lo Schiaccianoci, datato 1892, per la modernità dell’assunto e per le implicazioni di ordine psicologico e sentimentale della vicenda, che vedremo nell’allestimento del balletto dell’ Opera Nazionale di Sofia, con Étoile ospiti Marta Petkova ed Emil Yordanov. Esso discende da un racconto di E.T.A. Hoffmann, “Lo Schiaccianoci e il re dei topi”, pubblicato nel 1819 nei “Fratelli di San Serapione”, ma non direttamente, bensì nella versione di Alexandre Dumas. In origine è un racconto misterioso, un po’ magico e “nero”, a dispetto del suo singolare favolismo. Come balletto, perdette subito le connotazioni pericolose, ma non la sua sostanza letteraria che gli ha assicurato un interesse continuo e un duraturo stimolo alla volontà di capirne le ragioni più segrete. Il balletto racconta la storia di una bambina e dei suoi sogni: la piccola si chiama Clara, ha un fratello dispettoso di nome Fritz ed è figlia di un ricco signore, Stahlbaum. E’ la vigilia di Natale, grande festa dei ragazzi. Un singolare personaggio, metà mago e metà inventore, Drosselmeyer, dopo aver animato bambole meccaniche – ecco il gusto degli automi, caro a Hoffmann, (cfr.Coppelia) – regala a Clara uno “Schiaccianoci” in forma di soldatino. Clara si addormenta con il suo giocattolo in braccio e sogna. Nella stanza divenuta magicamente grande, i giocattoli si animano, i soldatini sfilano in parata, ma ad un tratto esce dal sottosuolo un esercito di topi, guidato da un re da incubo. Lo schiaccianoci guida i soldatini in battaglia, ma viene sconfitto: lo salva Drosselmeyer ed ecco che il buffo giocattolo si trasforma in un radioso e bel principe. Sotto un cielo trapunto di stelle, Clara e il Principe partono, allora, per un viaggio fatato nel regno dei confetti. La meravigliosa avventura rende donna Clara, che, tuttavia, tornerà alla realtà poco dopo, svegliandosi col suo schiaccianoci in grembo. E’stato un sogno, ma nulla sarà più come prima. Quest’opera oscilla tra magia e verità, e rivela a poco a poco il carattere della fanciulla avviata a maturare , attraverso incubi e felicità deliziose. E’ proprio il passaggio dalla mentalità di bambina a quella di una adolescente innamorata che rende strepitosamente bello il personaggio di Clara. D’altro canto, il deus ex machina Drosselmeyer ha in sé le funzioni di guida e di illuminante consigliere. La distruzione dell’universo infantile avviene attraverso i mezzi propri a questo mondo, e fatalmente la storia si colora anche musicalmente di invenzioni adulte. Realistico nel ritratto di famiglia borghese di modello tedesco, lo Schiaccianoci sorride alla vita dei nuovi giovani. Il principe azzurro, a differenza di quello della “Bella addormentata”, può essere una qualsiasi creatura evocata dal desiderio. E’ l’uomo dei sogni e l’uomo del cuore. Con lui Clara, come ogni ragazza, inventa la sua destinazione nella vita, che sembra fatta apposta per incantare e forse anche per illudere. Dopo La Traviata con cui, dovremmo definitivamente salutare, questo infinito e definitivo anno pucciniano, col suo destino di opera intimista che affida il suo fascino all’interiorizzazione, persino in quelle due feste che dovrebbero, invece, rappresentarne il risvolto: proiezioni soltanto esteriori di uno stato di solitudine, che fungono, peraltro, da vettore di rimembranza: tutto in Traviata è ricordo, oggi lo chiameremmo flashback, sin dall’iniziale preludio, come esso ci raccontasse una vicenda già avvenuta, poiché tempus fugit, guardando in faccia la Morte. Si passerà, quindi, per il concerto delle voci bianche dirette da Silvana Noschese, per la mattina di Natale e il doppio appuntamento con il concerto di Capodanno, per aprire l’anno in musica. E’ noto che le cose belle le porta la Befana e, la sera dell’Epifania, verrà festeggiata pare, sotto l’albero con l’esecuzione della IX Sinfonia di Ludwig van Beethoven diretta da Daniel Oren. La richiesta alla strega buona, che è simbolo della fuoriuscita dalle tenebre, ovvero dai famosi giorni più bui dell’anno, sarà unanime: attraverso i quattro movimenti di cui è composta la Sinfonia, Beethoven ci condurrà dal buio alla luce, dal caos alla pace, da uno stato di affanno e angoscia attraverso un percorso di speranza che sfocia nella gioia, inno di Friedrich Schiller An die Freude – “Alla gioia”, in cui Beethoven ha cercato di farsi semplice, di parlare con un linguaggio che tutti potessero comprendere, di lanciare un messaggio universale che riecheggiasse nel tempo a venire. A intonare questo canto è l’umanità stessa, imperfetta e fragile, spinta dal desiderio interiore di essere migliore, di elevarsi al di sopra delle proprie miserie in un abbraccio collettivo, di fratellanza e di gioia comune. Un messaggio forte oggi, un filo, che vogliamo immaginare rosso, legherà, così i valori di libertà, di passione, di democrazia e di pace.