di Mario Rinaldi
Una sentenza, per certi aspetti, storica, destinata a diventare un precedente giurisprudenziale dal quale trarre spunto per questioni della stessa natura. Ad ottenere questo importante risultato è stata l’avvocato Olga Milanese, del foro di Salerno, che ha difeso un dipendente del Monte Paschi di Siena, allontanato dal posto di lavoro durante il periodo della pandemia da Covid-19 e poi debitamente risarcito.
Avvocato Milanese, lei è riuscita ad ottenere una pronuncia favorevole per un suo assistito dal Tribunale di Siena. Una vicenda delicata, che ha riguardato l’allontanamento dal posto di lavoro di questo impiegato di banca per non aver esibito il green pass nel periodo in cui vigeva l’obbligo sui luoghi di lavoro. Ecco, può spiegarci nel dettaglio tutti i passaggi?
“Nel dicembre 2021 subentrò l’obbligo di esibizione del green pass per la categoria degli over 50 al fine di poter accedere ai luoghi di lavoro. Non volendo sottostare a questa limitazione, il mio cliente si oppose alla richiesta di esibizione del certificato; conseguentemente gli fu impedito di accedere all’ufficio fino alla cessazione dell’obbligo e fu costretto a rimanere senza stipendio per circa 5 mesi. Non essendovi spazio per definire bonariamente la vicenda, l’impiegato si è poi convinto ad affidarsi alla giustizia per ottenere il riconoscimento delle proprie ragioni”.
Questo dipendente come mai si è rivolto a lei? Già vi conoscevate o lui è stato consigliato da qualcuno per rivolgersi a lei in quanto esperta di queste cause di lavoro? Lei, ricordiamolo è un avvocato del Foro di Salerno.
“Il dipendente lavorava presso la sede di Napoli. Mi conosceva in quanto aveva seguito il mio impegno nella difesa dei diritti dei cittadini e dei lavoratori contro le imposizioni sanitarie, avendo io promosso – tra le altre cose – anche la raccolta firme per il referendum abrogativo delle disposizioni di legge che istituivano il green pass. Inoltre, avevo prestato aiuto a diverse persone per le problematiche sorte sui luoghi di lavoro in quel travagliato periodo, tra le quali anche suoi conoscenti”.
Perchè la causa si è svolta presso il Tribunale di Siena?
“La competenza territoriale andava individuata presso il luogo in cui era ubicata la sede legale del datore di lavoro, in applicazione di alcune disposizioni applicabili in materia”.
In un certo qual modo questa pronuncia può considerarsi rivoluzionaria e costituire un valido precedente per eventuali future cause che abbiano ad oggetto la stessa materia del contendere?
“Sicuramente è una pronuncia importante, in quanto gli altri precedenti positivi li abbiamo avuti in favore di dipendenti pubblici o personale sanitario, soprattutto in riferimento alle categorie dei guariti. Non c’era, dunque, ancora una sentenza che affrontasse la questione per i rapporti di lavoro di tipo privatistico e che giungesse a riconoscere l’illegittimità dell’obbligo in ragione della sua inidoneità a fungere da strumento di prevenzione dei contagi, oltreché dell’irragionevolezza del sacrificio imposto ai lavoratori”.
Lei in passato ha già sostenuto i diritti di lavoratori allontanati nel periodo della pandemia dal posto di lavoro in quanto riluttanti nel sottoporsi alla vaccinazione. Può spiegarci in quale circostanza e cosa ne pensa in generale del sistema adottato durante quel periodo? Se è stato o meno discriminatorio e per così dire impositivo.
“Non ho dubbi sul fatto che le misure adottate negli anni cosiddetti pandemici siano state fortemente discriminatorie e totalmente illegittime. Proprio per questo, unitamente a tantissimi colleghi di tutta Italia, ho deciso da subito di espormi per difendere non solo i diritti dei lavoratori, ma anche di quelle persone (adulti, ragazzi e bambini) alle quali veniva negato l’accesso ai luoghi pubblici, ai mezzi di trasporto, alle palestre, alle università, in una parola alla vita sociale. L’obbligo vaccinale o più in generale l’obbligo del green pass, ha, a mio avviso, rappresentato una delle pagine più buie dell’era repubblicana, generando sconforto e disperazione in milioni di cittadini, sebbene ciò sia stato accuratamente occultato dai media che, invece, tendevano a mostrare una situazione di accettazione pressoché generalizzata da parte della popolazione. Così non è stato. Per di più nel corso del tempo è stato sempre più evidente come le misure adottate, oltre a ledere diritti costituzionali e sovranazionali di rilevanza primaria (quali il diritto al lavoro, alla retribuzione, all’autodeterminazione e all’intangibilità del corpo, all’eguaglianza, alla non discriminazione in ragione di condizioni personali o sociali), non potessero in alcun modo soddisfare lo scopo dichiarato dal legislatore, ovvero quello di prevenire la diffusione dei contagi. D’altronde, le stesse case farmaceutiche – come confermato anche nel corso dell’audizione al Parlamento Europeo dal responsabile per i mercati internazionali della Pfizer – avevano sin dal primo momento chiarito che i vaccini Covid non erano mai stati testati per prevenire l’infezione (e quindi il contagio) ma solo per tentare di contrastare gli effetti più gravi della malattia. Questa è un’altra tematica che meriterebbe un confronto aperto e senza pregiudizi. Mi auguro vivamente che con il tempo si potrà finalmente avviare un dibattito civile, franco e costruttivo su quanto accaduto in questi anni”. Una posizione chiara e che, grazie a questa sentenza, risulterà ancora più incisiva sul fronte del riconoscimento legittimo di diritti che, a quanto pare, sono stati lesi nel corso di uno dei periodi (come ha sottolineato l’avvocato Milanese) più bui della storia repubblicana.