Dalle fritture alle mazzette. Ma, dietro, il pastrocchio politico delle Province - Le Cronache Attualità
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Dalle fritture alle mazzette. Ma, dietro, il pastrocchio politico delle Province

Dalle fritture alle mazzette. Ma, dietro, il pastrocchio politico delle Province

di Aldo Primicerio

Sì, è il dietro ed oltre che ci attira. Perché in nessun Paese europeo si è mai capìta, e nessun italiano credo abbia mai digerito, la norma Delrio. Quella che, ricordate, dieci anni fa mandò in soffitta l’elezione diretta, popolare dei consigli provinciali, per delegarla a quella indiretta dei sindaci e dei consiglieri dei Comuni della provincia. Noi preferiamo bypassare la cronaca. L’episodio di Franco Alfieri, in custodia cautelare per presunte manovre di corruzione e di turbativa d’asta, per noi si presta invece ad un inatteso quanto importante pretesto per tornare a quel pastrocchio italiano. Un vero disastro anticostituzionale di un ancora più disastroso Governo Renzi, che impiegò i mille giorni del suo mandato per generare questo mostro.

Seppur sorvolando la cronaca, limitiamoci solo a qualche osservazione. La prima, che ci rammarica molto e ci sorprende assai che un uomo intelligente e brillante come Alfieri si sia lasciato andare a presunti accordi corruttivi per inutili interessi familiari. Almeno da quanto emerge dall’impianto inquirente, basato su documenti, perquisizioni ed intercettazioni. Una storia brutta ed inutile, che ha messo in crisi l’orgoglio dell’on. De Luca nel vantare la Campania prima in Italia nella trasparenza degli appalti. La seconda osservazione, che il tutto accade alla vigilia delle elezioni regionali 2025, alle quali si dice riesca a concorrere per la terza volta anche il governatore uscente, di cui Alfieri è stato capo della segreteria politica e da sempre uno dei suoi uomini più forti ed apprezzati. Insomma una tegola che non ci voleva.

 

Alfieri innocente fino a prova contraria. Ma con un passo indietro dalla politica, fino all’emersione delle verità

Come facciamo con tutti i politici ed amministratori che incappano nelle maglie della giustizia, noi gli auguriamo di avere elementi validi per tentare di tirarsi fuori. Perché per ora la situazione per lui appare seria. E quindi innanzitutto il buon senso ed il garantismo per l’indagato-imputato. Franco Alfieri, sindaco di Capaccio-Paestum e Presidente della Provincia di Salerno, per ora resta innocente fino a prova contraria. E dunque bando agli pseudoprocessi anticipati, ai titoli facili ed ai pezzi di fantasia. Le sentenze escono dai tribunali, non dagli scranni della politica né dalle redazioni dei media. Si lascino lavorare la Procura di Salerno ed i Sostituti, e si attendano le decisioni del Riesame. Tuttavia, pari buon senso e pari garantismo devono però applicarsi anche all’altra parte, cioè alle istituzioni, ai cittadini, al popolo. E quindi bando agli sterili quadrati della politica. In attesa di ogni sviluppo e benché sospeso da ogni incarico dal Prefetto, Alfieri darebbe una risposta al centrodx “dimissioni-resistente” facendo un bel gesto nel farsi da parte, per tornare alla politica solo quando tutto si sia eventualmente chiarito. Non si può stare in carcere o agli arresti domiciliari o nel limbo della chiusura indagini, e da lì governare da remoto sia un Comune importante come Capaccio-Paestum, sia la seconda provincia più estesa d’Italia come quella di Salerno

 

Dalla riforma visionaria delle città metropolitane di Delrio nessuna semplificazione o risparmio o maggiore efficienza. Si torni al voto dei cittadini

E sì, perché la legge 56 del 2014 – la Delrio del suo mentore Graziano, medico endocrinologo emiliano, per molti anni parlamentare del Pd – intendeva migliorare tutto. Voleva razionalizzare le procedure amministrative, riducendo quasi a zero i costi di gestione. Si ricordi la creazione del neologismo “area vasta” e la raffinata riforma, che ridefiniva il ruolo delle Province, declassandole ad organi elettivi di secondo grado, ed istituiva le città metropolitane, dove il sindaco metropolitano coincide con quello del Comune capoluogo. Le Province, lo ricordate, nella mente visionaria di Renzi e della Boschi, dovevano scomparire con la riforma della Costituzione dopo il referendum del dicembre 2016. Ma sappiamo come è andata a finire, con la vittoria del no (59,1%) e la bocciatura del governo che si dimise. Fu una grande vittoria della democrazia in cui il popolo rispose no ad un cambiamento così forte e violento della Costituzione. Lo tenga a mente anche la signora Meloni che, con alcuni suoi ministri, crede di giocare con la Costituzione come si gioca al frisbee sulla spiaggia. In democrazia non c’è alcun governo che regga, se dietro non c’è un popolo che ti sostiene perché tenti di cambiargli le regole patrie senza chiedergli cosa ne pensa.

Fatti male i conti, la riforma Delrio ora paga un costo salato, quello di avere annientato l’istituzione territoriale più importante del Paese dopo i Comuni. Non è difficile prevedere che il governo di centrodx e la sua maggioranza approfittino di questo frangente per spingere ad una riflessione e, perché no, ad una revisione del sistema elettorale di questi enti territoriali intermedi tra Comuni e Regioni. Tra l’altro, se ci riflettiamo, l’ipotesi di reato di Alfieri riguarderebbe presunte irregolarità in gare d’appalto nella sua attività di sindaco e non in quella di presidente della Provincia, insinuandosi però in questa confusione di ruoli creata proprio dalla norma Delrio. E’ vero che l’amministrazione delle Province italiane è stata spesso oggetto di critiche. Per la scarsa oculatezza dei loro presidenti ed assessori nel voler finanziare di tutto, dalla sagra dei Cecapreti o dei Ciammaruchigli a quella del Fagiolo o della Bufaletta. E per questo la Delrio aveva concentrato le nuove competenze provinciali su scuole, viabilità ed ambiente. Ed è anche vero che i livelli di governo del territorio italiano sono stati sempre oggetto di sofisticati ed acrobatici intrecci, duplicazioni e sovrapposizioni di competenze tra Regioni, Province, Comuni, Comunità Montane, e chi più ne ha più ne aggiunga. Ma è altrettanto vero anche che a questo punto è meglio ridare la parola ai cittadini e tornare alla democrazia del voto per ricostituire seriamente i consigli provinciali. Così facendo, di eventuali episodi di malaffare o di malcostume politico gli amministratori potranno render conto, oltre che alla giustizia dei tribunali, anche ai cittadini che li hanno eletti. E così che devono funzionare la politica e la democrazia

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