Catena e D’Arcangelo: classicamente Mozart - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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Catena e D’Arcangelo: classicamente Mozart

Catena e D’Arcangelo: classicamente Mozart

Di Olga Chieffi

Serata monografica dedicata a Wolfgang Amadeus Mozart, quella che ha sigillato la XXVII edizione dei Concerti di Villa Guariglia, organizzati dal Cta di Salerno, che ha accompagnato il pubblico in una proposta multiforme, e che ha visto la collaborazione di un cocktail di associazioni ed un folto cartello di sponsor, animando due siti della provincia di Salerno, lo storico belvedere della residenza, che insiste a Raito e l’area archeologica Etrusco-Sannita di Fratte, ma che ha inteso dare appuntamento alla prossima edizione nel segno della musica “seria”, per dirla con una definizione di adorniana memoria. Sul palcoscenico dello spazio di Fratte, è stata la formazione dell’ Associazione Salerno Classica, diretta da Francesco D’Arcangelo, che è stato anche l’organizzatore del concerto, a schierarsi per l’esecuzione  dell’ Adagio e Fuga in do minore per quartetto d’archi, K 546, nella trascrizione per ensemble e  della Sinfonia n. 17 in sol maggiore K 129, prima di ospitare il pianista Costantino Catena per l’esecuzione del concerto n°9 K271 in Mi bemolle maggiore Jeunehomme. La prima parte della serata, pur con un’amplificazione non ben bilanciata, e in un contesto affatto adatto a questo tipo di musica, ha evidenziato la scelta del direttore D’arcangelo, nei confronti delle due partiture, di un arioso fraseggio, misurato nelle scelte espressive  ed equilibrato nella definizione delle dinamiche, ma senza nulla cedere alla corposa sostanza della musica e alle attenzioni che essa pretende. Così, è proprio attraverso le cure e le intenzioni interpretative messe in opera da tutti gli interpreti, che da tempo suonano insieme, con notevole affiatamento e felice concordia, che i momenti di leggerezza non hanno affatto avuto modo di suonare come superficialità, ma come racconto, in cui il nerofumo ha sposato l’asciuttezza del segno interpretativo.  La misura e l’equilibrio non sono quindi apparsi quali mancanza di idee interpretative ma come esito di una riflessione complessiva circa lo stile mozartiano e sulle aspettative da essa generate da parte dell’attento uditorio.

E’ salito, quindi, in cattedra il pianista Costantino Catena, il quale pur con un dito ferito solo tre giorni prima dell’evento, ha inteso comunque dedicare al pubblico il concerto K271 Jeunehomme. Un esempio di altissima professionalità, quella del solista che, nonostante le grandi difficoltà  che punteggiano questo concerto, non tralasciando la lunghezza e la tessitura, non ha certamente negato la dizione coinvolgente delle frasi e l’elegante espressività dell’esplorazione coloristica. Nei movimenti estremi del Jeunehomme, infatti, prevale il contrasto tra la brillantezza dei timbri argentini del solista e la morbidezza dell’organico orchestrale, sempre concertato con la massima cura per portare in rilievo la trasparenza della scrittura e l’articolazione delle voci interne. Nell’Andantino invece, Costantino Catena ha sottolineato l’atmosfera sentimentale del capolavoro giovanile mozartiano che rivoluziona radicalmente il genere concertistico, trovando un’entusiasmante resa sonora attraverso non solo la perfezione dell’idea e della scrittura musicale, sottolineando la sottigliezza delle sfumature affettive ma rivelando soprattutto, quel senso d’ineffabile mistero che si sprigiona da ogni partitura del compositore austriaco. Catena ha lasciato trasparire in particolare nelle cadenze, le sue credenziali mozartiane, fatte di tocco, stile, espressività e levigatezza dei fraseggi, il tutto racchiuso da una comunicativa semplicità, in cui è avvenuta quell’osmosi incrociata di idee e scintille, con l’orchestra e il direttore, il quale non poche volte ha lasciato che il pianoforte rubasse per intero la scena. Catena e D’Arcangelo hanno percorso insieme strade che si sono incrociate dietro l’eleganza di quell’eloquio, ove ha da respirare anche il senso del tragico, avendo il pubblico dalla loro, in particolare per il lavorìo sul suono e la precisione assoluta degli accenti, attraverso cui hanno lasciato intendere una cifra strumentale di densa cromaticità e intenso dialogo.

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