di Antonio Manzo
Nello “struscio” laico del giovedì santo, a piazza del Sapere all’università di Salerno, si scoprono i sepolcri della Masso-Mafia accademica nell’apparente tranquillità prefestiva. I docenti parlottano come se fossero professori della prima cattedra italiana con il corso sulle parolacce della università Iulm di Milano , mentre agitano la nuova lista accademica dell’amichettismo in cattedra, lista sempre più lunga. Lo “struscio”, segnato dale parolacce, dalla letteratura interpretativa sulle liste dell’amichettismo al ben più celebre Vaffa day naturalmente indirizzato a chi ha il coraggio di scoprire la masso mafia accademica. I docenti, inconsapevolmente, parlano e giudicano il processo che si sta celebrando contro i vertici dell’università di Messina, su una faccenda di appalti per milioni di euro banditi ed assegnati fuori dalle prescrizioni dell’Anac. Ma c’è anche chi riporta al ricordo, di appena cinque anni fa, quando le università di Messina e di Catania furono costrette a contare ben 40 docenti indagati e poi processati per i reati di associazione a delinquere, corruzione, turbativa d’asta ed altro. Le indagini dei pm accertarono l’esistenza di 27 concorsi truccati: 17 per professore ordinario, 4 per professore associato, 6 per ricercatore. Il sistema accademico della masso-mafia aveva fatto in Sicilia le sue vittime illustri e dispiegato la conoscenza di sistemi d’adozione universitari che qui a Salerno definiscono “normali”. Qui ci sono le regole collaudate dell’amichettismo in cattedra che vede mariti e mogli, padri e figli, ex coniugi tutti dentro un’anagrafe accademica fin troppo ricorrente e perfino frequente che non può non destare sospetti. Ricorrono nell’elenco dell’amichettismo in toga, nel nuovo elenco, due cognomi “pesanti” nell’accademia salernitana: si tratta della figlia e della nipote di Pasquale Stanzione, presidente dell’autorità del garante protezione dati personali, già docente emerito di diritto privato all’università di Salerno, e gran depositario dei segreti dell’ateneo degli ultimi quarant’ anni. Maria Gabriella Stanzione, professore associato di diritto privato a Scienze Politiche e Comunicazione e Giulia Anna Maria Parisi docente ordinario di diritto privato transitata alla facoltà di giurisprudenza dopo il concorso in prima fascia valutativa (cioè aperto ai soli candidati interni). Sono rispettivamente figlia e nipote del docente emerito Stanzione che dal luglio 2020 è stato nominato per il suo autorevole curriculum professionale, oltre che in quota Pd, presidente del Garante per la protezione dei dati personali, la stessa autority che dovrà decidere sull’istruttoria aperta dell’attacco hacker all’università di Salerno con la violazione dei dati personali degli studenti e di tutto l’ateneo. .La storia di masso-mafia universitaria raccontata nei giorni scorsi da Cronache (domenica 24 marzo) continua ad avere profili importanti nella sua descrizione, quali quelli del concorso di più soggetti nel bando per un posto di ricercatore alla cattedra di storia medievale del professor Claudio Azzara. Il concorso è stato richiesto dal dipartimento Unisa di scienze storiche, filosofiche e della formazione diretto dalla professoressa Paola Aiello. Ben due commissioni sono state composte tra il 2021 e 2022 fino a giungere alla esclusione di Tommaso Indelli. La storia di masso-mafia è venuta fuori grazie alla descrizione della torbida storia di bocciatura, all’insaputa anche degli stessi docenti del dipartimento. Dopo l’esito del concorso a ricercatore in Storia medievale, il dottor Indelli chiese l’accesso agli atti su consiglio del suo legale di riferimento. Gli atti del concorso fecero giungere alla conclusione che i criteri scelti dalla commissione permisero di costruire griglie di valutazione basate su numeri che sono perfettamente identici per i tre commissari, senza alcuna diversificazione dei giudizi. Ma il dado è tratto. Un primo incontro con il rettore Vincenzo Loia dà la conferma alle rimostranze di Tommaso Indelli di essere “allibito e addolorato” tanto da proporre una gratificazione. Dalla stanza del rettore Loia, Indelli passò a quella del prorettore, Maurizio Sibilio. Mise a disposizione del mancato ricercatore una borsa di ricerca (sei mesi di 4000 euro) scaduta il 6 maggio 2023. Per ben 15 anni Tommaso Indelli aveva ricoperto il ruolo di assistente di cattedra del professor Claudio Azzara, all’interno del Dipartimento scienze storiche. La storia raccontata dettagliatamente, senza nomi e cognomi della vittima della massomafia accademica per espressa volontà della famiglia, fu riportata senza riferimenti personali, dal quotidiano “La Città” a gennaio 2024. Ma l’anonimato riservato al “prof impossibile fra beffe e ricorsi” non fu determinato da autonome scelte redazionali, né della volontà dell’estensore, il collega giornalista che aveva raccontato minuziosamente la inquietante storia di masso-mafia sul prof impossibile con la sua storia di precariato. Sia l’estensore dell’articolo che il direttore responsabile della testata, dei quali è ben nota la professionalità, sono, nel caso concreto, del tutto estranei al racconto a metà della masso-mafia accademica, per espresso volere della famiglia del candidato.