di Michelangelo Russo
L’articolo di ieri di Malangone sull’inquinamento dell’economia salernitana dovuto al fenomeno del riciclaggio e, soprattutto, dell’autoriciclaggio, apre lo squarcio sulle responsabilità della politica miope dell’abbandono della città al destino di un’economia fondata sulla ristorazione diffusa da bancarella e il bazar di pannizzari di robetta seriale. A fronteggiare questo tramonto dell’economia di un’intera città, e la deriva delittuosa dell’impiego dei capitali sporchi, dovrebbe esserci invece una politica colta e onesta di ricostruzione meticolosa, quasi capillare, dell’identità storica di Salerno (e anche della sua provincia) tale da fare un polo di attrazione e un modello di attrazione all’altezza della sua fama secolare e millenaria. Il succo del pensiero di Malangone è questo, ed è certo che sia condiviso da una fascia crescente e pensante dell’opinione pubblica.
Ma non basta. La politica non cambia rotta sulla base dell’opinione dei cittadini razionali e dotati di senso critico. Essa, quando ha imboccato l’ingordigia degli affari e dell’affarismo come zoccolo duro del sistema di Potere, non può che continuare su questa strada, alla ricerca permanente dell’applauso dei semplici di fronte allo spettacoli di inaugurazioni e annunci di splendore cementizio. E allora? Nello stagno mefitico dell’economia salernitana è esploso il caso dei riciclaggi alla ribalta in queste ore. Appare, per la serietà e completezza delle indagini eseguite, come un successo dell’apparato giudiziario. Ne siamo lieti. Perché, per smuovere la Politica, ancora una volta appare determinante l’intervento giudiziario. E’ l’unico che mette realmente in allarme il Potere. Che arretra la sua corsa al puro affarismo solo quando il guardiano della legge finalmente appare sulla scena. Quindi, al momento, un segnale c’è stato per proclamare nella durezza degli atti giudiziari una verità che poi in tantissimi già sanno: “Salerno da bere” galleggia su fiumi di denaro delittuoso, così come la Cicero di Al Capone negli anni trenta del secolo scorso viveva di spaccio di alcol in centinaia di bar e ritrovi controllati dalle bande del capo della malavita. I proventi venivano riciclati nell’edilizia privata e pubblica in appalti controllati sempre da aziende tributarie dello stesso Al Capone. Che aveva un fiuto politico superiore alle stesse potenzialità del suo spessore criminale: per governare Cicero, roccaforte personale blindata per la conquista successiva della confinante grande Chicago, Al Capone non si fondò su un elettorato ammaliato da conquistare ad ogni tornata elettorale. Al Capone si creò un elettorato schiavo di un’economia governata direttamente dal Capo attraverso i suoi affiliati preposti a bar e locali di attrazione, o indirettamente attraverso il regime delle concessioni elargite dal Comune, di cui controllava la maggioranza assoluta garantita dalle elezioni inquinate da favori e minacce. Insomma, un sistema perfetto da cui nessuno poteva sfuggire pena l’esclusione dalle attese di lavoro. Ma dove cadde il sistema criminale di Al Capone? Lo sappiamo bene: non sulle estorsioni e gli omicidi. Ma su un banale e non sanguinario delitto di natura fiscale. Falsità delle scritture contabili e riciclaggio del denaro sporco. Quando appare granitica e corazzata una deriva politico economica che suscita tanti interrogativi sulla legittimità delle scelte, l’unico, sicuro tallone d’Achille del Sistema è proprio la verifica dell’esistenza o meno dei reati fiscali e tributari. La procura di Salerno ha segnato, è sperabile, un punto importante su questo cammino verso la legalità del sistema economico. Ma ha, allo stato, forze ridotte per combattere. Nell’organizzazione burocratica delle Procure, i Sostituti sono divisi in sezioni a seconda delle materie. La sezione reati finanziari della Procura salernitana ha solo quattro magistrati, a fronte dei sei, ad esempio, che si occupano dei reati contro le cosiddette fasce deboli, violenza alle donne compresa. Forse quattro Sostituti sono pochi, considerata l’enormità del lavoro che si prospetta. Perché le vicende alla ribalta oggi sono la punta di un ‘iceberg sommerso. Ad avere le forze necessarie per la verifica di legalità, enormi misteri poterebbero forse essere svelati dietro la crescita sorprendente di certi accumuli incredibili di potere economico di questi ultimi anni.
2 Comments
Signor Tommaso D’angelo a parte che la conosco quando vostra madre aveva il negozio di tabacchi di fronte alla Monterchi scuola media ma è mai possibile che sono quasi due anni che non riesco ad essere ricevuta dal sindaco sto in prigione invalida al 100per100 con accompagnamento più 104 assurdo se sapessi De Luca dove si è trasferito con l abitazione prima via anzalone a due passi da me mi metterei sotto il suo portone ma che animale ha messo? Sappiamo che comanda sempre lui cercava l elemosina rione per rione per i voti e noi Salernitani fatto sindaco è una vergogna la saluto Co stima
POVERA LA MIA AMATA SALERNO CORROTTA DA CRIMINALI SENZA SCRUPOLI… È BELLISSIMA APPARENTEMENTE MA ADESSO È DIVENTATA MARCIA E PUTREFATTA DA ESSERI MOSTRUOSI CHE NON LA AMANO E CHE HANNO VENDUTO L’ANIMA AL DIAVOLO SOLO PER IL DIO DENARO .
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