Tra Zeno e Bove vi era un accordo: è quanto emerge dall’inchiesta della Guardia di Finanza di Salerno da cui è emerso che il modus operandi era quello di ricorrere a soggetti prestanome, solitamente inquadrati come dipendenti, nelle stesse società da interporre fittiziamente, attraverso l’attribuzione di ruoli direttivi o quote sociali. La prassi del ricorso a soggetti prestanome veniva, peraltro, confermata da una serie di captazioni, che segnalavano l’organizzazione di appuntamenti presso vari notai, finalizzati alla redazione degli atti costitutivi di società fittiziamente intestate a prestanome, destinate a ottenere la titolarità delle attività commerciali di pertinenza del gruppo imprenditoriale nella quale Zeno, nel rappresentare al Bove l’intenzione di avviare una nuova società con sede legale in Roma, rimarcava la necessità di individuare un soggetto schermo a cui attribuire fittiziamente l’amministrazione, menzionando Ciro Villani, attualmente socio della società Salerno s.r.l.s. proprietaria del bar Zeroott8n9ve di via Roma in Salerno, della quale era legale rappresentante sino a febbraio 2020, come una persona a cui non voleva più affidarsi per l’attribuzione di incarichi amministrativi societari; Bove, infatti, discuteva con Antonio Libretti, commercialista dello Studio Libretti – Viglione, della individuazione di un notaio presso il quale formalizzare la costituzione di nuove società riferibili alla sfera imprenditoriale Zeno- Bove, operanti in Roma e che avrebbero dovuto assumere la veste giuridica di Sris, per le quali erano stati individuati quali soggetti “schermo” a cui attribuire formalmente cariche e ruoli societari, due dipendenti dei bar Zerottonove di Roma, Italo D’abbrusco e Alam Jahangir detto Sanny, che venivano contattati da Zeno al fine di definire i dettagli relativi alla predisposizione dei documenti necessari, nonché per definire i dettagli in vista dell’appuntamento dal Notaio. Dalle intercettazioni emerge dunque che era abituale fare ricorso a prestanomi per portare avanti le società. Anche in relazione alla posizione del commercialista Antonio Libretti deve ritenersi integrata la gravità indiziaria. Le intercettazioni mostravano, infatti, come questi interloquisse con Zeno ritenendolo referente dell’attività commerciale, pur essendo pienamente consapevole del reale assetto societario e, dunque, dell’assenza di qualsiasi carica o ruolo formale capace di giustificare il potere gestorio a questi attribuito, atteso che il suo studio commerciale si occupava delle incombenze relative alle società proprietarie delle attività commerciali. Va ritenuta sussistente la gravità indiziaria anche a carico di Casciello Vincenzo, D’alessio Salvatore e Iuliano Carmine intestatari fittizi delle quote sociali e formali rappresentanti legali, i quali si prestavano alla intestazione fittizia della società, nella piena consapevolezza del loro ruolo di prestanome, atteso che la concreta gestione societaria e commerciale era rimessa a Zeno e Bove, senza che costoro svolgessero alcun ruolo, come, peraltro, significativamente emerso dalle conversazioni intercettate nelle quali il Casciello si limitava a dare attuazione alle direttive impartite da Bove o da Zeno. Non tutto filava liscio nella gestione dei locali dalle intercettazioni emerge che presso il Chiosco nel mese di dicembre 2021 si registra un blackout dovuto all’interruzione della fornitura elettrica da parte della compagnia erogatrice per il mancato pagamento di fatture nonostante fossero stati dati i soldi per procedere al pagamento. Stessa situazione per Il Pastificio: la Tim aveva messo in atto un recupero crediti di 750 euro per fatture non saldate. Dall’attività investigativa emergono una serie di operazioni finanziarie di Del Regno, amministratore e socio al 60% della società Meda Carni s.r.l. in un momento di grossa difficoltà economico- finanziaria, che avrebbe potuto condurre anche alla apertura di una procedura fallimentare, potenzialmente volte a sottrarre garanzie al creditori. Secondo l’accusa, l’indagato avrebbe sottratto beni alla riscossione da parte dell’Erario, nei confronti del quale risultavano debiti già iscritti a ruolo por complessivi euro 718.084,72, sarebbe consistita nella fittizia cessione del 50% delle quote sociali della società Dega supermercati s.r.L, nella titolarità di Del regno Carmine (persona fisica), a Galiano Gaetano, già titolare del rimanente 50% delle quote sociali. Il gip, si legge, “ritiene che l’operazione in questione non risulti idonea ad integrare la fattispecie contestata, in quanto l’indagato disponeva di un bene personale e non di un bene della società, come tale non aggredibile dai creditori della società Meda Carni s.r.l., costituita nella forma di società a responsabilità limitata, i cui soci non rispondono dei debiti sociali con il proprio patrimonio personale. Per Zeno è stato disposto il sequestro per 60mila euro circa. e.n
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