Le zone d'ombra del Sistema Salerno - Le Cronache
Attualità

Le zone d’ombra del Sistema Salerno

Le zone d’ombra del Sistema Salerno

Di Salvatore Memoli
Dopo le dichiarazioni di Napoli e di Marotta, testi dell’accusa, sul caso Sistema Salerno , potremmo dire che il processo é chiuso. Ovviamente nessuno pensa che il peso delle loro dichiarazioni annulli alcuni anni di ostracismo contro due persone perbene che ne hanno subito il peso giudiziario rimettendoci la credibilità politica e sociale. Nessuno pensa che il fango dell’accusa e dell’opinione pubblica possa essere neutralizzato. Se si pensa che il processo si regge sul buco di una serratura, definiamola così, la piccola telecamera puntata sul portone d’ingresso del Comune di Salerno e sulle argomentazioni poco convincenti della polizia giudiziaria che non ci ha capito molto ed ha spiato e ricostruito movimenti abituali, consueti e convenzionali di Zoccola con tutti gli amici che passavano per quella porta. Se si considera che é stato dato ascolto a testimoni e persone informate che ci hanno aggiunto del loro per ritrattare o fare scena muta davanti al Tribunale, c’é poco da dare credito a queste accuse. Per gli imputati ci sono stati provvedimenti pesanti di riduzione delle libertà personali. Il peso giudiziario ha portato l’imputato Savastano alla sospensione dell’esercizio delle sue prerogative di deputato regionale, a seguito della carcerazione ed ha costretto gli assetti societari delle cooperative coinvolte a subire cambi di nomenclatura, perdita di appalti aggiudicati, emorragia di personale dipendente, messa sotto imputazione dello star system, con l’opprimente carcerazione di Vittorio Zoccola, ritenuto il riferimento reale di tutta l’organizzazione e l’artefice di presunte macchinazioni finalizzate a corrompere per avere vantaggi per sé e per il gruppo. Questo processo finalmente mette ogni carta ed ogni protagonista al posto che merita e ridisegna uno scenario politico e giudiziario completamente nuovo e suggestivo per valutare gli ultimi anni di vita della comunità salernitana. Intelligente, puntigliosa e documentata la difesa degli imputati, ridotti a Savastano e Vittorio Zoccola. Già in questa spremitura d’imputati molti di noi avevano visto uno squarcio di canovaccio da avanspettacolo delle fantasie accusatorie. Alla sbarra sono rimasti a reggere il processo Savastano e Zoccola, due personaggi che per anni hanno fatto vita diversa, senza punti di contatto, senza interessi comuni, anzi palesemente antagonisti e con ruoli lontani. A questi due imputati é stato ceduto l’onere di provare le estraneità da accuse immeritate che oltre a coinvolgerli hanno portato sul tavolo dell’accusa l’idea di un modus vivendi pieno di imbrogli, comportamenti delittuosi, palesemente finalizzati a offuscare la limpidezza degli appalti comunali. Accuse sostenute trionfalmente da un mormorio gongolante di detrattori storici di chi gestisce il potere. Come altre volte ho sostenuto il processo é nato nel Palazzo, dove i suoi regnanti e qualche parvenu ospitato per sbaglio in politica hanno fatto a gara a gettare fango sull’operato di tecnici e politici di rango. Si é permesso di rinfocolare qualche difficoltà organizzativa per ribaltare l’establishment delle cooperative e le procedure adottate per meglio gestire la salute dei servizi del Comune, in particolare le manutenzioni e le pulizie di quartieri e parchi, pur di consentire un rimescolamento di investiture, di gestori dei servizi e soprattutto delle regole d’ingaggi. Le dichiarazioni di Napoli e Marotta non sono importanti perché restituiscono credibilità alla correttezza dei rapporti. Napoli e Marotta vanno letti in codice, essi raccontano un mondo politico che aveva i suoi punti di forza finché il capo era De Luca senior. Quando le carte si sono mischiate e sono arrivati i farfarielli di De Luca junior non si é capito più niente! Epurazioni, allontanamenti, sostituzioni e liste dei proscritti… hanno dettato nuove regole ed aperto le maglie delle contestazioni per cavalcarle.
Il processo denominato Sistema Salerno é una pagina dolorosa ed allarmante! Qui sul banco degli imputati salgono De Luca senior e De Luca junior. Chi giudica interverrà inevitabilmente con il suo giudicato sul valore dei due apparati e delle due scuole di pensiero ed azione politica del governo municipale. Ai giudici non consiglierei di entrare in questa diatriba e di restituirla al mittente! Dopo che si é capito che nessuno ha truffato, la vicenda giudiziaria deve essere chiusa subito. Anche perché si lamentano tutti delle organizzazioni post cooperative che lasciano in città il segno per inadeguatezza, incompetenza, sottodimensionamento di organici, bandi di gara improvvisati e scarsamente intellegibili, servizi resi mali e valutati peggio!
Il vero dramma del Comune di Salerno é l’emarginazione di De Luca senior. Con lui tutto filava liscio e la città non si lamentava. Gli appalti venivano affidati con lungimiranza e gestiti come una grande azienda che guarda solo al risultato. Poi per il resto, ognuno restava al suo posto concorrendo al bene di Salerno. Il braccio di ferro di farfarielli, tecnici comunali intraprendenti, politici improvvisati sta ancora uccidendo la città. Spero che i giudici non concorrano a confondere ancora di più le acque. Si capisce che il De Luca senior merita di vincere la partita. Ma per dire al figlio ed ai suoi fidi scudieri di imparare a rispettare gli anziani, le regole e gli equilibri del Comune di Salerno, soprattutto che non era necessario rovinare una luminosa storia delle cooperative a Salerno, di una famiglia rispettabile come quella di Vittorio Zoccola e di un consigliere regionale che aveva una delega ai Servizi sociali e che di suo già era poco simpatico ai nuovi apparati di potere del Comune.
La partita é nata in politica e dovrà chiudersi in politica. Se solo Vincenzo De Luca battesse un colpo, su un ferro arrugginito!
Di Olga Chieffi
Amuleti e talismani, infallibili e indispensabili: credenze che vengono da lontano e con cui, sin dalla notte dei tempi, gli uomini ricorrono contro i rischi del vivere e le incognite della realtà. Ci si interroga da sempre sul rapporto dell’uomo con il mondo, le sue incertezze, ansie, insicurezze e su come ragione e superstizione si mescolano nella sua condizione di indeterminazione. Ecco allora i portafortuna, quei simboli familiari, riconoscibili, a cui ci aggrappiamo con la logica del “non è vero, ma ci credo” per combattere il rischio di vivere. Il corno, rosso, sinuoso, vitale e solare, simbolo apotropaico per eccellenza; il corvo, ambasciatore del grande vuoto che risiede oltre il tempo e lo spazio, custode dei grandi misteri e trasmettitore di energie: le installazioni e i grandi arazzi accompagneranno il visitatore, in un percorso introspettivo fino all’impatto con i cupi “guardiani delle coscienze”. Il corno ben conosciuto a Napoli rappresenta il fallo di Priapo, dio della prosperità e protettore del malocchio. Al plurale, le corna devono stare in testa ed elevano la potenza della dignità conferendo potere a “luce” alla calotta cranica, così come la corona, che con le corna condivide la stessa radice etimologica indoeuropea. Pertanto, gridare “cornuto” a qualcuno è di fatto un complimento, perchè indica potenza, fertilità e prosperità. Questo ci dice la Tradizione, ma nell’Italia di oggi il significato è completamente ribaltato. Solo Napoli continua a mantenere vivo il vero significato esoterico delle corna, e se ne dovrebbero accorgere tutti i napoletani che, per sottintendere la poca virilità e potenza altrui, pronunciano la parola “scurnacchiato”, cioè senza corna. Altro che cornuto! Va da sé che, sempre sotto al Vesuvio, la più grande delle vergogne elevata al cubo è ‘o scuorno, cioè l’atto di predere le corna.Talismani come sonde da affondare nelle zone più oscure della realtà per cercare di controllare l’incontrollabile. Ecco l’essenza della commedia brillante Non è vero ma ci credo una commedia di Peppino De Filippo, scritta nel 1942, originariamente in tre atti. Ereditando la direzione artistica della compagnia di Luigi De Filippo, Leo Muscato inaugura questo nuovo corso partendo proprio dal primo spettacolo che ha fatto con lui (Non è vero ma ci credo), rispettando i canoni della tradizione del teatro napoletano, ma dando a questa storia un sapore più contemporaneo. Il protagonista dello spettacolo assomiglia tanto ad alcuni personaggi di Molier̀e che Luigi De Filippo amava molto.
Enzo de Caro, domani sera, alle ore 20,45 e domenica, alle ore 18, sul palcoscenico del Teatro delle Arti, vestirà i panni del commendatore Gervasio Savastano tormentato dalla superstizione; i suoi affari non vanno bene e lui ritiene che la colpa sia di un suo impiegato, Belisario Malvurio, cui attribuisce un influsso malefico. Anche in famiglia ci sono problemi: sua figlia Rosina si è innamorata di un giovane impiegato, che il commendatore ritiene non all’altezza della ragazza. All’improvviso, però, la fortuna sembra ricordarsi del commendator Savastano; in azienda arriva un giovane, Alberto Sammaria, gobbo, e con il suo arrivo gli affari cominciano di colpo ad andar bene. Anche la figlia del commendatore sembra aver ritrovato la serenità, il giovane di cui era perdutamente innamorata è diventato un lontano ricordo. Tutto sembra filare liscio, ma il diavolo ci mette lo zampino: Alberto Sammaria confessa al commendatore di essersi innamorato di Rosina, e per questo motivo è costretto a dare le dimissioni. Il commendatore è disperato, ma troverà una soluzione: convincerà sua figlia a sposare Sammaria. Peppino De Filippo aveva ambientato la sua storia nella Napoli un po’ oleografica degli anni ‘30.
Il figlio Luigi aveva posticipato l’ambientazione una ventina d’anni più avanti. In questa nuova edizione, il regista Leo Muscato segue l’intuizione di Luigi avvicinando ancora di più l’azione ai giorni nostri, ambientando la storia in una Napoli anni 80, una Napoli un po’ tragicomica e surreale in cui convivevano Mario Merola, Pino Daniele e Maradona. «Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male» soleva dire il grande Eduardo De Filippo, riferendosi a quell’ universo pittoresco che ruota intorno ai misteri dell’ oltremondo, sviscerato anche da Peppino in questa commedia uno dei più grandi successi dei fratelli De Filippo: Eduardo, Peppino e Titina, infatti, la interpretarono insieme.