Crescent, i locali di Rainone non sono ancora accatastati ma il Comune tace e non incassa l'Imu - Le Cronache
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Crescent, i locali di Rainone non sono ancora accatastati ma il Comune tace e non incassa l’Imu

Crescent, i locali di Rainone non sono ancora accatastati ma il Comune tace e non incassa l’Imu

di Erika Noschese
Le proprietà di Rainone realizzate al Crescent accatastate come F/3, categoria che si riferisce ai fabbricati in corso di costruzione e quindi non ancora ultimati. Si tratta di una categoria catastale provvisoria la cui durata dovrebbe variare da 6 mesi ad un anno, come emerge anche da una banale ricerca online. Dunque, l’ennesimo aggiro è servito: chi ha realizzato quei locali non paga tasse, non ha venduto e men che meno sono stati messi in atto quelli che erano gli obiettivi principali: rendere l’area di Piazza della Libertà una zona d’élite con negozi. Un vero e proprio attrattore turistico, come più volte annunciato dal presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca che ha fatto di quella piazza il main sponsor delle sue campagne elettorali. Ebbene, ora c’è, è stata inaugurata e – relativamente – è entrata nel pieno delle sue funzioni con il concerto di Capodanno ma nulla è cambiato. La Rcm Costruzioni, appartenente alla famiglia Rainone, ha realizzato i locali ma semplicemente non è andato oltre; basti pensare, infatti, che gli accatastamenti delle case del Crescent hanno preso il via nel 2018 quando iniziò ad essere abitato. E dunque, chi controlla? I controlli dovrebbero essere effettuati da due enti: l’Agenzia dell’Entrate – Territorio e dall’ufficio Imu del Comune di Salerno, guidato dalla responsabile Maria Morena Annunziata che mai hanno provveduto ad effettuare i dovuti accertamenti. «Un totale fallimento sotto ogni punto di vista – hanno dichiarato i Figli delle Chiancarelle – Un fallimento paesaggistico in quanto abbiamo un muro di cemento alto 32 metri che oscura la Costiera Amalfitana; un fallimento ambientatale in quanto è stato deviato alla foce lo storico torrente Fusandola, quello dell’alluvione che negli anni ‘50 causò devastazioni e morti, sulla cui deviazione c’è già una condanna in due gradi di giudizio e un altro processo penale che vede coinvolti apicali dirigenti comunali; un fallimento finanziario: la realizzazione della piazza crollata in parte su se stessa e ricostruita, oltre a tutte le altre opere di urbanizzazione di santa Teresa, sono costate circa 100 milioni di investimento pubblico. L’area demaniale venduta ai privati per costruire il Crescent ha fatto incassare al Comune scarsi 20 milioni di diritti edificatori. Chiaramente non si può non constatare il fallimento turistico: dovevano arrivare turisti da tutti il mondo per ammirarlo e per spendere fiumi di soldi nei negozi di grandi firme quali Fendi, Gucci e Prada, che sicuro avrebbero aperto, stando a quanto annunciava De Luca nel 2009, cosa ripetuta poi per anni come un mantra. In realtà non era un mantra ma una balla. Sotto il colonnato del Crescent non ha mai aperto alcun negozio, neanche un punto vendita di sanitari. Un mortorio economico ed attrattivo, zero turisti, zero presenze. Solo annunci e propaganda. Infine, un fallimento fiscale: aspettando i Gucci ed i Fendi, i locali del colonnato da anni restano ancora in fase di accatastamento F/3 e finché ciò non avviene non può essere calcolata la tassa Imu da far pagare al proprietario, che ovviamente ne trae beneficio fiscale mentre il Comune registra è un mancato incasso. Come direbbe il poeta Umberto Saba, Noi Chiancarelle chiosa “amiamo la verità che giace al fondo”».