Di Olga Chieffi
Confrontarsi con il repertorio di Cole Porter è una tappa quasi obbligata per ogni crooner. Lo farà domattina alle ore 11, negli spazi del Museo Provinciale Pasquale Auricchio, che conosciamo in veste di controtenore, ma che scopriremo creativo e “stravagante”, ci permetterete quel barocchismo che fa perfetta coppia con il jazz, interprete di qualche indispensabile titolo del SongBook di Cole Porter, in duo con il pianista Alfonso Marra. L’occasione è il primo appuntamento del nuovo anno della rassegna “Domeniche ad Arte”, il percorso organizzato dalla Provincia di Salerno con il CTA Salerno aps e le Acli Provinciali di Salerno a continuazione dei “Concerti d’estate di Villa Guariglia in tour” e con la partnership della Coldiretti Salerno-Campagna Amica e della CLAAI. Il titolo del matinée sarà “Cole Porter, night and days – standard e storie” è il titolo. Musiche e parole, quindi, per raccontare la storia di uno dei compositori più importanti del Novecento, a sessanta anni dalla scomparsa. Una vita fatta di eccessi e stravaganze, vissuta in maniera avventurosa: dalla guerra, combattuta in prima linea nella Legione straniera Francese, alle feste memorabili con scrittori, artisti, intellettuali fino al matrimonio con Linda Lee Thomas. Una personalità unica, quella di Cole Porter, moderno anzi modernissimo, un uomo che già negli anni Trenta non nascondeva la sua omosessualità, alla moglie, infatti, rivelava tutti i suoi flirt ( fu famosissimo e chiacchieratissimo quello col ballerino russo Boris Kochno, incontrato nel 1925), anzi, ci teneva a che lei conoscesse i suoi amanti e intrattenesse dialogo ed amicizia con loro. Ad analizzare il segno musicale e la vita di Cole Porter, così come la sua eredità artistica, sarà Carlo Pecoraro. Una scaletta difficile, quella scelta dal trio perché è difficile sintetizzare in soli sei pezzi un repertorio sconfinato, così ci si affiderà al canzoniere assoluto. Si aprirà con la più famosa, Night and Day, da analizzare a fondo, perché va considerata uno dei capolavori di Cole Porter (e sarà anche legata a un film-biografia del 1946), un brano che può considerarsi la prima sintesi tecnica di Cole e di una sua grande capacità: presentare un motivo musicale immerso in una certa atmosfera sognante, per portarlo subito dopo verso un’improvvisa esplosione a grande respiro. Love for sale, del 1930 dedicato all’amore in vendita senza giudizio, indimenticabile nella versione di Lady Time, Ella Fitzgerald, per poi passare al 1934 che è l’anno di un altro grande successo teatrale di Porter: un Musical dal titolo “Anything Goes” . Fu imprevedibile il rapporto di simpatia e collaborazione fra Cole e la prima attrice Ethel Merman. I due non potrebbero avere caratteri più diversi: lei è vivacissima, riempie la scena con la sua personalità travolgente, talvolta non risparmia qualche battuta un po’ pesante. Delle sue tredici interpretazioni teatrali, ben cinque saranno accompagnate dalle musiche di Cole: oltre alla canzone del titolo ve ne saranno in questa commedia alcune altre conosciutissime come e soprattutto “I get a Kick out of You” . Si proseguirà con I’ve Got You Under My Skin, del 1936 portata al successo da Frank Sinatra e monopolio di tantissimi jazzisti, per chiudere con Everytime we say goodbye, una delle più belle canzoni scritte da Cole Porter, autore che ha contribuito al repertorio della grande canzone americana con decine di brani indimenticabili. Mentre molti compositori lavoravano in coppia con un autore di testi, Cole Porter per Everytime We Say Goodbye, scrisse sia il testo che la musica, entrambi bellissimi, una delle “canzoni di addio”, anche se in questo caso l’allontanamento pare solo momentaneo, poiché racconta la malinconia di un distacco, quel sentimento di tenerezza che si prova nel preciso istante in cui una persona che amiamo si allontana da noi. C’è da dire che la forza delle sue canzoni è soprattutto nei testi, che scriveva lui, e che sono autentici componimenti poetici, a volte lirici, a volte ironici; infatti, nelle versioni cinematografiche dei musical i testi delle canzoni, che erano molto audaci per l’epoca, venivano regolarmente censurati. Nella canzone I Hate Men, nel testo originale compariva la parola “vergine”, che nella versione per il cinema divenne “signorina”. In teatro il personaggio cantava: “Odio gli uomini. Piuttosto che sposarne uno, rimarrò vergine tutta la vita!”. E nel film canta: “Odio gli uomini. Piuttosto che sposarne uno, rimarrò signorina tutta la vita!”. Il che sarà pudico, forse persino chic, ma anche lapalissiano. Non possiamo definire Cole Porter un compositore jazz, come frettolosamente viene spesso definito. La sua formazione scolastica racconta di un diploma alla Harvard School Of Music e di un perfezionamento in composizione a Parigi alla corte di Vincent D’Indy. È un grande compositore di musica leggera capace di saldare nel suo lavoro le pulsioni di un’epoca mescolando come un sapiente alchimista la tradizione bianca con quella nera. Proprio questa capacità di muoversi con grazia sulla linea di confine tra i generi fa di lui e di George Gershwin o di Irving Berlin un anticipatore illuminato di ciò che avverrà nella musica della seconda metà del Novecento. Ed è per queste sue caratteristiche che il jazz si appropria di una parte consistente dei suoi lavori, li rimastica e ne illumina i lati oscuri portando nuove sfumature al suo monumento. Per questa ragione riesce ancora a influenzare nuove generazioni di artisti lontanissimi dalle sue corde.
Momento conviviale dopo la lezione-concerto, con la degustazione dei prodotti di eccellenza delle aziende della Coldiretti Salerno per Campagna Amica.