di Eugenio Verdini
Uno sguardo al futuro immediato degli operatori nel campo delle professioni sanitarie. Il tutto alla luce della legge di bilancio dove, tutto sommato, l’impegno del Governo nazionale rispetto alla sanità pubblica è soddisfacente, con aumento delle risorse in tre anni consecutivi. Ciò che maggiormente potrebbe preoccupare, invece, è la condizione contrattuale, di lavoro e di trattamento pensionistico degli infermieri, anche guardando alla riorganizzazione della carriera. Si tratta di una disamina che gode della massima autorevolezza, perché arriva da Cosimo Cicia, presidente degli infermieri della provincia di Salerno (OPI) e soprattutto vicepresidente nazionale dell’ordine degli infermieri (FNOPI). Andiamo con ordine, partendo dallo stato di salute della sanità pubblica. «Il fondo sanitario nazionale – spiega Cicia – sarà 3 miliardi per il 2024, 4 per il 2025 e 4,2 dal 2026, cioè 700 milioni in più di quanto previsto nella manovra 2023 per quest’anno e altri 600 in più rispetto alle previsioni 2025. Il finanziamento del fondo cresce del 4% nel 2024, a testimonianza della strategicità della spesa. Rinnovo del contratto 2022-2024, prestazioni aggiuntive di medici e infermieri, nuove modalità di distribuzione dei medicinali, abbattimento delle liste attesa, tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie dai privati, finanziamento per l’aggiornamento dei LEA, potenziamento del SSN e dell’assistenza territoriale, cure palliative e terapia dolore, finanziamento all’Istituto Nazionale Promozione Salute popolazioni migranti e contrasto alle malattie per la povertà giustificano la gran parte dell’incremento delle risorse». Fra le criticità per il personale sanitario, soprattutto per gli infermieri, il presidente Cicia indica il trattamento pensionistico. «Qualche preoccupazione arriva dalle nuove norme sulle pensioni, rispetto alle quali sono state programmate giornate di sciopero da medici e infermieri. Con i correttivi del Governo il taglio è rimodulato, escludendo le pensioni di vecchiaia e chi viene collocato a riposo d’ufficio per limiti di età a 65 anni. Quindi, i dipendenti pubblici interessati continueranno ad avere l’assegno previdenziale calcolato con le precedenti aliquote. Per non avere penalizzazioni è previsto in molti casi un aumento degli anni di permanenza al lavoro, almeno fino a 65 anni, che nel caso degli infermieri, che svolgono un lavoro usurante nonostante la legge ancora non lo riconosca in pieno, significa invecchiare ulteriormente le dotazioni organiche delle aziende, avere in servizio più personale con esoneri, assistere a un aumento del fenomeno della salvaguardia della propria salute con conseguente scadimento della qualità di assistenza, allontanare i giovani dalla professione, perché su di loro graveranno i maggiori carichi di lavoro. Gli infermieri penalizzati dalla misura sono quelli che hanno iniziato a lavorare prima del 1996, quando non erano disponibili gli attuali presidi individuali di sicurezza. Eppure, questa platea di infermieri è proprio quella che ha assistito i cittadini durante la pandemia da Covid-19 con tutti i rischi collegati e con turni massacranti, senza mai nemmeno sperimentare il lockdown o lo smartworking». Si passa poi al trattamento economico. «E’ stata prevista la possibilità di incremento della tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive, fino a fine 2026, con l’obiettivo di fronteggiare la carenza di personale sanitario, ridurre le liste di attesa ed il ricorso alle esternalizzazioni. Per gli infermieri l’aumento della tariffa può arrivare fino a 60 euro lordi, ma il problema in questo caso è che alla carenza di personale e agli altri target indicati si fa fronte con un aumento del lavoro extra e già attualmente l’assistenza nei luoghi di ricovero è garantita soprattutto grazie a una mole notevole di ore di straordinario degli infermieri». Sguardo al nuovo contratto. «Previsti ben 2,4 miliardi, aspettiamo di capire come saranno distribuiti. Gli aumenti previsti sono del 6% circa rispetto al contratto precedente e questo in base all’indice dei prezzi al consumo che però non rispecchia più la perdita del potere di acquisto. La nostra preoccupazione riguarda il pericolo che l’incremento del fondo sanitario rischi di rivelarsi insufficiente per l’ordinario funzionamento della sanità pubblica». Il presidente Cicia, infine, indica la rotta da seguire per dare risposte concrete alla sanità ed ai lavoratori, soprattutto agli infermieri. «Per invertire la rotta è necessario e non più rinviabile il finanziamento delle lauree magistrali abilitanti ad indirizzo clinico, per avere infermieri specialisti in grado di gestire la filiera assistenziale composta da più professionisti con livelli di competenze diversificate, così da rispondere ai bisogni sempre più complessi della popolazione; il finanziamento dei docenti infermieri, necessari a garantire la qualità formativa e dell’assistenza che devono rientrare sotto il governo del ministero dell’Università e non più sotto quello delle aziende; la revisione dei criteri di accesso ai corsi di laurea triennali, con test di ammissione separato con nuove modalità, autonomia e specificità della selezione al corso; un cambio immediato dei modelli organizzativi, con maggiore autonomia infermieristica e una nuova riqualificazione, il riconoscimento della branca assistenziale infermieristica nei LEA e nuovi sbocchi di carriera e professionali».