di Peppe Rinaldi
Caro direttore,
vorrei ringraziare Angelo Orientale per aver avuto la pazienza di leggere, presumo interamente, il mio articolo sull’evento “pacifista” di Eboli dello scorso 17 dicembre. Perdere 7 o 8 minuti a scorrere migliaia di caratteri, in questi tempi di velocità laser imposti dalla dittatura social, è lodevole segno di interesse. Naturalmente, l’interesse di Orientale sul tema non è di suo appannaggio esclusivo (che, peraltro, non rivendica) né lo è quello delle citate “…29 associazioni sottoscrittrici del volantino…” né di altri: chi scrive, ad esempio, è altrettanto appassionato senza che questo implichi «odio, discriminazioni e strumentalizzazioni». Nessuna meraviglia, è lo schema tipico dell’universo sedicente progressisti, che diluisce ciò che non gli aggrada o lo contraddice nel rassicurante ventre caldo dell’odio (altrui).
Qui sta il punto vero, ribadisco, posto alla radice di quanto pubblicato: la scomparsa del principio di realtà, che non è un’opinione bensì la capacità di leggere il dato concreto, dinamico ed oggettivo di quel che ci circonda, a dispetto di ciò che vorremmo fosse la direzione degli uomini nel mondo. Desiderare è una cosa, leggere la realtà un’altra. Una capacità che un tempo i marxisti, tra i quali immagino si iscriva Orientale, avevano e sapevano usare con destrezza – si può dire qui “destrezza”? – meritandosi un circoscritto rispetto per idee, linee politiche e azzardi culturali: oggi, esaurita la tensione messianica verso la società socialista (qualunque cosa significhi), persa ogni certezza religiosamente coltivata per anni, militano tutti nel grande “partito radicale di massa” profetizzato da Augusto Del Noce: del marxismo hanno conservato l’impalcatura mentale rigida e l’automatismo ideologico, perdendo, però, ogni rigore scientifico che in qualche modo ne caratterizzava il tratto di fondo; per il resto, rincorrono oggi un mito, domani un altro, dopodomani un capriccio e dopo ancora un diritto inventato o creato in laboratorio, a tutela di pretese minoranze di oppressi di oggi oppure a rinforzo delle nevrosi e dei tic culturali (immigrazionismo, ambientalismo, omosessualismo, scientismo, trans-femminismo, multiculturalismo, animalismo, etc) della grande borghesia o del grande capitale. Qui c’è poco da fare, sono anni di indottrinamento mediatico, scolastico e universitario, è quel mondo lì, ripetiamo, cui appartiene anche l’associazione rappresentata da Orientale, dove ci si premura, a mo’ delle educande di metà Ottocento tese a conquistare lacerti di rispettabilità, di anteporre lo zuccheroso “tutte e tutti” a ogni discorso o saluto, quando non esilaranti scritti con il finale in “schwa” (la “e” capovolta e rigirata in ossequio alla teoria gender, come pure si osserva sui siti di riferimento dell’associazione del signor Orientale) che danno a chi li utilizza la sensazione di aver fatto fare un grande passo avanti all’umanità.
IL LEVI ERA CARLO E NON PRIMO
L’ho scritto l’altro ieri, lo ripeto oggi: sentirsi buoni ti esonera dallo sforzo di ragionare e Orientale si sarà sentito tanto buono, credo, che per impartirmi una lezione di storia cita scritti di Primo Levi a me non sconosciuti e che, anzi, rafforzerebbero addirittura l’assunto del contestato articolo. Solo che c’è un problema: io parlavo di Carlo Levi, insuperato pubblicitario del marchio “Eboli” nel mondo, non di Primo. Succede.
Oltre a quello di realtà ci sarebbe un altro principio a latitare, quello di non contraddizione: dice, infatti, Orientale che «…non voglio replicare all’articolo, che non considero tale, non voglio entrare nel merito…», salvo poi tuffarvisi e annaspare dentro il mare mosso di ciò che proprio non voleva esporre alla discussione. Capisco che sentirsi sotto braccio con Goebbels, Nasrallah, Gobineau o Stewart Chamberlain sia inaccettabile ma continuare nell’ossessione del “Free Palestine”, pur edulcorando tutto con belle parole imbandite sulle varie tavole dei buoni sentimenti, significa solo una cosa, la stessa che abbiamo sentito il 17 dicembre a Eboli e che a breve risentiremo a Napoli e altrove: sparizione di Israele, naturalmente dopo averne fatti secchi quanti più è possibile visto che se la sono cercata e dopo lunghi giri di parole. Orientale lo ribadisce, spero inconsapevolmente, rivendicando testi e volantini che avevo già letto e che sono andato a rileggere. Non a caso, dopo le tipiche supercazzole di sinistra (qualunque cosa significhi), si sposa la risoluzione Onu dove, senza alcuna sorpresa, non si condanna neanche di striscio l’indicibile orrore compiuto dai palestinesi il 7 ottobre, ma si piagnucola, in un’apoteosi mai vista di ipocrita compunzione, contro la necessaria risposta di Israele; anzi, c’è un sovra dosaggio di angelico razzismo quando in quegli scritti si sostiene la fondatezza dell’osservazione fatta da quel campione mondiale di coraggio chiamato Guterres (segretario generale Onu) secondo il quale il film horror del 7 ottobre, cioè il I tempo della pellicola bypassato in scioltezza dai nostri indispensabili pacifisti, «non nasceva dal nulla». Ci risiamo: è la ragazza in minigonna che si merita lo stupro, stessa logica ancorché infinitamente meno grave. Solo un gigantesco ritardo culturale induce a leggere la vicenda israelo-palestinese, specie dopo il pogrom del 7 ottobre, come un fatto legato alla terra e alle presunte occupazioni nate dal nulla. Non c’entra niente la terra, o almeno non più: è una storia che dura da 1400 anni (con l’islam), da molto prima con gli altri, Gaza è un “problema” già nella Bibbia come gli eruditi della pace certamente sanno. “Free Palestine” significa solo questo, «non un centimetro di terra agli ebrei del sacro suolo dell’islam» com’è scritto non in millenari testi sacri bensì nel più recente statuto di Hamas, organizzazione terroristica statuale giunta al potere grazie al voto dei palestinesi che, come nella Germania dopo Weimar con i nazisti, ha preso definitivamente il potere trasformando tutto in un incubo, con bande criminali nei ministeri e nei gangli dello stato pur con l’ampio appoggio della popolazione. Esattamente come nella Palestina (qualunque cosa significhi) di oggi, una gigantesca Gomorra appesantita dall’islamismo.
LA BARZELLETTA ONU
Come in Italia, dove il fascismo svanì dal cuore degli italiani non nel luglio del ‘43 ma soprattutto quando iniziarono a piovere le bombe degli alleati, lì si consumò la rottura definitiva con il popolo, bombe che certamente uccidevano migliaia di civili incolpevoli: forse Orientale e le sue 29 associazioni avrebbero avuto pronta anche allora una bella risoluzione Onu (rectius, Società delle nazioni) da proporre ai nazisti, ben felici di sciogliersi in tanto afflato umanitario esattamente come il palestinese che oggi mantiene in cattività un bambino di 10 mesi perché al bisnonno del nonno e al pro zio della moglie avidi ebrei dal naso adunco un giorno rubarono la terra, cose peraltro manco vere sul piano di quella storia che Orientale ha inteso chiarirmi con il suo excursus sull’Onu; dove pure non si accorge di concordare, al netto della differenza di linguaggio, con quanto da me scritto: per me l’Onu è un’inutile fogna, non da oggi, per Orientale non funziona e va cambiato, quindi su un punto siamo d’accordo.
GLI UTILI IDIOTI
Orientale ha voluto, poi, informarmi di una cosa che già sapevo citando intellettuali israeliani critici, non vorrei però tediarlo con la storia che Israele è una democrazia e che di “Orientale” ce ne sono tanti anche lì, ma questo cosa c’entra? A rinforzo di ciò, il nostro pacifista dice che alle sue manifestazioni sono intervenuti i rappresentanti di due organizzazioni ebraiche (quelle notoriamente ultra minoritarie) come quella dell’avvocato Dini Modigliani e il suo “Lea”- Laboratorio ebraico antirazzista. Sappiamo di cosa parla Orientale, al quale sveliamo un segreto: anche in Israele esistono gli “odiatori di sé”, ci sono finanche sionisti svalvolati che non riconoscono e avversano violentemente lo Stato e partecipano ai sabba antiebraici, alcuni dei quali anni fa furono invitati prediletti ai convegni di Teheran organizzati da un certo Mahmoud Ahmadinejad, che senz’altro Orientale conoscerà.
LA DELIBERA
COMUNALE
Tornando alla paradigmatica vicenda ebolitana, va registrata la elaborazione di una bozza di delibera da portare in consiglio comunale, dopo il patrocinio dato all’evento di dicembre dall’amministrazione Conte, la quale ha, forse, un comprensibile bisogno di accreditarsi in certi ambienti di sinistra, scelta più che legittima, peccato per la strada scelta sin qui che consegna alla città una brutta pagina. Leggeremo con attenzione.Al pacifista Orientale, vorrei far presente un altro dato di realtà: ogni bomba che cade, ogni proiettile che uccide, ogni baionetta che infilza, ogni drone che stermina quei povericristi di palestinesi incolpevoli, tutto va messo in conto ai palestinesi stessi e al mondo arabo-musulmano che di loro, come sempre, se ne strafotte. Ciò che conta è incolpare Israele, un nazione in cui 10 milioni di persone difendono con i denti la propria esistenza e, con essa, l’onore di un’intera civiltà, la nostra, quella che consente ai tanti Orientale di sputarci sopra.
Concludo, caro direttore, chiosando sulla cosa più esilarante detta dal nostro pacifista: l’islamofobia di cui sarei affetto. Si tratta di una di quelle scemenze, mi scuserà Orientale, che ritualmente emergono in certi ambienti politico-culturali, come la famosa omofobia che nessuna persona di media intelligenza ha ancora capito cosa sia. Che dire? Ci viene in aiuto Churchill. Lo statista britannico, criticando l’atteggiamento arrendevole dei governi occidentali dinanzi al pericolo nazista, disse: «Offrono continuamente cibo al coccodrillo sperando che li mangi per ultimi». Churchill oggi sarebbe un “nazistofobo”.