di Jacopo Tafuri
A Salerno e provincia hanno visto i natali diversi personaggi del mondo della musica e dello spettacolo, nuovo astro nascente è Dario Pastorino che, dopo una serie di esperienze come attore in teatro e nella fiction, e non solo, approda alla regia.
Cantautore, compositore, attore, danza jezz e classica, assistente alla regia in teatro …… quale l’attività più interessante e quale la più soddisfacente?
La lista che ha appena citato potrebbe continuare (ride) … amo l’arte così profondamente che non mi sento di dirle di essere legato a qualcosa piuttosto che ad un’altra, anche perché credo che tutte le arti comunichino tra di loro.
Sicuramente la musica, la regia e la recitazione sono gli strumenti che prediligo e che mi consentono di esprimere al meglio le mie idee ed i mie sentimenti.
Alla fine l’arte per me è questo: comunicare, sentire e vivere… ed oggi purtroppo viviamo in una società sorda, che ci ha abituati a rincorrere il consenso, una società che tenta di dire tante cose ma che in verità non dice più niente.
So che ha prodotto un cortometraggio in presentazione a Roma, ce ne può parlare, di cosa tratta, quando e come nasce l’idea?
L’input nasce da Rino Piroscia, autore di un libro di poesie dal titolo “Vivere Adesso”; dopo aver visto il corto su mia nonna mi ha chiamato, commosso, con il desiderio di realizzare qualcosa di simile per sua madre.
Rino è stata la prima persona, dopo i miei genitori, a darmi fiducia ed a credere in me e di questo gli sarò riconoscente a vita.
La storia, ambientata nel secondo dopoguerra, racconta la storia di Francesca, una giovane madre che, ormai vinta dalla malattia, si sforza di dedicare la residua esistenza alla formazione culturale ed umana dei propri figli.
Al Comune di Spoleto, che ha patrocinato l’iniziativa, ed a tutta la giunta Sisti va il mio personale ringraziamento per aver sostenuto questo progetto e soprattutto per aver riservato a me e ai miei collaboratori la stessa ospitalità che riservano alle grandi realtà cinematografiche, come hanno fatto con la storica serie Rai “Don Matteo”.
Il progetto nasce con l’intento di reinterpretare la poesia “Dolce tempesta”, titolo che dà il nome al cortometraggio e che è contenuta nel libro “Vivere Adesso” scritto dallo stesso Piroscia.
Quello che ho cercato di trasmettere al pubblico è una storia che strappi lo spettatore dalla sua posizione di semplice osservatore, catapultandolo nell’epicentro drammatico ed inducendolo ad indossare la pelle della protagonista: Francesca, interpretata dalla bravissima e talentuosa Diletta Masetti.
Francesca è una donna di altri tempi che si confronta con la malattia e con l’idea di dover lasciare i suoi due figli: Sasà (da me interpretato nel ruolo di adulto) e Maria.
Lo spettatore viene catapultato nelle sue emozioni, nei suoi ricordi, nei suoi pensieri che finiranno per diventare una lettera mai scritta che viaggerà nel vento per risuonare nelle vite dei suoi figli.
La morte in questo corto non viene rappresentata come la fine, bensì come un inizio, perché Francesca è consapevole che continuerà a vivere nei ricordi dei suoi due bambini; quindi utilizza il poco tempo rimastole per plasmare quei ricordi che rimarranno vividi nella mente dei suoi figli, a tal punto che Sasà li rincorrerà per tutta la vita.
Alla base del cortometraggio non vi è una narrazione canonica, bensì l’insieme di tanti concetti che ci invitano a riflettere su quei valori umani, spesso dimenticati dalla società moderna, ma che in realtà rappresentano l’ossatura su cui si fonda l’umanità.
In questo cortometraggio ho voluto rendere Francesca l’eroina della famiglia, raccontando un amore universale in cui tutti potessero identificarsi.
Credo che la presenza dei numerosi bambini che hanno partecipato al cortometraggio sia stata la ciliegina sulla torta: la loro partecipazione ha donato al film quel tocco prezioso di innocenza e autenticità che ha arricchito la narrazione.
Tra tutti vorrei citare Tommaso Marcocchi nel ruolo di Sasà bambino, Agata Garbini nel ruolo di Maria, Federico Stocchi nel ruolo del figlio di Sasà e Bianca Fabrizi nel ruolo della nipote di Sasà. La spontaneità e la genuinità dei bambini hanno dato una dimensione emozionale unica al cortometraggio, rendendo le dinamiche familiari più tangibili e toccanti.
Quanto si racconta di lei e del suo vissuto nel cortometraggio?
Nel risponderle non posso non cogliere l’occasione per ringraziare il mio validissimo collaboratore Gioacchino Esposito, nonché vice presidente dell’associazione N.I.P.aps (Not Important Person associazione di promozione sociale) che ha prodotto il cortometraggio e che mi ha aiutato molto in tutto il processo creativo.
Riflettendo sulla sua domanda devo ammettere che, quando scrivi qualcosa, finisci sempre per attingere dalla tua vita, anche perché hai bisogno di entrare in empatia con i personaggi che stai raccontando, altrimenti lo spettatore finisce per non crederci.
Un esempio potrebbe essere il monologo di Francesca (credo abbia un grande impatto emotivo), forse proprio perché l’ho concepito pensando a una persona con cui ho vissuto, ovvero mia nonna (che non è più tra noi).
La domanda che mi sono posto e che mi ha aiutato a scrivere questo monologo è stata: cosa avrei desiderato che mi dicesse mia nonna, affinché potessi accettare di vivere in un mondo senza di lei? È stata questa la domanda che ha mosso la stesura del testo.
Il modo in cui volevo fosse interpretato il personaggio era nella mia testa sin dall’inizio e Diletta è stata straordinaria in questo, perché si è completamente affidata alle mie indicazioni rendendo tutto molto facile.
Un altro momento significativo è il dialogo tra il piccolo Sasà (Tommaso Marcocchi) e Francesca (Diletta Masetti): in questa scena racconto, in dettaglio, il mio Natale del 1996, trascorso come di consueto in compagnia dei miei nonni e della mia famiglia.
Ricordo che, durante le festività natalizie, ero seduto sul divano con mia nonna quando, all’improvviso, scoppiai a piangere; preoccupata, mia nonna mi chiese quale fosse il motivo ed io le risposi che avevo paura che lei un giorno potesse morire.
Mia nonna, commossa e con un sorriso, mi abbracciò e mi rassicurò dicendomi che ci sarebbe voluto del tempo prima che questo accadesse.
Con le lacrime agli occhi la guardai e le risposi con convinzione che in quella eventualità io non l’avrei lasciata andare sola e che con l’aiuto di mio padre l’avremmo accompagnata con la nostra Fiat Panda rossa fino in cielo.
Mio padre, da buon campano, rispose ironicamente (questo ovviamente nel corto è stato omesso) che quando questo sarebbe accaduto sarei stato in grado di accompagnarla in autonomia.
Sulla scena, dunque, ho portato l’innocenza e la spontaneità di un bambino.
Il cortometraggio la vede al debutto sia come regista che come cantautore; ha quindi curato l’inserimento di un brano musicale che è il suo primo singolo, ci illustra la sua scelta?
Nel cortometraggio era previsto, inizialmente, l’inserimento di un brano di genere barocco che, tuttavia, non si amalgamava bene con l’atmosfera drammatica che stavo cercando di creare.
Inoltre, risultava incoerente con i ricordi che Rino aveva condiviso riguardo a sua madre durante le lunghe interviste.
Un brano classico avrebbe, forse, conferito un tono aulico e distante; la mia intenzione, invece, era quella di scegliere qualcosa che fosse più popolare, in grado di colpire immediatamente il cuore di tutti indistintamente, perchè sono fortemente convinto che la musica è la struttura che accompagna le parole e sostiene le immagini.
Proposi, quindi, a Rino l’idea di scrivere e comporre un brano inedito, più adatto al messaggio di amore universale che volevo veicolare ed in soli tre giorni e tre notti nacque il brano “Raccontami di lei”, che racchiude la storia di tutti coloro che hanno vissuto un lutto e che rincorrono i ricordi affinché il vuoto lasciato sia meno profondo.
Dal 19 Dicembre questo brano sarà disponibile ai preordini su tutte le piattaforme online, ma effettivamente disponibile dal 19 Gennaio 2024. Ci tengo a specificare che se acquistato fisicamente sul mio sito o su Amazon, la metà del ricavato verrà devoluta a sostegno dei progetti organizzati dall’associazione no-profit N.I.P.aps (Not Important Person associazione di promozione sociale) di cui sono presidente. L’obiettivo dell’associazione è sostenere, produrre e dare voce a giovani artisti che, senza un aiuto concreto, non riuscirebbero a realizzare i propri sogni.
Nel 2017 realizza un cortometraggio musicale in cui affronta il tema del fine vita, adesso un nuovo cortometraggio, come nasce l’idea di cimentarsi come regista?
Sarei disonesto se affermassi che la mia ispirazione nasce esclusivamente dall’osservazione dei grandi registi.
In realtà, la scintilla creativa prende vita soprattutto dalla mia innata voglia di raccontare e condividere un universo che si svela attraverso la singolare lente dei miei occhi.
Questo desiderio di esplorare e tradurre in immagini la mia personale visione del mondo è ciò che alimenta la mia passione per la regia cinematografica.
Guardare il lavoro dei grandi registi può certamente fornire preziose lezioni e ispirazioni, ma la vera motivazione risiede nella volontà di dare forma alle mie idee, emozioni e prospettive.
Ogni storia che decido di raccontare è un riflesso del mio modo di percepire la realtà, di interpretare le sfumature della vita e di condividere con gli altri il mio punto di vista.
Il processo creativo è intrinsecamente legato a un desiderio profondo di comunicare, di connettersi con gli spettatori attraverso storie che possano risuonare con le loro esperienze ed emozioni.
In definitiva, il nucleo della mia passione per la regia è la ricerca incessante di un linguaggio visivo e narrativo che possa trasmettere autenticità e coinvolgere il pubblico in un viaggio attraverso il prisma della mia percezione del mondo.
Si è mai pentito di aver abbandonato gli studi di architettura a pochi esami dalla laurea?
Non proseguire gli studi di Architettura è uno di quegli “errori” che rifarei, come d’altronde rifarei tutto quello che ho fatto nella mia vita, perché sono fortemente convinto che le scelte che facciamo, compresi gli errori, determinano le persone che siamo oggi e se rinnegassi o rimpiangessi solo una delle cose fatte nel mio passato, rinnegherei contemporaneamente la persona che sono oggi.
Ha partecipato a: “Immaturi” la serie, “Un passo da cielo 3”, “Un passo dal cielo 4”, “Le tre rose di Eva” “E!arrivata la felicità 2” solo per citare alcune delle sue performance lavorative, può anticiparci se e quando la vedremo nuovamente sul piccolo schermo?
Al di là di questa eccitante fase di distribuzione del cortometraggio “Dolce Tempesta”, il mio impegno è rivolto anche a molteplici progetti futuri che bollono in pentola.
Mi auguro che questo cortometraggio possa toccare il cuore del pubblico e ricevere un’accoglienza calorosa, la passione che ho per il mio lavoro e la narrativa cinematografica mi spingono a esplorare ulteriori storie, temi e progetti creativi.
Sto considerando nuove sfide, esplorando nuovi generi e collaborando con talenti creativi per portare avanti idee che possano lasciare un’impronta emozionale e significativa.
La diversità delle esperienze umane e la ricchezza delle storie da raccontare continuano a ispirarmi, spingendomi a cercare nuovi modi per esprimere concetti universali attraverso l’arte in tutte le sue forme.
Il viaggio creativo è in continua evoluzione e la distribuzione di “Dolce Tempesta” rappresenta solo un capitolo di questa avventura più ampia.
La speranza è che questo lavoro possa aprirmi nuove opportunità, connessioni e stimoli creativi che alimentino ulteriormente il mio desiderio di condividere storie significative con il mondo.