Paonessa, "carbonaro" della rivoluzione - Le Cronache
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Paonessa, “carbonaro” della rivoluzione

Paonessa, “carbonaro” della rivoluzione

di Antonio Manzo
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Le parole sono del settembre 1966 e sembrano scritte oggi nell’inverno della democrazia. Alla fine della lettura del bel libro autobiografico “Una Rosa nel cuore” di Giovanni Paonessa con postfazione di Luisa Cavaliere c’è la memoria esistenziale di una generazione politica negli ultimi cinquant’anni del secolo scorso ma anche lo struggente ricordo del filosofo Mario Tronti padre dell’operaismo italiano. Chissà se sarà possibile tornare ad in un tempo nel quale il respiro individualista dell’apprendista rivoluzionario diventa affannoso e corto e ormai inascoltato da un popolo perduto con lo strabismo di chi vedeva il rosso dell’alba e non si era accorto che erano i colori del tramonto.
Giovanni Paonessa si confessa con una lucidità narrativa frutto della letteratura “carbonara” con lo spirito polemico e l’inquietudine esistenziale del Gruppo 63, proprio in queste ore celebrato a Milano come ricordo dell’anticipo di un presunto mondo nuovo. È la stessa letteratura carbonara che produsse quel Nanni Balestrini di Vogliamo tutto, il romanzo racconto che diede voce narrante ad un operaio dell’Ideal Standard nella zona industriale di Salerno. Era la voce di Alfonso Natella mitico personaggio della sinistra salernitana che combinò la sua vita con la lotta operaia. Si racconta Giovanni Paonessa, con l’onesta intellettuale pronta a riconoscere anche lo strabismo della sinistra che ora non mette a fuoco l’ inverno della democrazia.
Paonessa nel libro racconta i primi passi da adolescente che bazzica la biblioteca di Mercato San Severino dove incrocia un cattolico illuminato come l’indimenticabile Gino Noia. Il ragazzo Giovanni abita a Mercato San Severino dove si è trasferito con il padre ferroviere e gli compie gli studi al liceo scientifico Giovanni da Procida nel capoluogo. Ha ancora i pantaloncini all’inglese, un dress code di una moda che segna generazioni di adolescenti prima che indossino jeans e eskimo da rivoluzionari provetti, con in tasca bene in evidenza una copia del quotidiano . A Napoli, Paonessa arriva nel 1972 e partecipa alle lotte dei comitati di quartiere, la militanza nel gruppo de il Manifesto e nel Pdup (irripetibile la creazione della Mensa dei bambini proletari di Montesanto). Diventa sindacalista, rappresenterà gli alimentaristi dell’Agro nocerino sarnese e in provincia di Salerno, con la sinistra della Cisl. È un tempo nel quale il lavoro con i pomodori è ancora lontano dalle interessate celebrazioni enogastronomiche. Nella fabbrica si fanno i conti con sotto salari e anche la camorra che spesso punta alle casse degli industriali garantiti da fondi comunitari e statali. Scrive Paonessa. . Un senso politico onesto trasportato dal pensiero di Rosa Luxemburg che segna tutte le pagine composte con un’etica del sentirsi politicamente parte di una collettività. E’ il salto da individuo a persona allenato non solo da un civile odio di classe contro pochi ma soprattutto dalla scelta di papa Francesco contro la “cultura dello scarto” con l’agire etico e il pensare politico.