Da Fabbri a Spalletti. Miseria e Nobiltà dell’Italia Azzurra - Le Cronache
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Da Fabbri a Spalletti. Miseria e Nobiltà dell’Italia Azzurra

Da Fabbri a Spalletti. Miseria e Nobiltà dell’Italia Azzurra

di Nino Petrone
Inghilterra ‘66. Per dirla con un gigantesco eufemismo, il mio primo Mondiale (primo degli 8 seguiti dagli spalti) andò malaccio per l’Italia. In realtà, quell’episodio richiama alla mente “Bastardi senza gloria”, il celebre film di Tarantino dove, fisicamente e moralmente, non ci sono sopravvissuti. Gli archivi storici lo indicano come il peggior tonfo azzurro di sempre. 1-0 contro la Corea del Nord, gol firmato dal dentista (più esattamente un odontotecnico) Pak Doo Ik, vice capitano di una squadra formata da maniscalchi e studenti che in Italia non avrebbe vinto un torneo di scapoli e ammogliati. Gli si accosta un po’ soltanto la sconfitta per 4-0 ad opera dello Zambia all’Olimpiade dell’88 a Seul (guarda caso, in Corea del Sud). D’accordo, era solo l’Under 21guidata da Francesco Rocca, non la Nazionale maggiore ma sempre scandalo fu e il presidente della Lega Matarrese si precipitò sul posto per gridare “Vi prendo tutti a calci in culo!”. Anni dopo, sul palco di un teatro, in occasione della presentazione di un libro, chiese scusa e abbracciò per tutti Marco Tardelli. Ma torniamo alla Grande Vergogna. Molti la identificano in Edmondo Fabbri, un bravo allenatore di Club assurto al vertice con un consenso popolare pressoché unanime. Ma un c.t. per protocollo è sempre il primo dei colpevoli. Obiezione, Vostro Onore. In quella squadra non c’erano pizzi e fichi, vi giocavano Albertosi, Burgnich, Facchetti e, udite udite, Rivera e Mazzola. E senza per questo voler difendere “Mondino” e il suo vice ed erede Ferruccio Valcareggi, a me pare proprio che sulla cima dei reprobi ci siano i calciatori, ad eccezione di Albertosi, inevitabilmente battuto da quel dannato specialista di molari e canini. Colpevoli, quei giocatori, esattamente come lo furono molti tifosi italiani ed anche alcuni giornalisti al rientro dai Mondiali di Mexico 70 all’aeroporto di Fiumicino. L’Italia in quella occasione sconfisse la Germania 4-3, altra partita passata alla storia: dopo 90’ di noia assoluta i supplementari furono a dir poco pirotecnici e segnò anche Rivera, mortificato da Valcareggi perché relegato in panchina e utilizzato soltanto negli ultimi 6’, ennesimo particolare di quella Spedizione. L’Italia perse la finale contro il Brasile di Pelé 4-1, un risultato che ci stava perché quella del Mito era indiscutibilmente la squadra più forte del pianeta. A Fiumicino gli azzurri avrebbero meritato un’accoglienza con applausi, bandiere e palloncini. E invece, incredibile ma vero, furono inondati di insulti, fischi ,pernacchie e verdura marcia. Eh sì, vergognoso pure questo. Magro il bilancio di Germania 74, eccellente sul piano del gioco il Mondiale di Argentina 78, dove soltanto gli errori di Zoff in semifinale arrestarono bruscamente l’elegante marcia verso la finalissima. Lo stesso Bearzot ha sempre sostenuto, persino dopo il Mundial 82, che la sua nazionale più bella era stata quella del ‘78, quando Passarella e compagni batterono l’Olanda di Crujiff col contributo di Gonella “suggerito” dai potente Artemio Franchi, il presidente più grande che abbia mai avuto la Federcalcio. Sul trionfo dell’82 sorvolo perchè si sa di tutto e di più, anche che Franchi alla Fifa era anche il boss del Settore Arbitri, per cui a Gentile furono risparmiate le espulsioni che avrebbe ampiamente meritato quando massacrava Zico e Maradona. Absit iniuria verbis… Quattro anni dopo a Messico 86, andò malissimo, causa il tenero cuore di Bearzot, che per pura gratitudine schierò molti eroi dell’82 ormai vecchi e stanchi. Ci sta, l’Uomo era così. Italia 90, più che per l’ottimo il risultato, è ricordata per la bella canzone “Un’estate italiana” di Giorgio Moroder, Gianna Nannini e Edoardo Bennato. Gli azzurri di Azeglio Vicini si classificarono al terzo posto. A vincere fu la Germania che sconfisse l’Argentina 1-0 tra i fischi dell’Olimpico a Maradona. A Usa 94 accadde qualcosa di simile. A fare rumore non fu tanto il successo del Brasile sull’Italia di Arrigo Sacchi 3-2 quanto i rigori sbagliati da Baresi, Massaro e, decisivo, da Roberto Baggio. Negli archivi prevalgono le foto di Baresi e Baggio in lacrime consolati dal capo delegazione Raffaele Ranucci. Nulla di rilevante da segnalare fino al 2006, quando a Berlino l’Italia, che per la verità era avanzata grazie ad una buona dose di fortuna e di favorevoli errori arbitrali, vinse il Mondiale ai rigori 5-3. Clamorosa la decisione del c.t. Claudio Lippi che affidó l’ultimo penalty al difensore Fabio Grosso che non ne aveva mai calciato uno in vita sua. La gestione Mancini a cavallo del 2020 fu tra le peggiori della storia. Con molta fortuna quell’Italia vinse un Europeo ma fallì due qualificazioni. Ciò nonostante fu confermato ma presto s’inventò un mancato impegno della Federazione e si traferì in Arabia Saudita, dove tuttora allena la Nazionale senza azzeccarne una. Che volete che sia, un pozzo di petrolio buttato al vento… Ed eccoci a Spalletti. Il grande toscanaccio, dopo aver vinto lo scudetto a Napoli, si prese un anno di sabbatico. Forse era sincero quando disse che aveva una figlia piccola e se la voleva godere nella sua splendida tenuta in campagna con molti animali, anche esotici. Ma quando la Federcalcio gli propose di allenare la Nazionale addio sabatico. Molti sostengono che c’era già un accordo dai tempi del Napoli. La verità non è ufficialmente consacrata ma dev’essere proprio questa, approvata e sottoscritta all’unanimità. Facile l’esordio contro la debole Croazia,5-2. Pragmatico, da orologeria, lo 0-0 con l’Ucraina.
Sembrava facile ma non lo era. Spalletti c’è riuscito con coraggio, pazienza e scelte azzerare, navigando tra dieci indisponibili e un gruppo di giocatori dove la parola fuoriclasse è una bestemmia. Il campionato è troppo zeppo di stranieri perché si possa allestire una rappresentativa di buon livello. La sospirata qualificazione agli Europei 24 è arrivata ma non sarà agevole procedere con quel poco che passa il Convento. Orate frates. Augh.