La rivincita di Rofrano: da paese più povero ad iniziative da record - Le Cronache
Provincia

La rivincita di Rofrano: da paese più povero ad iniziative da record

La rivincita di Rofrano: da paese più povero ad iniziative da record

di Oreste Mottola
Rofrano, 2189 abitanti (ma più di cinquemila nel secondo dopoguerra) è al centro del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. Per la prestigiosa rivista “Airone”, è tra i 10 paesi d’Italia dove sono di casa la buona qualità della vita, l’ospitalità e la cura dell’ambiente. E’ una delle rivincite di Rofrano, che uno studio del 1954, dell’istituto italiano della nutrizione, additò come il paese più povero d’Italia. La metà delle famiglie – affermò quell’inchiesta – viveva con un reddito inferiore a 100.000 lire pro capite, il 79% non aveva servizi igienici ed un bambino su 20 moriva durante il suo primo anno di vita. Nel 1954 Virgilio Tosi, sull’argomento, girò un film documentario: “Inchiesta alimentare a Rofrano” basato proprio sulla ricerca del professore Visco. Questo marchio ai rofranesi non è mai andato giù. “Eravamo messi come più o meno gran parte dei paesi meridionali”, racconta Mimmo Pandolfo, impiegato ed agronomo, animatore del G.e.t, gruppo escursionistico trekking di “cultinatura”. In pochi anni a Rofrano sono arrivati oltre 3500 turisti di fascia alta, tutta gente che va oltre il mare, rispetta i costumi locali, spende per comprare i prodotti tipici. A Rofrano il turista non è un cliente come in altre parti del Cilento. L’ospitalità è naturale. Può godere di una valle ricca di boschi verdi, fiumi, grotte, montagne. Dallo spulcio di un bollettino parrocchiale della fine degli anni Ottanta si rileva un curioso elenco di soprannomi: Panico, compagno, Stalin, ministro, stizzo, vozzone, cattivo, hè-hè, spaccone, milordo, cipeppo, ecc., che vengono ufficialmente aggiunti ai cognomi sulla più solenne pubblicazione locale che raggiunge l’Australia, il Brasile, gli Stati Uniti e tutta Italia, i luoghi dove c’è la grande diaspora rofranese. Verso la fine del Novento fu avviata anche una politica di rafforzamento demografico basata su di un premio di 500 euro ad ogni famiglia dove c’è un fiocco all’uscio. Il paese è stato uno dei primi in Italia ad avviare l’iniziativa, ora è copiato un pò da tutti.
Il paese è silenzioso, immerso nella natura di oltre 6 mila ettari di bosco. Le leggende possono correre veloci. Nel 1988 da queste parti avvistano un vero e proprio extraterrestre: è alto più di due metri, ha la pelle di serpente. Un contadino lo vede e fugge terrorizzato. Va ad avvertire i carabinieri. Vero o falso? Potenza della suggestione collettiva e l’avvistamento non è fatto solo a Rofrano: anche a Castel Ruggero, S. Giovanni a Piro, Bosco, Celle di Bulgheria e Roccagloriosa. A fondare Rofrano furono i monaci basiliani, “i primi cappellani militari della storia”, e dalla tradizione greca prendono i nomi le tre parrocchie rofranesi. Lo storico locale Ronsini parla di “vestigia di greco nel dialetto” e come, fino al Seicento, “i preti continuavano ad offrire a l’uso greco una sol ostia grande per poi spezzarla e distribuirla tra il sacrificante e il popolo”. Paestum, Velia e Rofrano, le comuni radici mediterranee del Cilento emergono sempre. Lo testimonia, anche a Rofrano, una statua della Madonna con bambino, che attinge al culto pestano di Hera Argiva, la madre che nutre il bambino e si prodiga per la sua crescita. E c’è poi “il castagno dei monaci”, consiste nell’affumicare le castagne su apposite grate di canna, così si ammorbidiscono e possono essere consumate in tutti i periodi dell’anno. Curiosa è la tradizione locale delle “cinte”, veri e propri castelli multicolori di cera, simili ma non uguali alle “cente”, dove l’elemento rappresentato è la barca. Nessuno mette in discussione il fatto che al centro della tradizione gastronomica rofranese ci sia il caciocavallo. Diversi allevamenti allo stato brado forniscono la materia prima: il latte. Diverso è il discorso dei castagneti. Il Comune ha avviato già un progetto per la riconversione verso la castanicoltura produttiva. Si tratta d’innestare le piante. In collaborazione con la comunità montana del Lambro e Mingardo si stanno creando, con appositi corsi di formazione professionale, i potatori e gli innestatori per trasformare il castagno in risorsa economica, non solo una particolarità del paesaggio. “Assegneremo ai privati i nuovi impianti”, promette il sindaco. Grazie a questo progetto 10 giovani hanno trovato lavoro nel loro paese. L’amministrazione comunale ha fatto un ottimo lavoro anche con la gestione dei servizi municipali: il fiore all’occhiello sono i 62 anziani assistiti a domicilio e i disabili che lavorano nella cooperativa sociale. Per arrestare la spinta allo spopolamento l’imperativo è dare occasioni di lavoro alle donne. Solo così cresce il numero di nuove famiglie giovani che restano in paese e non scappano. Sono più di trenta le imprese edili di Rofrano, moltissime per un paese di poco più di 2mila abitanti. Qualcuna di loro supera la dimensione familiare. Intorno a quest’attività si è creato un circolo virtuoso, una vera e propria specializzazione che investe un’intera comunità. Un vero e proprio distretto industriale. Un’altra ancora, l’ennesima rivincita su quell’inchiesta del 1954 che voleva Rofrano come paradigma dell’inferno meridionale.