Antonio Senatore e le percussioni dell’anima. Alle 16 i funerali a Vietri - Le Cronache
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Antonio Senatore e le percussioni dell’anima. Alle 16 i funerali a Vietri

Antonio Senatore e le percussioni dell’anima. Alle 16 i funerali a Vietri

di Olga Chieffi
E’ giunto il momento di salutare Antonio Senatore, vittima di una fatalità, sabato sera, sul suo “cavallo” d’acciaio, il motorino, simbolo dell’autonomia, della libertà, dei suoi diciotto anni. Abbiamo parlato tanto con i maestri di Antonio, allievo della quinta A del liceo Musicale AlfanoI e del III anno del magistero di percussioni del Conservatorio “Giuseppe Martucci”, un dolore senza confini, rabbia e lacrime, da ieri mattina, quando una fiumana umana, viva, un’alchimia di armonia e di forza, di emozioni, resa più potente dalla pathicità del momento è entrata in scuola, al ritmo dei tamburi. Lì ad attendere i compagni di Antonio il dirigente scolastico Elisabetta Barone, per un difficile commiato. E’ difficile “dire” in taluni momenti. La prima grande virtù dell’uomo è la verità (secondo alcuni filologi deriva dalla radice iranica ver che significa fiducia, realtà). Se noi riusciamo ad agire in modo da suscitare la fiducia degli altri, e al tempo stesso ad avere fiducia negli altri, come il pescivendolo che a Napoli afferma che la vongola è verace, scrive il maestro Aldo Masullo, ovvero che rappresenta la vera e onesta vongola e lo fa dire a lei stessa, forse potremo risollevarci dalla nostra condizione che sta cedendo al Nulla. L’ invito è a rompere il guscio d’isolamento, che non è materiale, ma una volontaria reclusione dell’io. Per uscire da questo guscio lo si può fare vivendo intensamente questi momenti, lo si può fare con la musica, lo si può fare con le percussioni dell’anima simbolo incontrastato del segno iridescente della musica, dal significato implicito, ma mai convenzionalmente fissato: il suo riferimento mai esplicito e predeterminato, offerto da una serie innumerevoli di timbri e suoni, la cui caratteristica era l’espressività, l’incanto, emozione, vertigine, eros, musica vissuta e suonata agli estremi, senza via intermedie, come ha suonato e si accingeva a vivere Antonio Senatore. Il ritmo e l’energia dei tamburi l’ hanno ricreata ieri mattina Maestri e allievi evocando la sua figura e il solare spirito positivo del suo sentire, naturale conseguenza di quella spontanea disponibilità umana che Antonio ha sempre mostrato con tutti. Ieri in aula magna, i Maestri Paolo Cimmino e Rosario Barbarulo, attraverso alcuni ostinati e concludendo con una composizione del maestro napoletano, “Omaggio al ritmo” ieri trasformata in “Omaggio alla vita”, seguita dal silenzio dei trombettisti, e da alcuni cori della Salernitana che maggiormente gli piacevano, si è celebrato Antonio nella sua scuola. Il suo Maestro, Rosario Barbarulo, lo ha atteso in aula per le 13, la prima lezione per pianificare l’anno, per parlare della amatissima salernitana, per una redarguita e magari anche uno scappellotto, poiché se in aula non si ha nulla da raccontare quando si esce, non è avvenuto nulla. Nel pomeriggio di ieri, invece, i suoi maestri Rosario Barbarulo, Antonio Palmieri e Gerardo Avossa Sapere, con i familiari, il padre Alfonso e la madre Francesca, sono andati “a riprendersi” Antonio a Cava de’ Tirreni, per riportarlo a Vietri, un impegno concreto che permette di dare una sorta di ordine anche al proprio dolore e di incanalarlo in modo positivo e fattivo, un viaggio nel nostro particolare sentire, un viaggio dentro se stessi, il cui racconto ci fa toccare con mano che la Campania vive di quei luoghi rischiosi della comunicazione con il sotterraneo, la scena dove ciò che è morto, può all’improvviso rivivere, minaccioso o benefico, l’arcaico e il presente, l’immaginario e il reale, in uno psicodramma che, nei secoli, è riuscito a penetrare la cultura e il suolo, con il suo culto dei santi e dei defunti, il suo Cristo eternamente sanguinante e agonizzante, la sua ossessione dello sguardo malefico e delle fatture, la sua vertigine degli oracoli, dei sogni e della Sorte. Il nostro Meridione è “la terre des morts”, e noi che abbiamo un rapporto privilegiato con l’aldilà, ci ritroviamo in un luogo di scambio, dove parla da sempre e più intensamente l’inconscio nella sua nudità più crudele, esibita, rassicurante e confortata. Fino alle 16 di oggi questo luogo sarà la Congrega dell’Arciconfraternita della SS.ma Annunziata e del SS.mo Rosario di Vietri, poi di lì la celebrazione dei funerali in San Giovanni. Nella bara di Antonio, gli oggetti più cari, una tradizione che ci ripete che siamo figli dei Greci, la divisa della banda di Vietri dove ha approcciato il mondo della musica con il Maestro Ronca, bacchette e tanta musica, per continuare a studiare portate dai maestri del Liceo Alfano, la maglia, la sciarpa e la bandiera della Salernitana, per continuare a sostenere la squadra granata da una postazione speciale. In chiesa lo attenderà una celebrazione speciale con tutti i suoi compagni dentro e fuori del luogo sacro. Già pronta la scaletta per la liturgia: Eccomi, il Kyrie eleison di Taizè, Alleluja di Marco Frisina, il tema Dolce Sentire dal Francesco di Franco Zeffirelli, Santo e Agnus Dei ancora di Marco Frisina, il Panis Angelicus, diverse pagine strumentali e l’Io risorgerò per la Benedizione della salma. Quindi l’omaggio ad Antonio di Gerardo Avossa Sapere per rullanti scordati, timpano e grancassa su di un testo che assicura che in ogni bacchetta o tampone in azione ci sarà lui per continuare a far musica tutti insieme.
Aveva ragione Achille Campanile, nello scrivere nei suoi “Scritti Stravaganti” che seguendo una banda si può arrivare dappertutto, anche in Paradiso. Oggi fuori dalla chiesa ci sarà la banda di Vietri guidata da Aniello Ronca, gli amici “bandi(s)ti”, come ci piace scherzosamente chiamarli: una comunità strana, quella della banda che vive unicamente l’Istante, muove platonicamente da lì, attanagliata da emozioni, passioni, colori, una comunità alla quale si appartiene misteriosamente per sempre, anche quando si scelgono altre strade, e nella quale si cerca, in un modo o in un altro, sempre di convergere, nel tempo libero. Niente marce funebri, passi gravi e tonalità minori, ma le sue marce sinfoniche preferite “Cuore abruzzese” di Giovanni Orsomando e “4 maggio” di Fulvio Creux. La golden hour, illuminerà il lungo corteo, i familiari, infiniti amici, l’attesa, gli strumenti, pari al Suo sorriso.