di Antonio Manzo
Non è il caso di scomodare l’intelligente poliziotto Campagna, inventato dalla fantasia dello scrittore Massimo Carlotto, per scoprire che la nobildonna campagnese donna Lavinia Cervone morta nel 1886 si starà rivoltando nella tomba, incredula sia pure accolta nelle braccia di Dio. A vedere quel che accade a Campagna in queste ore sarebbe legittimo chiedersi se Lavinia Cervone rifarebbe i testamenti per aprire nella sua città natale e con soldi propri un orfanotrofio che avrebbe ospitato dieci orfanelle educate dalle suore Vincenziane della Carità. Oggi 136 anni dopo scomparirà a Campagna il nome della donatrice di un istituto di beneficenza e la stessa casa di riposo dopo essere già stata chiusa l’attività della secolare istituzione per decidere di far posto ad una anonima casa appartamento. L’atto di morte è stato pronunciato da una delibera del consiglio di amministrazione della Fondazione Lavinia Cervone presieduto da Gerardo Falcone, e composto da Carmine Granito, Anna Marra, non presente fisicamente ma consultata telefonicamente, da Marcello Naimoli e dal parroco della cattedrale di Campagna don Carlo Magna. Siamo nell’ottobre 2022 e il presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione Lavinia Cervone viene raggiunto da una presunta buona notizia: il piano di zona che fa capo ad Eboli e non riesce ad aprire una casa del pellegrino costati svariati finanziamenti regionali oltre a criticità gestionali, è pronta per Campagna a chiedere l’autorizzazione e l’accreditamento per costituire nei locali dell’istituto ormai “ucciso” una casa appartamento, indefinita, per la gestione delle fasce deboli. Così Eboli munifica e solidale che non riesce a far funzionare i suoi servizi sociali vuole aprire una casa appartamento con il sospetto del fine speculativo ammantato da una lacrimevole solidarietà civile. La Fondazione raccoglie l’invito di Eboli. “Siamo pronti alla casa appartamento”. Non si sa a servizio di chi né per che cosa. La Fondazione non ha cessato di esistere come persona giuridica ma ha chiuso i servizi che offriva fino al 2006 con un consiglio tuttora in carica e probabilmente con relativi gettoni di presenza. Al Cda arriva la notizia della generosa solidarietà dei cugini ebolitani, guidati ad Eboli da Mario Conte e a Campagna da Roberto Monaco all’epoca con la fascia tricolore. La comunicazione è della dottoressa Caputo del Comune di Eboli che ha finalmente deliberato l’autorizzazione e l’accreditamento della fondazione per un livello di assistenza minimo a persone autosufficienti.
I presupposti della cancel culture ci sono tutti. Così si annulla la storia delle comunità e delle strutture di beneficenza costruite con il sacrificio di generazioni.
Al 31 dicembre 2021 a Campagna erano presenti sette ospiti, ne rimasero quattro dopo la morte di due anziani nell’estate 2021 e dopo il trasferimento di un anziano al Campolongo Hospital di Eboli, ospedale privato già al centro di una pagina di dolorosa emergenza nei giorni più acuti del covid. E’ con la partenza delle Suore Vincenziane nel maggio 2006 che si chiude un ciclo glorioso dell’istituto Lavina Cervone durato 117 anni. Per oltre trent’anni aveva dedicato alla struttura la sua passione civile il dottore Carlo Mirra passando attraverso vicende storiche come quella del terremoto del 1980 e la successiva ricostruzione della struttura con il concorso, non solo morale, dell’Ordine di Malta, del Rotary di Battipaglia e di una associazione privata che lanciò su internet anche una sottoscrizione raccogliendo danaro e beni materiali. Maria Pia Fanfani nel dicembre 1980 personalmente visitò l’istituto di Campagna promettendo e concretizzando diversi aiuti economici e istituzionali. Fu proprio Carlo Mirra a pubblicare un prezioso libro sulla storia dell’istituto, presentato a Campagna in occasione del centodiciannovesimo anniversario di vita dell’istituto Cervone con la prefazione dell’allora procuratore della Repubblica di Salerno Corrado Lembo, un campagnese còlto, erudito e autentico nobile per conclamata genìa familiare e storica. E’ un libro tra cronaca e storia, oggi molto ricercato e anche costoso nelle librerie di libri antichi per l’attento racconto sulla vita di una istituzione meridionale di beneficenza innervata nella gloriosa storia della religiosità di Campagna. Che l’istituzione di beneficenza non è più esisteta per l’assenza del prezioso aiuto delle religiose è dato pacifico ma sono state anche le difficoltà economiche, fino al licenziamento di quindici dipendenti. Nella storia lunga e tormentata della istituzione, al di là della pregevole dell’opera ultratrentennale di Carlo Mirra c’è stato un lungo avvicendamento in consiglio di amministrazione composto da benemeriti campagnesi come ad esempio il direttore didattico Gerardo Sedan, ebolitano naturalizzato, che ha ricoperto il ruolo in cda per diversi anni compreso quello per un breve periodo di presidenza. Il ruolo di Sedan fu anch’esso decisivo per il rapporto costante dello stesso Sedan con il parroco della cattedrale don Carlo Magna.
Ma il silenzio di questi giorni a Campagna, a partire dalla vicenda ancora oscura del futuro del santuario della Madonna di Avigliano, fa rumore più delle parole non dette da presunti rivoluzionari diventati piccoli borghesi. Così rischia di passare sotto silenzio un affare immobiliare concluso in silenzio negli anni di difficoltà finanziaria dell’istituto. A giugno 2008 con l’istituto Cervone già chiuso, la Regione Campania autorizza la vendita di beni immobili di proprietà della fondazione stessa per lavori di adeguamento della struttura previsti del costo preventivato di 161 mila euro con progetto dell’ingegnere Vincenzo Glielmi. La Regione dice sì al presidente dell’epoca, avvocato Michele Trotta, e in cda approva l’alienazione di un appartamento e due locali in via dei Normanni. I soldi servono, la Regione ha dato due anni di tempo per adeguare la struttura alle prescrizioni di legge. Allora si svende per 154 mila euro il bene della fondazione, una somma quasi equivalente al progetto dell’ingegnere Glielmi. Il cda vota sì con tre voti a favore: il presidente Trotta, suor Maria Rosaria Matranga e Fortunato Iorio. Assenti don Felice Renzullo e Giancarlo D’Ambrosio. Un bene immobile dell’istituto svenduto nel centro storico di Campagna, un prezzo uguale a quello preventivato dall’ingegnere per i lavori di adeguamento strutturale. Un riscontro al racconto della sciatteria che governa istituzioni ecclesiali di storica beneficenza come il caso di Salerno del Conservatario Montevergine finito a poco prezzo nelle mani di una immobiliare cavese o come quel bene di un istituto religioso abbandonato in un paesino del Salernitano, chiuso da decenni per assenza delle suore, sarà destinatario di un intervento di solidarietà mentre a duecento metri una moderna struttura sociale è scandalosamente inutilizzata. E’, forse, il prezzo collettivo che dovremo pagare al depauperamento delle vocazioni e al calo della religiosità per vedere l’immenso patrimonio artistico delle Chiese italiane e dei conventi disabitati finire nelle mani di privati (per fortuna non ci sono ancora kebab in artistiche chiese abbandonate).