Secondo appuntamento questa sera, nella chiesa di San Benedetto, alle ore 21, col Settembre in Musica del teatro Verdi di Salerno. La dedica dei dodici strumentisti sarà per il cornista GiovanBattista Cutolo
Di Olga Chieffi
Digressioni mandolinistiche con custodia di contrabbasso, questa sera nella Chiesa di San Benedetto, dove, alle ore 21, si accenderanno i riflettori sulla Napoli Mandolin Orchestra, diretta dal Maestro Mauro Squillante. Troppo frequentemente si associa il mandolino a un’immagine folkloristica e popolare della città di Napoli, depauperandolo del suo alto valore musicale. La nascita di questo strumento è risalente al XVII secolo. All’epoca i plettri erano molto decorati, particolarmente intarsiati, con filamenti in avorio. Il manico era molto lungo, anch’esso realizzato nel dettaglio. Il materiale pregiato utilizzato per la costruzione di tutto lo strumento era la tartaruga e la madreperla, tutti decorati intorno al ponticello, strumento amato dalle dame di corte di tutta Europa, con i nostri mandolinisti che ne diventavano maestri, e dalla Regina Margherita che era una dilettante di questo strumento e il liutaio Vinaccia costruì per lei un mandolino di rara bellezza. Uno strumento, questo, il cui timbro ha suscitato l’interesse dei grandi autori classici, per il suo timbro particolare, a partire da Mozart, che lo usa nella serenata del Don Giovanni, Verdi, nel coro del secondo atto dell’ Otello, “Dove guardi splendono raggi”, e ancora G. F. Haendel nel suo oratorio Alexander Balus, Antonio Vivaldi con il suo delicato Concerto per mandolino e orchestra, ma anche Beethoven che dedicò a questo strumento due Sonatine Adagio e Andante con variazioni in duo col pianoforte, Mahler che lo impiega nella VII Sinfonia e ancora il Sammartini, Paisiello, nel suo Barbiere di Siviglia o Igor Stravinskij nel suo balletto Agon. La serata principierà con la Sinfonia in Sol maggiore di Carlo Cecere che rivela la scrittura tecnicamente impegnativa del violinista, mandolinista e compositore napoletano, che crea le più svariate nuance di timbro e dinamica, con eccezionale agilità e sfumature dinamiche. Seguirà il terzo dei dodici concerti grossi After Domenico Scarlatti, di Charles Avison è considerato figura di spicco nell’ambito del Concerto Grosso, in cui sembra coesistere, da un lato, il gusto per le nuove tendenze, dall’altro, l’interesse a tenere vive certe prassi musicali nate nei due secoli precedenti, fino ai primi anni del Settecento. Avison rimase sempre legato a Newcastle, sua città d’origine e sue incursioni a Londra risultano relativamente sporadiche, soprattutto negli anni della maturità, ma è comunque piuttosto verosimile la notizia che il grande violinista Francesco Geminiani fu suo maestro, proprio a Londra, presumibilmente durante gli anni trenta del secolo; grazie a lui lo stile di Avison avrebbe preso forma dai modelli corelliani più autentici, filtrati dalla tipica duttilità melodica che il maestro lucchese seppe infondere al genere. Si passerà, quindi, ai Mandolini all’Opera, con una fantasia sui temi de’ La Traviata di Giuseppe Verdi firmata da Enrico Marucelli che non è altro che il blues di Violetta schizzato in questo mood, passando per la Violetta Champagne del I atto, il brindisi, l’aria e cavatina “Follie, Follie” e “Sempre libera degg’io”, di “Provenza il mare, il suol”, l’ “Addio del passato”, l’addio alla vita, quindi il ritorno ad essa con le danze, passando dall’agitazione, la falsa quiete, la tristezza e il subitaneo erompere della passione. Ed ecco che si capirà anche come Carmen, attraverso la Fantasia di Vincenzo Billi, contenga nelle sue viscere il segreto di una fascinazione sghemba e di una carica eversiva non facilmente assimilabili, la visceralità ed esotismo della musica, con il suo ritmo di libertà e morte. Canta Napoli con gli “Echi di Frisio” di Giuseppe Bellenghi, nella revisione di Lorenzo Marino, in cui sono stati proposti alcuni celebri motivi partenopei, da Fenesta ca lucive, a Sul mare luccica, sino a Ie te voglio bene assaje. Si passerà quindi alla Danza di Pulcinella che ci descrive lo stesso compositore Vittoriano Di Grazia “una tarantella ispirata alla figura di Pulcinella, non al solito Pulcinella stereotipato, irridente e sbeffeggiatore, che si prende gioco di tutti, ma ad un Pulcinella che “danza”, danza per la sua città, un Pulcinella innamorato, innamorato della sua Napoli, e che si lancia in un vortice inebriante al ritmo di tarantella. Ad un certo punto, tutto si placa, e come per magia una melodia da lontano al suono dei mandolini, come una dolce nenia si leva nell’aria…PulcInella adagiandosi sulle dolci note, stanco e trasognato, sta quasi per addormentarsi, ma subito la danza lo ridesta e lo trascina con sé”. Seguirà una Mazurka titolata Seduzione e Tarantella di un salernitano, il Bartolomeo Cataldo emigrante ai primi del ‘900. Finale con un Souvenir de Sorrento di Josef Silvestri, sigillo ad una memoria sonora collettiva con il vigore ritmico e l’aggressività espressiva che sa trasformarsi in danza, nella eterna sfida del popolo partenopeo alla vita.