Eboli. Lottizzazione abusiva al Prato: un silenzio lungo 8 mesi, indagini a rischio - Le Cronache
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Eboli. Lottizzazione abusiva al Prato: un silenzio lungo 8 mesi, indagini a rischio

Eboli. Lottizzazione abusiva al Prato: un silenzio lungo 8 mesi, indagini a rischio

di PEPPE RINALDI

Il disastro l’ha combinato l’amministrazione precedente, su questo non ci piove. Ora, però, la nuova rischia di moltiplicarlo intestandosi non solo una pessima figura ma anche presumibili rogne giudiziarie. Il tema, racchiuso in banali domande, è questo: cosa fa, come si muove, in che modo agisce il potere politico-istituzionale locale nei confronti di manifesti, ancorché presunti, casi di abusivismo edilizio? A quanto sembra di capire, pure questa amministrazione menerebbe il can per l’aia. Forse sta riflettendo, forse no, forse pensa ad altro, chissà.

Spieghiamo: lo scorso anno la procura della repubblica di Salerno, finalmente guidata da un capo che, pur tra mille difficoltà operative, non deve preoccuparsi della propria carriera politica né di quella di suoi congiunti (in quest’inciso ballano circa 10 anni di amministrazione giudiziaria…), ha iniziato ad indagare per un’ipotesi di lottizzazione abusiva di una nota area rurale ebolitana, il Prato. Il procedimento penale è il 10415/22. Di cosa si tratta? Semplice: una platea indistinta e trasversale di cittadini possedeva, oppure ha comprato per la bisogna, un terreno in una zona a destinazione agricola secondo le norme vigenti. Su quei lotti sono progressivamente spuntate case e casette, ville e villette, certune orribili sotto il profilo estetico – ma i gusti non sono disputabili –  altre perfino con piscina, un pugno è stato realizzato con danaro frutto di usura, estorsione e molto altro come le cronache giudiziarie degli ultimi anni raccontano. Ciascuna di quelle nuove abitazioni è (sarebbe) formalmente in regola dal punto di vista della legittimità dei titoli edilizi, nella sostanza, invece, tutte covano un consistente problema di natura penale in primo luogo e, a cascata, di natura amministrativa, fiscale, finanziaria, familiare, forse esistenziale: cioè le case, considerate nel loro insieme e non singolarmente, andrebbero a configurare la fattispecie della lottizzazione abusiva, prevista dall’articolo 30 della legge 380/01, lo strumento fondamentale che regola la materia urbanistica italiana. In parole povere: una sola casa, a sé stante, è o sarebbe regolare; al contrario, valutate tutte insieme stravolgono la destinazione urbanistica di un’area modificandone la natura attraverso escamotage e procedure che non a caso il legislatore ha inteso punire. Se si fa un giro in quell’area ci si renderà conto di ciò che ha “autorizzato” il Comune di Eboli. Ma come è stato (sarebbe stato) possibile tutto questo? Premesso che non si tratta di un’esclusiva ebolitana, tutto è nato all’indomani dell’emanazione della legge regionale sul cosiddetto “Piano casa”, cioè la possibilità concessa dalla norma, in certi casi e a condizioni date, di aumentare la volumetria degli immobili in base a criteri percentuali che ora è inutile indicare, contano il senso e il concetto di fondo. Ma, come spesso accade, ci si prende il dito con tutta la mano: a Eboli hanno azzannato l’intero braccio. Infatti, una pattuglia di furbetti si sarebbe data da fare con ingegneri, tecnici, geometri e, soprattutto, con atti notarili ora di acquisto, ora di vendita, ora di frazionamento dei lotti in vista di future cessioni onerose già assicurate, sapendo di poter contare sul meccanismo ambiguo, a valle del quale tutti potrebbero dire un giorno che «…il Comune ci ha dato il permesso, abbiamo pure pagato fior di quattrini per oneri vari, noi che c’entriamo?…», un ritornello che i magistrati conoscono bene e che, ovviamente, non salverà nessuno ove mai si andasse fino in fondo. Dunque, oggi una prima casa, domani una seconda, poi una terza, alla fine si finisce col ritrovarsi con un nuovo agglomerato urbano in un posto nel quale oltre a coltivare pomodori, fragole o rucola non si può. Invece gli autori, genericamente beneficiari di questa operazione da una parte e dall’altra, sono più intelligenti degli altri e lo hanno fatto lo stesso. Applausi.

Ma come sarebbe stato possibile fare ciò senza che l’ente locale intervenisse? Ecco, la domanda andrebbe riformulata in questo modo: chi guidava l’amministrazione comunale quando questa storia ha preso l’avvio? Sì, indovinato: era l’ex primo cittadino Massimo Cariello, un nome, una garanzia. Si dirà: ma un sindaco mica può ingerirsi in queste cose, ci sono gli uffici comunali, la vigilanza della polizia urbana a garantire la collettività e il rispetto della legge con i dirigenti, i funzionari e i dipendenti tutti, la politica si limita al solo indirizzo. Come no, s’è visto.

Arriviamo ora alla situazione attuale. E’ cambiato il sindaco, abissalmente distante dal precedessore – almeno fino a questo momento – già per come parla e si presenta in pubblico, ma i musicisti dell’orchestra sono cambiati poco o solo nominalmente, mentre in alcuni casi addirittura sono stati pescati nell’acquario dell’ex primo cittadino e sistemati in qualche scomparto del proscenio.

A giudicare da come il potere locale si sta rapportando con questo problema della presunta lottizzazione abusiva al Prato, le cose non starebbero prendendo una buona piega, almeno così si è indotti a pensare se si considera che dagli atti giudiziari emerge che da otto mesi i vigili urbani di Eboli attendono l’esito delle verifiche tecniche chieste per ragioni d’indagine al settore Edilizia e Urbanistica, quello che rientra nelle competenze dell’assessore Salvatore Marisei. Vero è che Conte appare continuamente distratto dalle paturnie di esimi statisti del Consiglio, salvo trovarsi poi accerchiato da ordinari mendicanti, ma otto mesi per rispondere ai vigili urbani su una vicenda di tale delicatezza sono oggettivamente tanti, troppi, quasi una presa in giro per gli inquirenti, peraltro delegati dalla magistratura a far luce. La richiesta è stata inoltrata al pm titolare del fascicolo e diretta all’ufficio comunale non solo otto mesi fa ma anche una seconda volta, agli inizi dell’estate. Risultato? Zero, tutti muti, hanno perso le parole, eppure le avevano qui solo un attimo fa, come recita una vecchia canzone. Il che è foriero di problemi, come lo sarà l’analogo atteggiamento assunto sul caso del centro commerciale allo svincolo dell’A3 di cui questo giornale s’è occupato sin dal 14 luglio scorso, senza ottenere, a propria volta, alcuna risposta nonostante gli impegni pubblici presi da sindaco, vice sindaco e assessore al ramo. Piccolo aggiornamento: Cronache ha chiesto per la terza volta all’ente di sapere se quella costruzione sia legittima o meno, lo ha fatto rivolgendosi in maniera formale sia a Marisei che a Conte; il primo non ha neppure risposto, il secondo ha invece replicato con un generico “Ok”, da intendersi forse come un «ti farò sapere» – ma questo già ci era stato detto oltre un mese fa –  e, a tutt’oggi, dopo quasi 40 giorni (le ferie non significano né giustificano nulla in casi del genere) dalla pubblica “denuncia” giornalistica, non si capisce come stiano le cose. O forse sì. Eppure si tratta di sapere se una cosa sia bianca o nera, altro non interessa al cronista e al giornale che, in teoria, potrebbero pure aver preso fischi per fiaschi, ma certo non ci vuole una laurea al Mit di Boston in ingegneria astrofisica per dipanare la matassa. Come vedremo prossimamente, con tali premesse di apparente semplice indolenza da parte di chi oggi governa la città, è lecito immaginare un capitolo nuovo, sul piano della cronaca giudiziaria, per questa stravagante faccenda di una struttura enorme spuntata a ridosso dell’autostrada e a valle di una procedura opaca sin dall’inizio delle manovre presso il tribunale fallimentare. Una costruzione che, si ripete, per diversi anni non è stata notata da carabinieri, Gdf, vigili urbani, ex Forestale, Ps, dei media manco a parlarne, insomma da nessuno, nonostante fosse ultra visibile e nonostante la baldanza di una marea di sfaccendati in perenne indignazione social: risulta, al tempo stesso, negli atti che qualcuno tempo fa fece un esposto, ovviamente anonimo, sulla vicenda e che la procura iniziò a scavare scrivendo al Comune di Eboli per avere chiarimenti ma – e qui il problema si moltiplica o si moltiplicherà – venne poi indotta a fermarsi perché dall’ente giunse una risposta rassicurante, una sorta di «tutto ok» con tanto di bollo comunale sottoscritto da uno degli impiegati risultato essere in seguito tra quelli travolti dal ciclone giudiziario che spazzò via Cariello. Coincidenze.

Tornando alla notizia centrale di questa articolessa, cos’è che vogliono sapere i vigili dall’ufficio Edilizia e Urbanistica? In pratica si chiede se, oltre alle case già sequestrate dal pm Guglielmotti (le unità allo stato sigillate sono sei, ne resta un’altra decina circa) le altre realizzate nell’area con il medesimo sistema si trovino nella stessa condizione di presunta illegalità. Perché non lo faccia o ci metta tanto tempo autorizza a pensare qualunque cosa: a meno che non sia «…morta la nonna, anzi no, la mamma, c’è stato il terremoto, abbiamo avuto la febbre gialla, è scoppiata una bomba H…» come recitavano le esilaranti scuse accampate dal mitico John Belushi nel film Blues Brothers per sfuggire alla furia di una fidanzata abbandonata sull’altare. Far passare il tempo senza rispondere implica, giocoforza, che le indagini possano perdere o rallentare il proprio effetto. Non migliora le cose, infine, l’aver fatto filtrare la notizia (falsa) di un’imminente sostituzione del comandante della Pu, il maggiore Mario Dura che, insieme al “mastino” Giovanni Cannoniero (l’ingegnere comunale in comprensibile fuga, forse, verso altri lidi), è stato autore del tentativo di ripristino della legge su un’area deturpata dalla rapacità di quel tempo. Solo chi non sa come giri un certo mondo stenterebbe ad afferrare il senso del “pizzino” lasciato in giro.

Ha, quindi, tutte le ragioni un noto imprenditore locale finito nella tagliola del lottizzazione del Prato quando dice: «Non so se ho sbagliato, se ho commesso un reato: se è così provvederò ad abbattere a mie spese le costruzioni ma, sia chiaro, se lo faccio io dovranno farlo tutti gli altri, altrimenti scatenerò il finimondo».

Si accomodi l’imprenditore, i giornali esistono proprio per raccontare «ciò che non si vuole che gli altri sappiano» (cit.).