L’invasione del cemento in ogni spazio vuoto sta facendo morire Salerno - Le Cronache
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L’invasione del cemento in ogni spazio vuoto sta facendo morire Salerno

L’invasione del cemento in ogni spazio vuoto sta facendo morire Salerno

di Alberto Cuomo
Superando Berlusconi che riteneva di poter raggiungere i 120 anni di vita, De Luca immagina, o si augura, di vivere sino ai 200. L’idea della morte non è presente costantemente solo nei personaggi pubblici, il cui successo conduce insieme all’illusione di poter vivere in eterno e al timore che tutto possa finire in un attimo, ma cammina costantemente con tutti noi. Non tanto o non solo perché, come mostra Martin Heidegger, essa è consustanziale all’essere, al nostro essere-ci, quanto perché, più banalmente, la nostra vita si intreccia continuamente con lei. Secondo il filosofo è proprio la possibilità di morire che ci induce a progettare la vita. Non sperimentiamo la morte ma essa si dà a noi solo come possibilità ed è la consapevolezza di essere gettati nella possibilità a renderci disposti al progetto, a tentare di prevedere le possibilità intendendo la nostra fine come possibilità di non essere più possibili. Oltre la riflessione filosofica, tuttavia, è indubbio che la morte si intrecci fortemente con la nostra vita, sia per i parenti, gli amici, i conoscenti, che vengono meno, quanto anche per i tanti morti che frequentiamo quotidianamente: leggiamo libri scritti da morti, ascoltiamo musica composta e eseguita da morti, guardiamo film diretti da morti nei quali recitano attori morti, contempliamo opere d’arte create da morti, attraversiamo città con edifici costruiti e già abitati da morti. Ma sebbene la morte ci coinvolga tutti, essa non è propriamente una “livella” secondo quanto narra la nota poesia di Totò, e accade così che come tra i vivi ci sono quelli più vivi di altri ci siano anche dei morti che sono più morti degli altri.
Si pensi agli eventi paralleli del Titan e delle barche dei migranti. Certo, nella morte le vittime di entrambe le sciagure sono accomunate. Ma per noi vivi, e anche per i vivi futuri, i miliardari che hanno sfidato le profondità dell’oceano avranno per sempre un nome, magari rivivranno in un film, in un romanzo, mentre i migranti naufragati si confonderanno con i tanti senzanome perduti nelle stesse circostanze. Siamo talmente abituati al contatto con la morte che spesso restiamo indifferenti di fronte ad episodi che la procurano. La guerra, la vendita di droga, il gioco di uno YouTuber, le fabbriche che inquinano l’aria, l’intasamento con il cemento delle città. Si pensi a Salerno. Malgrado la magniloquenza di De Luca che la dice “europea” per vantarne una presunta modernità, la nostra città, senza che sia generalmente avvertito dai salernitani, è invero in uno stato comatoso, tale da far fuggire i giovani e le menti migliori. Basti dire che solo qualche decennio fa Salerno era una città industriale con migliaia di addetti che producevano ricchezza, mentre oggi l’area industriale lo è solamente di nome, pretesto per tenere in piedi un carrozzone amministrativo, il consorzio Asi, che regola solo la costruzione di capannoni, su aree agricole di pregio, espropriate, da utilizzare per attività commerciali.
E qui un ulteriore segno del declino della città, il fiorire di centri commerciali che ha depauperato il commercio tradizionale, quello dei quartieri e del centro dove sorgono ora solo negozi di chincaglierie e bar, ristoranti, paninoteche, secondo investimenti cui si rivolge anche l’interesse della camorra. In realtà si direbbe che non esiste neppure più un centro, neanche in periferia dove, data l’assenza di servizi pubblici, non si sono costituite nuove centralità. Il Centro Storico, a sua volta, dopo l’illusione del concorso per gli edifici-mondo, langue del tutto con i suoi palazzi di pregio e la cinta conventuale lasciati nel degrado. I servizi, persino quelli nuovi, sono carenti.
La stazione marittima ad esempio, è un megasoprammobile maggiormente usato per conferenze e mostre varie che non per l’accoglienza dei turisti. La Cittadella Giudiziaria a sua volta non è che un ammasso di scatoloni con spazi uniformi i quali, apparentemente buoni per tutti gli usi, si rivelano in definitiva poco funzionali. O l’ospedale, giudicato tra i più scadenti del paese, che De Luca vuole costruire nuovo, con spreco di denaro per i tanti inutili ammenicoli che possono vedersi nel progetto di recente presentato, e che invece avrebbe bisogno di medici, infermieri, macchine. O anche il verde pubblico, con il lungomare in parte dimezzato da un cantiere per parcheggi la cui costruzione si sarebbe dovuta concludere in un anno e non oltre i tre anni già trascorsi, con il parco del Mercatello che è divenuto una foresta e la villa comunale dove tutto è abbandonato. Ma infine quanto sta facendo morire Salerno è l’invasione del cemento in ogni spazio vuoto tale da soffocare città e cittadini. E’ recente la notizia della vendita a privati di ciò che resta dell’area dell’ex cementificio ed è probabile che anche in questo caso saranno costruiti palazzoni, così come nell’area prospiciente di via Vinciprova.
Si dirà che i diritti di costruzione servono a tenere vivo il bilancio. E qui un’altra piaga che assilla la città: la cattiva gestione delle risorse pubbliche che conduce alle alte tassazioni previste dall’assessora Adinolfi, più alte che a Roma o Napoli, per spazzatura, irpef comunale, valore delle multe, al fine di finanziare manifestazioni farlocche, come le luci d’artista, Salerno Letteratura, etc. Per questo si può augurare a De Luca di vivere non 200 ma 300 anni, sperando che non gli siano utili per uccidere definitivamente Salerno nell’arricchimento di pochi.