Di Michelangelo Russo
La tanto attesa (ma da chi?) riforma della Giustizia, cavallo di battaglia della destra di bocca buona e pensiero corto, si avvia al traguardo nei giorni di lutto parlamentare, quasi che il calendario fissato da tempo nei lavori del C. d. M. avesse previsto la discussione in seduta comune dei Ministri nelle ore immediatamente postume alla morte del Cavaliere. Così, per dare un segnale più forte alla Nazione! Se fosse così, il Governo porta un po’ sfiga nonostante le migliori intenzioni. Che poi sono altisonanti, ma che in concreto non hanno nulla di quella devastante riforma della Giustizia che voleva fare in Israele Netanyahu, cioè l’imputato di corruzione che voleva cancellare i giudici che dovevano giudicarlo. Ora, idiozie simili in Italia non sono possibili. Non che non ci abbiano provato; ma perché gli è andata male su una strada di questo genere. Fu proprio il compianto Cavaliere Berlusconi, nel 2002, a tentare la sortita di una riforma della competenza territoriale dei giudici, precostituita dalla legge, con una disposizione di deroga a questa norma quando vi fossero sul territorio del Tribunale designato non ben chiare circostanze di “legittimo sospetto ” sulla indipendenza dei giudici, per pressioni ambientali. Nel disegno berlusconiano, questa norma avrebbe impedito che a giudicarlo fossero gli odiatissimi giudici “rossi” milanesi, che non gli avrebbero fatto grazia.
La finalità dilatoria e strumentale di questa “riforma” fu cosi palese e comicamente dissimulata che, per la prima (e unica) volta nella storia l’ Associazione Nazionale Magistrati, che purtroppo da anni non riesce più ad alzare il tono indignato che risuonava un tempo, reagì a tutto volume con il tuono di una risata omerica generale nata dalla rappresentazione teatrale di un’opera scritta dagli stessi magistrati. Si intitolava “il legittimo sospetto” e fu rappresentata a teatro e in televisione sul terzo canale: era un monologo esilarante recitato, dall’’attore e regista Marco Paolini, con tanto di marchio di produzione dell’ Associazione Magistrati.
Tutto sommato, credo che l’iniziativa non fosse dispiaciuta nemmeno al Cavaliere. Portare la politica sul palcoscenico dell’avanspettacolo era, sotto sotto, il vanto e la capacità geniale di Berlusconi. Era il terreno su cui si muoveva da vincente, come un generale sulle colline fuori porta. Non così i suoi ministri, privi di quella certa bonomia che aveva il Cavaliere. Un mese prima dello spettacolo dell’Associazione Magistrati, anche Salerno disse la sua sul “legittimo sospetto”. Una satira sferzante fu rappresentata nel settembre 2002 allo stabilimento balneare “Conchiglia”, proprio sul tema delle riforme e le tribolazioni berlusconiane. Gli attori furono i burattini del teatro di Pulcinella dei fratelli Ferraioli; il pubblico, una platea di giudici entusiasti e divertiti con applausi di dieci minuti. Uno dei più crocifissi fu il Ministro di Grazia e Giustizia, senza nome ma con molti peli, perché, nella finzione scenica, era un babbuino di peluche. Purtroppo l’allora Ministro della Giustizia in carica, l’ingegnere Castelli della lega, credette che il pupazzo volesse riferirsi a lui. E, poiché l’autore di quello spettacolo era il sottoscritto, chi scrive fu mandato a giudizio disciplinare per offesa al Ministro. Il Consiglio superiore mi assolse, reprimendo visibili sorrisetti di divertimento. Berlusconi non disse parola, pur con la risonanza mediatica del fatto. Sapeva campare, lui! Secondo me, anche Nordio sa campare. Questa riforma annunciata con le trombe ha, in realtà, il suono di una trombetta. Il reato di abuso in atto di ufficio è, praticamente, inutile. Le intercettazioni, da tempo, non sono pubblicabili. E la collegialità della cattura in carcere degli imputati ci sarà quando l’organico dei magistrati sarà rafforzato. Per i mali seri della giustizia, denunciati da anni dall’ ANM, poi si vedrà!