di Alberto Cuomo
Cultura? Bellezza? Le opere esposte nella mostra collettiva “Contemporanea. Periferia centro” organizzata nel complesso di San Michele, in verità allestiscono un itinerario d’arte tanto sconnesso da confondere le idee riguardanti la “bellezza” e il suo ruolo invece di offrire linee di interpretazione su cosa possa intendersi oggi per arte, così come si addice a una manifestazione culturale. Del resto il garbuglio delle opere in mostra si annuncia già nel titolo che si offre alla manifestazione. “Contemporanea” infatti fu l’esposizione voluta nel 1974 da Graziella Lonardi, allestita da Achille Bonito Oliva, per l’inaugurazione del grande spazio del parcheggio di villa Borghese a Roma. Anche quella mostra, che tendeva a mettere a confronto le opere di artisti europei e americani, fu un guazzabuglio, determinato forse dal troppo variegato “comitato internazionale” che vedeva insieme personalità eterogenee come Moravia, Cage, Arnheim, Brook, Man Ray, Buckminster Fuller, Guttuso, vale a dire il vecchio della cultura artistica con giovani autori. Ma almeno quella kermesse mise il pubblico in sintonia con le ricerche a quel tempo più attuali nel campo dell’arte, dal “concettuale” su cui si era già soffermato Filiberto Menna, al “minimalismo” o al “comportamentismo”. Nel caso della “Contemporanea” salernitana, invece, alla pur brava Gabriella Taddeo, che ne è la curatrice è stato dato probabilmente solo il compito di scegliere, tra le opere della galleria Barbato di Scafati, quelle di artisti di qualche valore, o almeno noti, e, non essendo certo la raccolta scafatese paragonabile alle collezioni delle fondazioni Rebaudengo o Prada, è venuta fuori una mostra sconclusionata e propriamente di periferia dove trovi insieme l’architetto-scultore di Bracigliano, Ugo Cordasco, tale Loredana Gigliotti mischiati con Cucchi, Giosetta Fioroni, Longobardi, Paladino che per il vero, offrono solo grafiche o lavori minori, cui si aggiunge qualche artista deluchiano, come Enzo Bianco, promosso dall’OpificioCrea che, gestito dall’architetto Enzo Adinolfi, sembra essere a propria volta partecipe del barrnum di De Luca. Ed è il lavoro di Bianco a porsi in primo piano nell’esposizione, ovvero la tavola con la scritta dipinta, in quattro lingue “l’arte e la poesia non saranno in grado di salvarci”. Frase banale cui sarebbe opportuno aggiungere “specialmente quando si spaccia per arte qualcosa che è mera propaganda di regime”. La frase in realtà è ripresa da un pistolotto di Philippe Daverio il quale in una intervista del 2014 espose: “La bellezza salverà il mondo? Che bufala!… sgombriamo il campo dall’equivoco mondiale. Nessuno lo ha mai detto nè scritto, tantomeno Dostoevskij ne L’idiota. Si tratta di un enorme equivoco che deriva dall’errata traduzione in “bellezza” della parola russa usata dallo scrittore….più che di bellezza abbiamo bisogno di armonia… perchè tra un centro storico del ’600 e una periferia contemporanea c’è una profonda disarmonia. Abbiamo bisogno esattamente del contrario. Come fare a ritrovarla? Facile. Ridiscutendo gli equilibri e agendo esattamente in questo senso”. E il discorso di Daverio deve avere ispirato, oltre a Bianco, l’altro curatore della mostra, Pasquale Persico, ex docente di economia che attraverso i suoi molti incarichi pubblici ha tentato di fare dell’arte un volano economico, auspicando, anche nel caso della salernitana “Contemporanea”, che essa possa “aggregare altri artisti e diventare una densità propositiva di area vasta, fino a diventare massa critica di un arcipelago ancora più largo che nel mio linguaggio potrebbe essere definito Altra Città”. Paradossalmente la manifestazione che si applica alla relazione culturale tra centro e periferia si svolge nel centro storico di Salerno e nessuno dei dotti partecipanti, tanto meno Persico, si è accorto che la zona antica di Salerno è in tale degrado da non essere centro e neppure periferia. Oltretutto nelle città attuali (ma la città non esiste più) vige, secondo Cacciari, una “relatività generale” che rende, provvisoriamente, di volta in volta, ogni parte, sempre diversa, centro gravitazionale, sì che in essa sia tutto centro e tutto periferia. Il tema della mostra è cioè un tema vecchio, da anni settanta, che manifesta il provincialismo della nostra città e dei suoi presunti intellettuali-artisti come del resto è evidente in un’altra proposta di Enzo Bianco, ancora sponsorizzato dall’Opificio di Enzo Adinolfi, la sedia fuori-scala in corten installata sul lungomare Marconi che imita i fuori-scala di Oldemburg per Frank Gehry a Los Angeles. Potrebbe cioè dirsi che la città degli Angeli sta a Salerno come Oldemburg e Gehry stanno a Bianco e Adinolfi. Del resto Daverio legge male Dostoevskij sì che, ispirarsi a lui porti fuori strada. Lo scrittore russo infatti scrive, contrariamente a sostiene il critico franco-lombardo, proprio della bellezza, in russo Krasota, mentre qualche ambiguità è nel termine Mir, mondo, ma anche Mira, pace. La frase “la bellezza salverà il mondo” attribuita dal nichilista Ippolit al giovane Myškin, l’idiota che per la sua bontà si è fatto raggirare da truffatori, per lo scrittore, cattolico ortodosso, non indica il bello estetico occidentale della natura o dell’arte, ma quello della cultura e della bontà del protagonista, assimilato a Cristo. Stiano tranquilli quindi i partecipanti alla mostra nessuno ha mai pensato che la loro presunta arte o cultura possa liberare il mondo o Salerno dove la salvezza, la salute, sia morale che fisica non è di casa. Quella morale sicuramente no, se ogni cosa, ogni azione, ogni attività, nella nostra città perde il suo statuto affidandosi solo alla legittimazione di De Luca, capace di trasformare un dirigente sportivo in animatore culturale. Quella fisica neppure se, come ha rivelato Milena Gabanelli con la sua indagine Dataroom, il nostro ospedale è uno dei peggiori d’Italia. Ci si metta l’anima in pace, a Salerno c’è solo De Luca, e non ci sono artisti, medici, avvocati, etc. lui è tutto: si rassegnino i tanti niente che sono alla sua corte illudendosi di valere qualcosa di buono.