di Alberto Cuomo
Anche quest’anno la festa della liberazione, che dovrebbe essere una festa di unità nazionale, vede polemiche divisive per gli italiani. Lo spunto per la contesa è stato offerto dal presidente del senato l’onorevole Ignazio La Russa, il quale ha sostenuto, chi sa perché, non vi siano riferimenti nella nostra costituzione all’antifascismo. Sebbene abbia corretto il tiro dichiarando sia il termine “antifascismo” assente nella Carta, la levata di scudi da più parti ha coinvolto lo stesso governo sospettato di voler rievocare il fantasma del fascismo, fino a spingere Lucia Annunziata ad accusare l’assenza di diritti che caratterizzerebbe questo 25 aprile. Un conflitto falso quello su fascismo e anti fascismo, se si considera che è difficile oggi, tanto più per le generazioni più giovani, comprendere il senso delle due definizioni. In genere si usa dare del “fascista”, non solo a chi si ispira ai valori della destra – patria, famiglia, tradizione – quanto a chi si chiude senza ragioni nelle proprie idee, considerate retrogradi, incapace di confrontarsi con quanti la pensano in maniera diversa. In questo senso non vi sarebbe più “fascista” di chi, come accade sovente a uomini della cosiddetta sinistra, vede fascisti dappertutto. Questa sorta di inflazione del concetto di “fascismo” finisce per non far comprendere il significato del fascismo storico, la sciagura che rappresentò per il nostro paese e, pertanto, neppure il valore che ebbe la lotta antifascista e, quindi, della festa della liberazione, quella di parte del paese dall’occupazione nazista e dalla persistenza del regime, con la Repubblica di Salò, pur dopo l’armistizio. Malgrado alla liberazione da parte degli alleati parteciparono anche gli antifascisti italiani, è vero, il termine “antifascismo” non compare nella nostra Costituzione repubblicana che prevede però nelle disposizioni transitorie e finali il divieto sotto qualsiasi forma della ricostituzione del disciolto partito fascista. Nel dopoguerra comunque si riteneva comunemente che il partito di destra denominato Movimento Sociale Italiano fosse un partito neofascista, tanto che spesso si tentò di farlo considerare fuorilegge. Ciò fino a quando, con la cosiddetta “svolta di Fiuggi”, del 1994, Gianfranco Fini, segretario di quel partito, lo trasformò in Alleanza Nazionale prendendo le distanze dal passato nell’affermare il fascismo “male assoluto” e nel ritenere che “la destra politica non è figlia del fascismo. I valori della destra preesistono al fascismo, lo hanno attraversato e ad esso sono sopravvissuti… l’antifascismo fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici”. Naturalmente anche nei confronti di An vi era un ostracismo da parte di chi riteneva la nuova formazione fosse comunque tributaria dei valori del passato regime e tale pregiudizio persiste anche nei confronti di Fratelli d’Italia, il partito che sorse dalle sue ceneri e che oggi, con Giorgia Meloni, guida il governo italiano. Anche se gli uomini di Fratelli d’Italia, come La Russa, sembrano mettercela tutta nel mostrare possibili nostalgie, è del tutto fuorviante accusarli di fascismo, tanto più che proprio La Russa si recherà all’Altare della Patria, con Giorgia Meloni a commemorare la liberazione e i caduti delle guerre. Vale a dire che accusare qualcuno di fascismo abbrevia malamente possibili critiche all’operato di chi si accusa facendo apparire l’accusa demagogica. Così è per quanti continuano a sollecitare la presidente del consiglio a dare garanzie sul proprio credo democratico. In realtà la destra italiana, tutta la destra, anche Forza Italia e la Lega, così come Azione e Italia Viva e tutta la sinistra, il Pd e il M5S, sono costituite da partiti populisti che tentano di sintetizzare interessi apparentemente ampi i quali in definitiva hanno una natura clientelare. Così è stato per il reddito di cittadinanza e attualmente per i bonus vari che vengono offerti indiscriminatamente. Si pensi al bonus bollette. Al bonus riscaldamento, al promesso bonus figli al fine di evitare, secondo le infelici parole del ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida, la “sostituzione etnica”, quasi vi sia una etnia italica da preservare, in presenza del record negativo delle nascite nel 2022 che ha segnato solo 393mila nuovi nati. Se al provvedimento auspicato da Lollobrigida si aggiunge la proposta allo studio del ministro dell’economia Giorgetti di detassare, a prescindere dal reddito, le famiglie con più di un figlio a carico, cui si è aggiunta la proposta dell’onorevole Bitonci di detrarre 10mila euro, senza limiti di reddito, alle famiglie per ogni figlio a carico, si comprende come questo governo, oltre ogni fascismo, lavori, come i governi precedenti di diverso colore, per favorire alcune fasce di italiani al fine di ottenerne il consenso… a spese dei soliti noti, i pensionati, cui non è stato riconosciuto l’adeguamento all’inflazione, e i ceti medi, già torchiati dai governi di sinistra amanti delle tasse, e ormai divenuti ceti poveri. Che al governo vi siano nostalgici del fascismo allora poco importa, quanto accade mostra che la festa della liberazione è solo vuota retorica.