Castellabate con una toccante cerimonia commemorativa ha ricordato la figura di Vincenzo Feola (Vicente), mitico allenatore della nazionale del Brasile, con una targa apposta in Largo Croci, il tutto organizzato dal Comune di Castellabate e dalla Fondazione Fioravanti Polito. La prestigiosa figura di questo figlio di Castellabate la ricordiamo attraverso una ricostruzione storica, in parte già pubblicata che vuole essere un tributo ad uno sportivo internazionale che guidò l’epopea della squadra di Pelé alla ribalta della coppa del Mondo Rimet 1958. Vincenzo Feola, allenatore di grande prestigio internazionale, in ogni trasferta europea tornò sempre nella terra di origine a visitare la sua gente e i luoghi tanto cari alla sua famiglia. Personaggio molto amato dal mondo sportivo brasilero, amava raccontare il suo esordio di allenatore, trasmettendo a chi lo ascoltava la grande passione che lo animava.
Iniziò con molta umiltà, come lui soleva dire, vivendo al margine del campo, come collaboratore di campo (quasi un raccattapalle all’italiana), ma la sua fortuna fu l’attento spirito di osservazione, che portò a dare dei consigli tecnici a presidenti ed allenatori, rivelatisi di grande saggezza. Ben presto, le sue indicazioni si rivelarono fatali, scoprendo nuovi talenti, e cambiando il ruolo ad alcuni giocatori. I dirigenti si resero subito conto dell’estro intuitivo irrefrenabile di Feola, che creò dal nulla uomini e formazioni e fu per questo che arrivò rapidamente alla nazionale carioca. Dopo le Olimpiadi di Roma del 1960, dove aveva guidato la selezione olimpica brasilera, Vincenzo Feola venne a salutare la sua famiglia e Castellabate, che da tempo non vedeva.
In quell’occasione venne a visitare il grande istituto di beneficenza che il presidente della società sportiva brasilera “Palestra Italia” Francesco De Vivo aveva fondato sul colle di Castellabate. In quella occasione fu ricevuto in un clima di grande festa, sia nel paese che nella casa della sua famiglia, del ramo materno. Alfonso Maria Farina, nelle sue memorie ricorda l’intervista fatta a Vincenzo Feola “ mostrava tutta la sua gioviale esuberanza tipicamente meridionale, esprimendosi in un italiano, che conservava l’influsso cilentano”.
Il padre Ermelindo emigrò in Brasile e fu alle dipendenze dei conti Matarazzo, anche questi di Castellabate, nelle industrie che possedevano in S. Paolo del Brasile. Uno dei ritorni più festeggiato di Feola a Castellabate che ancora si ricorda con entusiasmo fu quello dopo la vittoria del mondiale del 1958. Per una settimana, durante la sua permanenza si registrarono tantissimi incontri con giornalisti e personalità del mondo del calcio, che vennero ad intervistare e salutare questo nuovo genio del calcio carioca. A parlarcene di questi incontri e Costabile Paolillo che ancora ricorda Feola seduto sul Belvedere di Castellabate, circondato da più giornalisti, quando il corrispondente del Mattino gli chiedeva” Feola hai fatto conoscere il calcio Brasilero nel mondo e Matarazzo ha fatto conoscere il caffè, ma voi di Castellabate siete irresistibili”, e lui con un fare lento ma determinato, rispondeva “è la grinta che ci accomuna”. Tenne sempre una corrispondenza con la terra cilentana, e in tutti i viaggi che fece in Italia non mancò mai la visita ai luoghi d’origine e dal 1962 in poi fu sempre ospite di un cugino materno Vincenzo Verrone, che ereditò la sua casa paterna in Castellabate.
In ogni viaggio stabilì rapporti di amicizia con tanti sportivi, ma soprattutto fece dono di attrezzature sportive a tanti giovani calciatori.
A raccontarci questa interessante partecipazione di Feola verso tutti i giovani che praticavano il calcio è Genni Malzone, che fu uno di quei pionieri che indossarono le mitiche maglie di campioni. Per molti anni arrivarono pacchi di abbigliamento sportivo, ma soprattutto le famose magliette di allenamento che usavano i Club:” Palestra Italia”,” Corintias” e “Palmeras”.
Ricorda Malzone la gioia incontenibile di Vincenzo Verrone , nipote di Feola, quando gli arrivò la mitica maglia di Gilmar, portiere della nazionale. A Castellabate si inventarono tornei calcistici fra piccole squadre dilettanti che portavano i nomi dei grandi club Brasileri. La figura di questo intrepido personaggio sportivo, creava clamore sempre e dappertutto. Nei viaggi si accompagnò a famosi personaggi del mondo del pallone; fu grande amico del suo conterraneo Oscar Paolillo, manager sportivo sudamericano, che si adoperò per portare Josè Altafini in Italia. Nel 1966 si fermò solo tre giorni a Castellabate, reduce dal mondiale in Inghilterra, dove il Brasile fu eliminato con amarezza. Di questa avventura poco fortunata ne parlò a tanti amici che vennero a salutarlo con la stessa baldanza di sempre.
Gli amici Cilentani ancora oggi ricordano con affetto l’uomo che seppe essere sempre se stesso, che privilegiava il rapporto umano nella squadra e nella vita.
Come allenatore fu guidato da un fiuto incomparabile e da una visione di gioco oltre ogni limite. Sicuramente quel leone rampante, posto sulla chiave di volta del portale d’ingresso della casa a Castellabate, simboleggiava la grinta e la tenacia che lo caratterizzavano.
Giuseppe Ianni