Era il 1995 quando Toto Cutugno, dal palco dell’Ariston di Sanremo, cantava “Voglio andare a vivere in campagna”. Canzone “incompresa” secondo alcuni, finì al diciassettesimo posto in classifica generale. Oltre a un ritardo musicale e contenutistico di almeno trent’anni, resta il rammarico di non aver saputo valorizzare il “tema” centrale proposto dall’eterno secondo della canzone italiana: la valorizzazione e il recupero delle aree interne. Se, infatti, a Toto Cutugno è possibile recriminare l’oggettiva bruttezza di di questo pezzo, alla politica dei territori va recriminato il totale disinteresse verso tutte le aree interne, con particolare riferimento alla nostra realtà regionale e provinciale, che legittimano l’idea di uno scostamento sempre più evidente tra le aree centrali e quelle interne. Il report pubblicato da Confindustria Campania traccia una linea importante, drammatica sul tema. E, nonostante il focus sia stato principalmente sulle aree interne dell’area interna della regione, quindi Sannio e Irpinia, i dati su Salerno e provincia non rappresentano in alcun modo un quadro rassicurante in termini di sviluppo, popolazione, infrastrutture e mercato del lavoro. Su tutti, due dati che ci riguardano particolarmente da vicino. In primis, la popolazione, che passa da 1.104.731 abitanti per l’intera provincia nel 2016 a 1.060.168 dek 2021: dunque, la variazione dal 2015 al 2021 è di 44.543 abitanti, equivalenti al 4,03% in meno rispetto al 2021. Ma di questi 44mila, ben 15.111 sono andati via soltanto nell’ultimo anno di rilevazione, quindi tra il 2020 e il 2021.
Il secondo dato, assolutamente rilevante, è relativo al mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione rilevato in provincia di Salerno, nel 2009, è pari al 14%, aumenta fino al 17,5% nel 2016 e scende al 13% nel 2020. Nel giro di un anno, però, i dati Istat riportano un aumento del 2,1% del tasso di disoccupazione in tutta la provincia di Salerno, con una percentuale del 15,1%. I dati diventano ancor più sensibilmente allarmanti se si parla di carenza di infrastrutture, materiali e/o informatiche, fuga di giovani dai territori e mancanza di programmazione e investimenti sui territori più colpiti dallo spopolamento, come commenta il presidente regionale di Piccola industria Confindustria Campania, Pasquale Lampugnale.
Il report sulle aree interne traccia un quadro impietoso.
«Il dato di carattere generale che abbiamo analizzato, sul rapporto aree interne Campania, riguarda principalmente le province di Benevento e Avellino. Abbiamo creato un focus specifico su queste due province che, diversamente dalle altre, hanno perso negli ultimi 6 anni almeno 40mila abitanti di cui 12mila nel solo 2021. Il dato più drammatico è che è aumentato anche l’indice di vecchiaia, che attualmente supera i 190 punti rispetto ai 120 di vent’anni fa».
A cosa è legata questa carenza?
«C’è una serie di infrastrutture mancanti: queste aree, così come altre anche nelle province di Salerno e Caserta, non sono collegate perfettamente col resto della regione. Mancano infrastrutture fisiche, ma anche digitali: nei piccoli comuni, circa il 90% di questi è sotto i 5mila abitanti. La rete stradale, inoltre, necessita di perenne manutenzione».
Qual è il dato economico?
«Il dato principale che ci fa riflettere rappresenta il valore aggiunto: abbiamo una Campania a due velocità. Nel periodo 2011-2020 registriamo, in Italia, una crescita dello 0,7%. Nel contempo, la Campania perde 8,5 punti e le due province interne di Benevento e Avellino perdono 11 punti, dunque molto più del resto. Caserta, nello stesso periodo, perde 5 punti, Salerno 7 e Napoli 9».
Stando al report, c’è differenza abissale tra area costiera e aree interne, a prescindere da dove siano collocati i principali centri cittadini.
«Le province interne hanno una dinamica di sviluppo economico completamente differente rispetto alle altre. La fascia costiera è satura: non abbiamo grossi spazi industriali e la densità di popolazione è molto alta. Le due aree interne del Sannio e dell’Irpinia, invece, sono destinatarie di alti interventi strutturali: mi riferisco alla Napoli – Bari, che prevede la realizzazione della grande stazione Irpinia a Grottaminarda (Av), l’avvio della grande autostrada Benevento – Telese – Caianello. Opere che possono collegare meglio le due province alle altre aree della Campania».
E c’è anche tanto spazio su cui investire.
«Abbiamo 700 ettari di zone deserte in cui poter fare investimenti, con vantaggi fiscali rilevanti, soltanto in queste due province. Il rapporto serve, infatti, a mettere in luce la necessità di ridurre i divari tra face costiere e aree interne, affinché la Regione possa stilare un masterplan per le aree interne. Occorrono una serie di interventi di sostegno complementari a tutte le iniziative in atto, affinché in questi territori si possa creare sviluppo».
Qual è stato il riscontro istituzionale ottenuto da Confindustria?
«Abbiamo chiesto ai due assessori regionali, Felice Casucci e Antonio Marchiello (rispettivamente assessore a Semplificazione amministrativa e turismo il primo; Attività produttive, lavoro, demanio e patrimonio il secondo, ndr) di avere un occhio attento verso queste due aree degradate, perché possono rappresentare un’opportunità di sviluppo per l’intera Regione. Possono diventare aree di pregio, di possibili investimenti perché possono, se ben collegate all’area partenopea, andare lontano. Occorrono infrastrutture anche per favorire una redistribuzione demografica della regione Campania».
Salerno e Caserta non vivono tanto meglio rispetto a Benevento e Avellino, soprattutto se parliamo di aree interne.
«Il nostro rapporto è improntato su Irpinia e Sannio, dunque non coincide con le aree interne nazionali: so bene che nel salernitano e nel casertano la situazione è comunque delicata. Abbiamo voluto comunque voluto evidenziare le differenze tra le due province rispetto al resto della Campania. Queste due province hanno caratteristiche simili, una vocazione legata all’agroindustria e agroalimentare, c’è un grande investimento fatto sulle rinnovabili. Nel piano regionale, infatti, abbiamo proposto di valorizzare ancora di più la grande disponibilità di energia eolica per produrre idrogeno verde e biomasse, destinando parte degli investimenti alla produzione di rinnovabili. Con la commissione regionale avvieremo una collaborazione, quindi i prossimi report terranno in considerazione anche le altre aree interne, con particolare riferimento a Caserta e Salerno».
Quali punti di partenza sul report che riguarderà anche Salerno?
«Carenze di infrastrutture, bassa qualità di infrastrutture digitale, giovani che si formano e vanno via, mancanza di lavoro. Abbiamo già alcuni dati rilevanti: per mettere in relazione le due province interne con le altre abbiamo dovuto necessariamente analizzare la popolazione e il mercato del lavoro, l’economia di tutte e 5 le province».