di Erika Noschese
Un cambiamento epocale e, per la realtà Salernitana, tutto questo si traduce nell’efficientamento di 7 appartamenti su 10 entro il 2030 e di 8 su 10 entro il 2033. In soldoni, vuol dire intervenire su circa 140.000 abitazioni tra Salerno e Provincia, di cui 40.000 nel solo Capoluogo. A fare il punto sulla direttiva europea sulle case green, ovvero sull’obbligo di adeguamento delle abitazioni con classe energetica più bassa è l’ingegnere salernitano Gianluca Urti della Urti RE Projects srl con ben tre sedi in Italia, a Salerno, Roma e Venezia evidenziando che la direttiva europea non prevede affatto il divieto di vendita o affitto per le classi energetiche meno efficienti.
La direttiva europea sulle case green punta a ridurre del 55%, entro il 2030, le emissioni nocive di energia e gas. Obiettivo possibile a Salerno e provincia?
«L’obiettivo è nel contempo certamente possibile ma altrettanto sfidante. Si tratta senza dubbio di una mole di lavoro immensa, considerato che l’obiettivo di Bruxelles è di avere immobili residenziali almeno in classe E entro il 2030. Il cambiamento è pertanto epocale, in quanto il parco edilizio italiano è vecchio ed energivoro. Per la realtà Salernitana, tutto questo si traduce nell’efficientamento di 7 appartamenti su 10 entro il 2030 e di 8 su 10 entro il 2033. In soldoni, vuol dire intervenire su circa 140.000 abitazioni tra Salerno e Provincia, di cui 40.000 nel solo Capoluogo. Nella bozza della Direttiva in discussione sono tuttavia escluse le unità immobiliari di superficie inferiore a 50 mq e gli immobili storici e vincolati».
La direttiva prevede di individuare il 15% degli edifici a classe G, la più inquinante, per gli interventi. La regione Campania può rientrare per i livelli demografici del napoletano ma, considerando che il 15% è da rilevarsi sull’intero territorio nazionale, sarà complicato immaginare altrettanto su Salerno e provincia.
«Lo stock immobiliare è mediamente uguale per caratteristiche e vetustà sull’intero territorio Nazionale, con il 73,5% degli immobili (classi G-F-E) e solo poco più del 26% delle classi più virtuose (dalla A alla D). In Campania, circa il 39% degli edifici ricade in classe G (la più energivora). Il nostro Territorio gode però di un vantaggio non da poco: la maggior parte dei comuni (Salerno compresa) ricadono in zona climatica C, godono, cioè, di un clima mediamente caldo. Inoltre il buon irraggiamento solare consente di ottimizzare i rendimenti sia degli impianti fotovoltaici dei sia collettori solari per la produzione di acqua calda sanitaria. Ad esempio, con un buon impianto solare termico dotato di accumulo, l’uso della caldaia per la produzione di acqua calda sanitaria nel periodo da aprile ad ottobre è davvero minimo e si verifica solo quando si susseguono più giorni di maltempo».
Sono esclusi, dalla direttiva, gli immobili storici e protetti. Ma spesso storico equivale a vetusto, quindi inquinante.
«Non per forza, anzi! Negli ultimi anni i centri storici delle città sono stati oggetto di attenzione e di valorizzazione, attraverso il recupero e la rifunzionalizzazione degli edifici. Negli appartamenti sono stati installati moderni impianti di riscaldamento e raffrescamento con ottimo rendimento ed infissi energeticamente performanti, con la conseguenza che le bollette di energia elettrica e gas sono spesso meno salate nei centri storici che nelle restanti aree della città. La normativa ha inoltre facilitato l’installazione dei pannelli fotovoltaici anche nei nuclei storici dell’abitato e sono già realtà tegole e pellicole fotovoltaiche, che migliorano l’aspetto estetico di una tradizionale installazione fotovoltaica ed hanno basso impatto sul contesto circostante».
Si punterà realmente ad aumentare il potere d’acquisto su immobili rientranti in questa direttiva o è preferibile, per gli Enti pubblici e per le aziende, investire in spazi per nuove abitazioni con coefficienti energetici migliori?
«Più che delocalizzare, credo che Enti pubblici, aziende ed investitori punteranno piuttosto all’efficientamento di edifici esistenti, anche godendo degli sgravi fiscali previsti. I costi per l’efficientamento sono generalmente di gran lunga minori dei costi di costruzione a nuovo dei fabbricati. Senza contare, poi, che il fattore posizionale – ovvero l’ubicazione dell’appartamento all’interno della città – costituisce il parametro principale alla base del valore di mercato di un immobile residenziale».
Trattandosi di direttiva europea, dunque non di regolamento, c’è il rischio che in Italia l’applicazione possa essere totalmente diversa da quanto originariamente auspicato?
«La direttiva andrà quindi recepita con un piano ad hoc da ciascuno Stato membro, in ragione delle caratteristiche del patrimonio edilizio dello specifico territorio. Non credo tuttavia che il recepimento nella normativa Nazionale possa essere totalmente difforme, in quanto il testo fa parte del progetto Fit for 55, finalizzato al contenimento delle emissioni nocive. D’altronde In Europa si parla di efficientamento energetico da oltre 10 anni e gli edifici in media rappresentano il 40% del consumo energetico e costituiscono il 36% delle emissioni nocive. Occorre però sgombrare il campo da ingiustificati allarmismi: la direttiva europea non prevede affatto il divieto di vendita o affitto per le classi energetiche meno efficienti. Non c’è pertanto il rischio di un depauperamento della ricchezza delle famiglie».
Si può prevedere un miglioramento dei livelli occupazionali nel settore green, con questa direttiva, in un territorio vasto e complicato come Salerno?
«Senza dubbio! L’indotto occupazionale oltre ad essere importante sarà anche virtuoso in quanto, perseguendo l’obiettivo della riduzione della dipendenza da fonti energetiche inquinanti e non rinnovabili, si assisterà ad un innegabile miglioramento delle condizioni di vita del territorio, ad un aumento di valore del patrimonio edilizio e ad una diminuzione dei costi di gestione».