di Mario Rinaldi
Giuseppe D’Auria, il 40enne che lo scorso 30 ottobre lanciò la figlia di due anni dalla finestra del bagno al terzo piano dell’abitazione situata sul Corso San Vincenzo a Fisciano, dovrà difendersi in un processo dall’accusa di tentato omicidio. Questo il capo di imputazione attribuito all’uomo, che attualmente si trova rinchiuso nel carcere di Bellizzi Irpino. Che il caso dovesse chiudersi con una sentenza è fuor di dubbio, essendo l’imputato accusato di un reato che sinora gli è costato l’applicazione della misura restrittiva in carcere. Fatto sta che i suoi legali, gli avvocati Silverio Sica e Tommaso Amabile, fino a ieri non avevano ancora ricevuto dagli organi inquirenti alcuna notificazione ufficiale in merito all’avvio di un processo. La notizia è trapelata dagli ambienti giudiziari ed è diventata subito di dominio pubblico. La Procura di Nocera Inferiore, infatti, dopo aver depositato la perizia psichiatrica dell’uomo, ha chiesto il giudizio immediato. Secondo il perito che la stilato la perizia, l’uomo, quando lanciò la figlia nel vuoto, non era capace “di intendere e di volere” a causa del suo “disturbo psicotico breve”. E, dunque, è stato ritenuto “socialmente pericoloso”. Subito dopo l’insano gesto, D’Auria confessò ai carabinieri e in seguito anche durante l’interrogatorio che a far lanciare la figlia nel vuoto era stata la “voce di Dio”. La bambina si è miracolosamente salvata ed è stata affidata ai nonni paterni e alla madre, che inizialmente aveva difeso il marito sostenendo che si era trattato di un incidente. Lo scorso 6 dicembre il gip del Tribunale di Nocera Inferiore, Daniela De Nicola, aveva emesso un provvedimento di scarcerazione di D’Auria con trasferimento in Rems (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza), dove l’uomo dovrebbe essere seguito in maniera più efficace rispetto alle cure somministrate all’interno di un penitenziario. Il gip, infatti, accolse la richiesta del pubblico ministero, presentata una settimana prima del provvedimento, di sostituzione della misura del carcere con quella della detenzione in Rems a seguito della perizia espletata dal dottor Maurizio Masco, nominato dalla Procura nella qualità di consulente d’ufficio. In particolare il perito concludeva “al momento del fatto il D’Auria Giuseppe a causa del suo disturbo psicotico breve con marcato fattore di stress, versava in stato di mente tale da escludere le sue capacità di intendere e di volere ex articolo 88 del codice di procedura penale”. Quanto alla pericolosità sociale, lo stesso perito concludeva che “il soggetto è socialmente pericoloso”. Nonostante tali conclusioni si è ritenuto comunque opportuno disporre una misura cautelare meno restrittiva del carcere per consentire all’imputato delle cure più adeguate. Fatto sta, che l’imputato, al momento è ancora detenuto nel carcere di Bellizzi Irpino. I suoi legali avevano indicato di effettuare un trasferimento presso la casa di cura “La Quiete”, che a quanto pare non sarebbe stata ritenuta idonea come struttura per seguirlo in questo percorso di recupero psichiatrico e sociale. Tra l’altro l’incapacità di intendere e di volere del D’Auria al momento della commissione dell’insano gesto venne già precedentemente accertata dal perito di parte il dottor Antonio Zarrillo, che si è spinto anche oltre sostenendo che il soggetto, se ben curato, può tornare a condurre una vita normale e, forse, un giorno potrà anche rivedere la propria figlia.