L'Avvocato De Martino: "Denunciate" - Le Cronache
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L’Avvocato De Martino: “Denunciate”

L’Avvocato De Martino: “Denunciate”

di Erika Noschese
Sono sette i casi di femminicidio in Campania dall’inizio dell’anno ad oggi. Di questi, tre in provincia di Salerno. Dati allarmanti che evidenziano la necessità di un cambio di rotta, in un momento drammatico anche a livello nazionale. A snocciolare i dati l’avvocato Stefania De Martino che da sempre si batte contro la violenza di genere, a tutela delle donne.
Avvocato, sono giorni difficili per la provincia di Salerno che fa i conti, ancora una volta, con la violenza e con l’ennesimo caso di femminicidio. Da avvocato e da donna che da sempre si batte per le donne cosa ne pensa? Possiamo parlare di allarme sociale da non trascurare?
«Dal mio piccolo osservatorio posso dire che nessuno ha mai trascurato questo allarme. Quanto sta accadendo è paragonabile al covid: il contagio che stava per entrare in casa tua e negli ultimi giorni la percezione è la stessa con questa violenza che, piano piano, ci sta assediando e sta arrivando nelle case; nessuno è immune e noi tutti dobbiamo essere sentinella, non possiamo far finta di nulla. Sono cose che sembrano banali ma non lo sono perché a volte anche una chiamata alle forze dell’ordine, ai servizi sociali o agli assistenti sociali può salvare una vita: si può morire anche prendendo schiaffi tutti i giorni, si può morire non avendo la possibilità di uscire, di lavorare o di amare».
Dopo la pandemia com’è cambiato il fenomeno della violenza sulle donne? Le denunce sono aumentate o diminuite?
«Io ho due canali, quello ufficiale e quello ufficioso. Oggi (ieri per chi legge ndr) il procuratore capo Borrelli ha dato dei numeri ufficiali: pare ci sia una flessione delle denunce, almeno per alcuni reati; forse è così, la flessione si registra ma aumentano i femminicidi, le uccisioni.
Nel mio piccolo osservatorio, nulla cambia affinchè tutto cambi, nel senso che sono abituata a recepire denunce, ascoltare donne, accogliere situazioni di sofferenza che quasi non riesco a contarle; ognuna ha la sua storia da valutare ma l’unico dato che ricordo sempre è che ogni tre giorni viene uccisa una donna e, di queste, almeno una ha subìto violenza o molestia. È la percezione che siamo state, saremo o potremo essere tutte vittime di abuso perché la violenza ha tanti canali: il palpeggiamento a bordo di un autobus, un uomo che ci infastidisce in ascensore, il capo che approfitta della sua posizione di supremazia per imporsi; ci sono tante forme di violenza, quella del femminicidio è l’apice, la più brutta e statisticamente sta diventando la più dura ma non è solo questo tipo di violenza che dobbiamo combattere bensì tutte».
Secondo lei, cosa spinge una donna a non denunciare?
«Sicuramente anche la mancanza di un’indipendenza economica ma ci sono una serie di concause. Per capire, a volte osservo i miei figli che mi raccontano spesso il loro timore se dovessero parlare con le forze dell’ordine. Ecco, questa è la verità: c’è paura, non è semplice; c’è bisogno di forza, equilibrio, coraggio e una donna che da anni subisce violenza non ha la forza di rivolgersi alle forze dell’ordine. Spesso lo fanno per disperazione, per paura di morire, per amore dei figli; non è impossibile ma non è né automatico né facile. A volte è più facile fidelizzare con l’aguzzino che esporsi con la legge, sarà anche politicamente scorretto ma è così ed è per questo che mi espongo, ci metto la faccia per far sì che le donne possano fidarsi di me».
Quando una donna si rivolge a lei cosa chiede? Qual è il reato più frequente perché la violenza non è solo quella fisica…
«Sicuramente il maltrattamento è il reato più comune. La maggior parte delle volte si rivolgono a me donne maltrattate, abusate o vittime di violenza sessuale perché non possono scegliere se avere o meno un rapporto sessuale, lavorare, uscire. Si parla di violenza fisica, psicologica ma sono donne maltrattate e abusate che mi chiedono di uscire da quella condizione, di rinascere in una situazione normale come ad esempio lavorare, uscire, educare i figli, sorridere senza la paura di essere maltrattata».
C’è una storia che l’ha colpita di più?
«Questa è una domanda e io rispondo sempre: è l’ultima. Io mi indigno per uno schiaffo, un femminicidio, la violenza psicologica; io non mi abituerò mai ad ascoltare queste storie, l’ultima sarà sempre quella che mi colpirà di più perché non potrò mai abituarmi alla violenza».
Tante storie drammatiche di femminicidio, caso emblematico quello di Anna Borsa che aveva provato a liberarsi del suo ex fidanzato. Qual è l’appello che lancia alle ragazze e alle donne che oggi subiscono violenza?
«Anna era una ragazza dolce, sensibile, generosa e altruista. Il giorno prima di morire aveva detto di non volerlo denunciare per paura di fargli del male; era di una generosità assurda, totalizzante. Il mio consiglio alle ragazze è semplice: l’amore è un’altra cosa, non è fatto di gelosia, non è amore uno schiaffo; l’amore è una casa dove tu sei a tuo agio, senza paura».