Domani sera, alle ore 21, il sipario del teatro Verdi si leverà sul gran coda al quale si assiderà il cantautore romano, il quale dopo essere diventato Re alla reggia con l’orchestra e il coro del nostro massimo, in una totale riscrittura semantica delle sue canzoni, ritorna all’essenzialità degli ottantotto tasti del pianoforte e degli strumenti, come la chitarra, che da sempre lo accompagnano
Di Olga Chieffi
Claudio Baglioni sceglie le dodici note, ovvero l’ottava considerata in tutti i suoi semitoni, in tutta la sua estensione e ars combinatoria per riprendere il tour in acustico, dopo l’estate che lo ha visto protagonista con grandi formazioni e acclamato re proprio nella due giorni alla reggia di Caserta, ospite di Antonio Marzullo e del cartellone di Un’Estate da Re, con alle spalle Geoff Westley alla testa dell’Orchestra Filarmonica Salernitana Giuseppe Verdi e del coro del nostro massimo. Se quello della reggia è stato il concerto perfetto, una performance in cui il primo spettacolo è stato certamente il solo vedere schierata la grande orchestra con il coro alle spalle, con un pubblico arrembante, fine conoscitore di melodie, testi e ritmi, domani sera, alle ore 21, sul palcoscenico del teatro Verdi, Claudio Baglioni, si assiderà al gran coda, unitamente ad altri strumenti acustici strumenti acustici, come la chitarra, che da sempre lo accompagnano, per ritornare all’ essenzialità, alla scarnificazione dell’armonia, dopo la totale riscrittura semantica delle sue canzoni. Scrive Valéry nel “Dialogue de l’arbre” “Non temere, ma ascolta: quando ti sorge nell’anima un’ombra di canto, un desiderio di creare che ti prende alla gola, non senti la tua voce gonfiarsi verso il suono agognato che ti solleva con la sua onda?” Valéry indica la trama di una tessitura scandita nella simmetria e nell’ordine al cui interno si realizza una ostinata armonia. Armonia, però, mai del tutto compiuta, perché in essa sopravvive la disperazione e la contraddizione interna. Ecco allora la scelta del titolo “Dodici Note”, in cui vengono inclusi i cosiddetti tasti neri del pianoforte, e si sa che le canzoni “costruite” su quei tasti sono sempre le più emozionanti, e quell’ostinata armonia che si configura piuttosto come un telos da perseguire, in cui si gioca una partita che mai giungerà a termine. Il tour invernale in solo è partito proprio ieri da Caserta e vedrà Baglioni suonare quasi ogni sera sino al 18 febbraio, in serate in cui è la musica ad essere assoluta protagonista, forse al di sopra del testo e in una veste prestigiosa quale è quella dei palcoscenici dei più prestigiosi teatri italiani. I titoli in scaletta accontenteranno certamente le diverse generazioni di fan che affolleranno il nostro massimo, già sold out da fine agosto: Claudio Baglioni unirà i brani del suo ultimo lavoro “In questa storia che è la mia”, con le canzoni più attese e amate del suo repertorio, ove si camminerà avanti e indietro sopra un ponte di note, quindi da Io sono qui a naturalmente “Dodici note”, da “Mal d’amore” ad “Avrai”, da “Uomo di varie età” a “Questo piccolo grande amore”, “Amore bello”, “E tu…”, “Sabato pomeriggio”, “E tu come stai?”, sino a “Mille giorni di te e di me” e a “La vita è adesso”. Quale sia il segreto del compositore Claudio Baglioni, che è riuscito a restare quasi sempre sull’ onda giusta con pochi down è che è restato un cantore dei buoni sentimenti che, trasformati in canzone, hanno cominciato, col passare degli anni, ad assumere toni profondi e saldamente legati alla cultura più popolare del mondo italiano. “I vecchi” e “Uomini persi” ad esempio, hanno spinto le immagini proposte dal suo mondo poetico, oltre l’oleografico. Questo poeta post-decadente musicale, è divenuto un’autorità, proprio nel descrivere personaggi, situazioni, luoghi della quotidianità cittadina, raggiungendo livelli di grande trasporto emotivo. La passione che ha scatenato nei suoi infiniti ammiratori, è motivata dall’essere riuscito a descrivere con semplicità e sincerità i “sabato del villaggio” di generazioni di comuni adolescenti. Baglioni, in realtà, è stato l’interprete “politico” del mondo di emozioni giovanili della grande sottocultura cattolica italiana, traducendone idee e sentimenti in modo certamente maggiormente comunicativo e coinvolgente dei grandi interpreti della canzone politica e d’autore che stavano muovendo, negli stessi anni in cui Baglioni stava sviluppando il suo percorso artistico. Il suo sforzo sembra diretto, oggi, verso la conquista di uno spazio più “alto” all’interno della canzone d’autore italiana, cercando di superare quel livello strettamente adolescenziale in cui è sempre stata relegata la sua musica e quel testardo rinchiudersi in una torre d’avorio da cui spiare da lontano la realtà e da cui tornare per cercarne una rilettura che converga e devii, allo stesso tempo, dagli itinerari espressivi consueti.