L'omaggio ad Angela Luce dagli artisti di Pagani - Le Cronache
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L’omaggio ad Angela Luce dagli artisti di Pagani

L’omaggio ad Angela Luce dagli artisti di Pagani

Di Marco Visconti

Angela Luce è un’artista a tutto tondo: ha lasciato la sua impronta nel teatro, cinema e nella musica. È una donna elegante, affascinante, di rara intelligenza. L’artista svela alcune chicche sulla sua vita e sulla sua monumentale carriera.

Mi parli di lei, chi è Angela Luce?

«Certamente non è facile né semplice rispondere a questa domanda, ma ci proverò: sono unica femmina dopo due maschi, Luigi ed Eugenio; ovviamente attesissima, per papà Vincenzo ero la sua principessa, per mamma Maria ero l’aria che respirava: aveva un’adorazione per me ed io per lei. Chi sono? Sono un “sagittario”: sono una donna molto battagliera, passionale, romantica, non mi fermo, non mi piego, non scendo a compromessi, non faccio nulla di cui non sia pienamente convinta, sia nell’ambito privato che lavorativo. E dico sempre, d’istinto, quello che penso al punto che, chi mi conosce bene, dice che prima parlo e poi penso. E nessuno può smentire queste mie affermazioni».

Mi permetta di dirle che è un monumento della televisione, musica e del teatro. Quest’anno ricorrono i 100 anni dalla nascita di un altro monumento dell’arte e della letteratura italiana: Pier Paolo Pasolini. Ha interpretato una parte nel Decameron di Pasolini, che cosa ricorda di questo personaggio e del suo film?

«Nel film ero la protagonista di un episodio. Di Pier Paolo ho tantissimi, splendidi ricordi, del grande regista, dell’uomo di enorme cultura, della sua vasta umanità. Proprio per queste sue caratteristiche e avendo compreso che stava realizzando un film-capolavoro, accettai per la prima volta di fare un nudo integrale».

Nel campo teatrale ha recitato con i fratelli De Filippo. Quali sono i momenti più intensi che ha condiviso con loro?

«Intanto tengo a precisare che sono l’unica ad aver lavorato con tutti i De Filippo: Eduardo, Peppino, Titina, Luigi e Luca. I momenti più intensi sono quelli durante i quali ho imparato “il teatro”, soprattutto da Eduardo, mio primo, grande Maestro. Dopo le grandi esperienze fatte con loro, sono stata diretta da registi come Nino Taranto, Franco Zeffirelli, Giuseppe Patroni Griffi, Garinei e Giovannini e tanti altri ancora».

Ha recitato in alcuni film con Antonio De Curtis in arte Totò. Può raccontare un simpatico aneddoto che vi riguarda?

«Parlare di Totò è gioioso, commovente e straordinario. Uno dei ricordi più belli che conservo nel mio cuore è la sua richiesta di farmi cantare: quando giravamo un film, durante le pause tra una scena e l’altra, mi diceva: “Angelì, cantame na canzone, voglio putè sentì l’addore ’e Napule”. Con lui ho fatto tre film: “Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi”, “Letto a tre piazze” e “Signori si nasce”. Un aneddoto da raccontare? Beh, c’è quello legato ad una scena cult del film “Signori si nasce”: quando lui entra dalla porta tutto vestito a lutto e dice che è morta la moglie, io (che interpretavo la fantesca), mi inchino e gli do le condoglianze. A quel punto nel copione era previsto che lui mi ringraziasse baciandomi sulle guance, ma il Principe, improvvisando, mi baciò sui seni con mia grande sorpresa».

 

Ovviamente, non sono solo questi gli attori e registi con cui ha recitato. Lei ha recitato anche con altri volti noti dello spettacolo. Mi viene in mente Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Walter Chiari, il regista Luchino Visconti etc.. Hanno qualcosa in comune questi personaggi?

«A parte quelli citati, ho avuto la fortuna di lavorare con Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni, Vittorio De Sica, Aldo Fabrizi, Renato Rascel, Magali Noël, Charlotte Rampling, Fabio Testi, Romolo Valli, Turi Ferro, Monica Vitti, Michèlle Mercier, Gino Cervi, Salvo Randone, Fernandel, Amedeo Nazzari, Raoul Bova, Anita Ekberg, Giancarlo Giannini, Michele Placido, Rina Morelli, Paolo Stoppa, Antonio Albanese, Marisa Merlini, Neri Marcorè e tanti, tanti altri.

E sono stata diretta da registi come Steno, Mario Mattoli, Dino Risi, Pasquale Festa Campanile, Luigi Zampa, Pupi Avati, Sergio Corbucci, Nanni Loy, Mario Martone, Luigi Comencini e tanti, tanti altri. Cosa avevano in comune? La grandezza della loro arte».

 

Si è esibita, come tradizione, il 10 settembre alla chiesa di Santa Maria di Piedigrotta in occasione della «Serenata alla Madonna», quest’anno ha avuto luogo la XXXVIII edizione. La festa è sentita in tutto il territorio napoletano. Nella chiesa ha cantato soavemente la canzone «‘O paese d’ ‘o sole» scritta da Vincenzo D’Annibale e Libero Bovio. Perché è legata particolarmente alla suindicata chiesa?

«Perché è una delle chiese più care ai napoletani e la mia anima napoletana appartiene a questa chiesa. E lo dimostra la mia costante partecipazione, ormai da anni, alla “Serenata” organizzata dal mio grandissimo amico e grandissimo attore Benedetto Casillo».

Nella chiesa di Santa Maria di Piedigrotta ha ricevuto dal paganese Giuseppe Grauso un presepe: la Natività. Essa è stata realizzata dal maestro paganese Alfonso Pepe. Si tratta di un omaggio che il signor Giuseppe le ha fatto per la profonda stima che ha per lei. Commenta il signor Grauso: «Quando ho conosciuto la signora Angela Luce mi ha riportato subito in mente i ricordi affettivi con mia nonna, la quale era fan dell’artista. Infatti io e mia nonna guardavamo alcuni suoi film tra cui “Lacrime napulitane”. Conservo nel mio cuore questo magico momento di aver conosciuto la signora Luce». Che emozione le ha suscitato questo dono?

«Una grande commozione. L’emozione provata davanti alla Natività è stata immensa, indescrivibile. Sono molto grata al signor Giuseppe Grauso per l’omaggio e al grande artista Alfonso Pepe per la realizzazione. Voglio aggiungere che già fa bella mostra di sé sul mio pianoforte, accanto al David di Donatello che ebbi per il film “L’amore molesto” di Mario Martone».

Lei ha lavorato per tantissimi anni nel mondo dello spettacolo, che consiglio si sente di dare ai giovani che hanno il desiderio di immergersi in questo mondo? 

«Ragazzi, il teatro è una cosa seria! Se lo si vuole fare bene bisogna amarlo, rispettarlo e se occorre, anche soffrire. Se non si fa così, non è teatro».