Dal suo corpo esanime sgorgò del liquido, la “manna” divenne il gran miracolo. Ogni settembre si ricorda il suo onore, paranze in festa con gran devozione. Fiume di gente, balconi addobbati, cantano e pregano, laici e curati. Tavole imbandite con sapori mediterranei, questa è la festa dei salernitani.
Di Orlando Santoro
Levi era il suo nome, un pubblicano ed esattore, una voce disse: “Seguimi “, divenne Matteo, apostolo del Signore. Allontanò i pirati di Barbarossa, nel cielo cupo e grigio, scatenò una tempesta. Il popolo invocò il suo Santo aiuto, il flagello della peste fu subito fermato. Dal suo corpo esanime sgorgò del liquido, la “manna” divenne il gran miracolo. Ogni settembre si ricorda il suo onore, paranze in festa con gran devozione. Fiume di gente, balconi addobbati, cantano e pregano, laici e curati. Tavole imbandite con sapori mediterranei, questa è la festa dei salernitani. Il 21 settembre di ogni anno, la città di Salerno festeggia il suo Santo Patrono: San Matteo Apostolo ed Evangelista. Egli nacque nel villaggio di Cafarnao in Galilea, col nome di Levi, nel IV o II secolo a.c. Era un pubblicano, ovvero un esattore delle tasse di Erode Antipa. In quel periodo gli ebrei, provavano un sentimento di odio profondo nei confronti dei pubblicani, in quanto quest’ultimi pagavano in anticipo le tasse dovute dal popolo all’ Impero romano, e poi si rifacevano sulla gente tartassandola con tassi usurai. Un giorno Gesù vide Levi che era seduto al banco delle imposte, gli disse: “Seguimi”, egli si alzò e lo seguì, lasciando tutti i suoi beni. Da quel giorno si chiamò Matteo, che significa “Dono di Dio”, ed iniziò a predicare la parola del Messia agli Ebrei della Palestina, andò in Persia, nella Macedonia, in Irlanda, fino da arrivare in Etiopia dove molto probabilmente morì. Sulla sua morte vi sono due ipotesi, la prima è che egli sia deceduto naturalmente; mentre la seconda sostiene che fu trucidato da un gruppo di feroci pagani mentre celebrava il Santo Sacrificio. In realtà, sembra che l’apostolo Matteo, durante la sua permanenza in Etiopia, avesse portato alla conversione il re Egippo e tutta la popolazione, dopo aver fatto risorgere la figlia Ifligenia, che a sua volta aveva consacrato al Signore la sua verginità. Alla morte di Egippo, il successore Itarco, voleva sposare Ifligenia, ma questa si rifiutò. Itarco chiese a Matteo di persuaderla a concedersi a lui, ma l’apostolo gli negò questo suo desiderio, perché la fanciulla aveva fatto un voto con il Dio celeste, e quindi non poteva sposare un re terreno. Il Santo sarebbe stato ucciso mentre celebrava la messa, trafitto da colpi di spada, da alcuni sicari mandati dallo stesso re. San Matteo è stato anche l’autore del primo vangelo canonico, redatto fra la fine del I secolo e l’inizio del II. Sulla base della testimonianza di Papia di Gerapoli, che fu un vescovo e Santo greco antico, il vangelo che fu scritto da San Matteo era in lingua aramaica, e solo successivamente venne tradotto in greco. Quest’opera religiosa si divide in sette parti: introduzione e nascita di Gesù, genealogia, nascita, visita dei magi, fuga in Egitto, strage degli innocenti ed il ritorno a Nazaret. L’Evangelista compose il Vangelo per dimostrare che Gesù era il Messia che realizza le promesse dell’Antico Testamento, delineando gli eventi del grandioso futuro della comunità cristiana, della chiesa, del Regno che compirà le profezie, quando i popoli “vedranno il figlio dell’uomo venire sopra le nubi del cielo in grande potenza e gloria” (Mt 24,30). Il martirologio romano pone al 21 settembre la sua nascita al cielo, mentre il 6 maggio viene ricordata la traslazione del corpo, dall’Etiopia a Velia, per giungere definitivamente a Salerno. Secondo la tradizione il corpo di San Matteo venne trovato in Etiopia, da alcuni navigatori bretoni e successivamente trasportato nella parte occidentale di Legio. Qui vi rimase per circa quarant’anni, fino a quando un certo Gavinio di Velia, comandante delle navi di Bruzio, decise di impossessarsi delle spoglie di Matteo, ed anziché portarle a Roma, le condusse nella sua terra nativa. Il corpo dell’Evangelista, rimase per lungo tempo nel Cilento, e venne onorato ed adorato autorevolmente dai contadini del posto. In seguito ad azioni belliche, che avvennero fra Goti, Bizantini, Saraceni e Longobardi, Velia venne distrutta e le reliquie del Santo andarono perse. Inoltre la leggenda narra che, nell’anno 954 d.c., l’apostolo Matteo apparve in sogno ad un’anziana di nome Pelagia, madre del monaco Atanasio, esortandola a far ricercare il corpo dal figlio. Atanasio s’incamminò, e fra le rovine di antiche terme di Velia, trovò il corpo dell’Evangelista. Lo avvolse in un lenzuolo e cercò di portarlo a Costantinopoli, ma le onde marine, glielo impedirono. Il monaco, decise di nascondere le spoglie nella località “Ad duo fulminia”, nell’attuale chiesetta dedicata a San Matteo, vicino Casal Velino. Successivamente il corpo venne trasferito a Rutino, nella chiesa di San Pietro, e proprio qui avvenne il cosiddetto miracolo della “Manna di San Matteo”, infatti dalle sue spoglie sgorgò del liquido. In quello stesso periodo, nella notte fra il 5 ed il 6 maggio, il principe Gisulfo I, fece trasferire il Santo, nella città di Salerno, e le spoglie vennero custodite nella cattedrale di Santa Maria degli Angeli. Nel 1084, venne costruito il Duomo Normanno, in onore di San Matteo, per volontà di Roberto il Guiscardo, su progetto dell’Arcivescovo Alfano e con la consacrazione di Gregorio VII, e dopo un lungo cammino, il corpo dell’Evangelista trovò la sua dimora definitiva. Quanto detto fino ad ora, trova conferma nella testimonianza che ci è stata lasciata, da un abate di San Benedetto, probabile autore della “Translatio Sancti Mattei Apostoli et Evangeliste” e del “Chronicon Salernitanum”. Sempre secondo la tradizione, l’apostolo Matteo, nel 1544, salvò il popolo salernitano dall’attacco dei turchi guidati dall’ammiraglio Ariadeno Barbarossa. Infatti, si dice che, una tempesta di vento e pioggia, allontanò le navi nemiche che stavano per approdare sulle coste del golfo di Salerno. Nel 1656, durante il periodo della peste, i salernitani invocarono l’aiuto dell’Evangelista, ed improvvisamente un forte vento caldo ed una pioggia incessante, allontanò il terribile flagello. Il 6 maggio di ogni anno la diocesi salernitana, ricorda il giorno del trasferimento delle spoglie di San Matteo. In passato l’anniversario della Traslazione veniva celebrato in tutte le parrocchie della città, che preparavano dei trofei di fiori, e nella notte fra il 5 ed il 6 maggio, venivano fatte suonare le campane di tutte le chiese, ed i fedeli si recavano presso il Duomo, per adorare il loro Patrono. Oggi questa festa, non viene più commemorata come una volta, ma solo con una semplice celebrazione eucaristica. Ogni anno il 21 agosto, avviene “l’alzata del panno”, una funzione in cui viene esposta una tela che rappresenta il Santo, ed alla base vi è la scritta “Salerno è mia: io la difendo”, proprio a ricordare la protezione che l’Apostolo ha avuto nei confronti della città di Salerno. La grande festa in onore di San Matteo è il 21 settembre, giorno in cui il Santo Patrono, viene portato in processione per le strade cittadine. Ad aprire il corteo religioso troviamo le tre statue d’argento dei Santi Martiri salernitani, Anthes, Gaio e Fortunato, che vengono simpaticamente definite, le “tre sorelle”, per i loro volti dai lineamenti dolci ed i capelli lunghi. A seguire, abbiamo San Gregorio il pontefice, San Giuseppe che fra l’altro è una delle statue più pesanti, circa dieci quintali, ed alla fine troviamo San Matteo. I portatori vengono chiamati comunemente, “paranze” termine che deriva da” paius”, che indica la pesca in coppia. I Santi vengono portati in spalla, per le principali strade della città (via mercanti, via velia, il corso, via Roma), ed il ruolo delle suddette paranze, è una tradizione che si trasmette da padre in figlio. Il linguaggio usato dai capi paranza, che guidano la processione, è molto particolare, pittorico, una serie di comandi, in dialetto salernitano: iamm cuoncio cuoncio (andiamo piano piano), “iamm a spontapero” (camminare poggiando prima la punta e poi il tacco, in modo da far ballare le statue), ed ancora “a cop o sol” (svoltare verso il sole), “a sott o mare” (le statue devono seguire il percorso del mare), “passea passea”(camminare, camminare), in ultimo quando il Santo viene portato verso il golfo per la benedizione, il capo paranza a voce alta dice:” Mattè, a mmè a muntagna, a te a marina”, (San Matteo a te il mare, a me la montagna), ed in quel momento la statua viene fatta ruotare verso il mare. L’Apostolo Matteo oltre ad essere il Santo Patrono di Salerno, è il protettore di coloro che svolgono attività in ambito economico ed amministrativo, come ragionieri, commercialisti, la guardia di finanza, ed anche dei pescatori, infatti spesse volte viene rappresentato con delle triglie d’argento tra le mani.
San Matteo: Fotografia di FRANCESCO TRUONO