La testimonianza di alcuni turisti: "museo etno antropologico chiuso e nessuno sa nulla" - Le Cronache
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La testimonianza di alcuni turisti: “museo etno antropologico chiuso e nessuno sa nulla”

La testimonianza di alcuni turisti: “museo etno antropologico chiuso e nessuno sa nulla”

di Arturo Calabrese 

«Perché il Museo Etnoantropologico della Dieta Mediterranea è chiuso?». Comincia così una missiva inviata in redazione e scritta da una famiglia di turisti del nord in visita a Vatolla. «Noi siamo trentini – spiegano – ma amiamo il Cilento e ogni anno dedichiamo una settimana a questo stupendo territorio. L’obiettivo mio e di mia moglie è quello di far crescere i nostri figli con l’attenzione e l’amore per il Sud. Lo facciamo attraverso i luoghi dell’arte e della cultura. Come ovvio che sia – continua la lettera – doveva essere visitata Vatolla e si dovevano scoprire le radici di quel luogo, sia per l’importanza nata grazie sia alla presenza di Giambattista Vico e sia per le storie, la tradizioni, gli usi e costumi tipici di un’area geografica magnifica e della quale si sa sempre troppo poco. Alla luce di ciò – prosegue la famiglia – ci siamo informati in rete per valutare l’offerta turistica e culturale. Salta all’occhio, dunque, il Museo Etnoantropologico della Dieta Mediterranea: cosa c’è di meglio di un posto così, dove trovare le origini della società, gli strumenti utilizzati un tempo e soprattutto le connessioni tra il passato e il futuro, fondamentali per capire il presente». Dopo questo condivisibile preambolo, la famiglia trentina in vacanza a Vatolla espone il problema riscontrato nel borgo cilentano: «Siamo stati una settimana in una stupenda struttura ricettiva – racconta – e per sette giorni, per più volte al giorno, abbiamo cercato di visitare questo museo,a ma ogni volta era chiuso. Ci sono le insegne, ci sono i cartelli, ma il portone è chiuso. Abbiamo chiesto in giro e ci è stato risposto che da anni questo museo risulta chiuso e non se ne sa nulla. In rete, si trovano molte notizie relative a questo luogo della cultura, ci sono articoli di giornale che pubblicizzano eventi, anche molto altisonanti, ma oggi nulla. Siamo in estate, perché non è possibile visitare il museo? Chi lo cura? Chi lo gestisce?». Domande lecite che vengono da turisti scontenti dell’accaduto. Mentre le istituzioni parlano di turismo, di lavoro e di fermare lo spopolamento, c’è un museo che rimane chiuso senza che nessuno possa usufruirne. «Siamo delusi e amareggiati – chiosano i turisti – andremo via con tanto rammarico e difficilmente torneremo, se queste sono le istituzioni che rappresentano il Cilento, possiamo affermare che la situazione non è delle migliori. Capiamo benissimo i giovani che vanno via». Quelle dei turisti sono parole che fanno male, in particolare a chi tanto si batte per un Cilento diverso e lo fa solo per amore del territorio senza alcun secondo fine.

La nascita del Museo

Come risulta da diversi articoli facilmente rintracciabili sulla rete, del Museo Etno Antropologico della Dieta Mediterranea se ne inizia a parlare nel 2015 ad opera della famosa Fondazione Giambattista Vico che all’epoca dei fatti era presieduta da Vincenzo Pepe, il professore autoproclamatosi filosofo, indagato per truffa allo Stato e candidato della Lega a Napoli per il senato, e diretto da Claudio Aprea. Quest’ultimo, in occasione dell’inaugurazione, aveva rilasciato anche una dichiarazione: «A un anno dalla definizione del nuovo concept – solite parole complesse – naturale evoluzione del precedente ‘Museo Terre Batulliane”, siamo ormai vicini all’apertura». Stando a quanto trovato sulla rete, nelle intenzioni dell’allora presidente Pepe e dell’allora direttore Aprea il Museo avrebbe dovuto avere «un importante compito didattico e vedrà l’attivazione di laboratori per le scuole di ogni grado e le università – si leggeva nel comunicato stampa – la forma gestionale supererà anche il concetto di “Museo di Quartiere” per caratterizzarsi come “Museo di Comunità”, badando quindi non soltanto al dialogo con altri soggetti e individui per la scoperta e l’affermazione di talentuosità periferiche, quanto per la messa a punto di strategie condivise e linee guida operative utili al raggiungimento di obiettivi territoriali».

L’evento del 2017

Altro indizio dell’esistenza di tale museo lo si trova nel 2017, quando la Fondazione Vico, allora non ancora famosa per l’indagine “Vico Nero”, organizzava la Festa dell’Olio Novello. Nel programma era presente anche una visita a tale museo di alcuni studenti delle scuole. Per prepararsi alla visita, i dirigenti della Fondazione incaricarono i ragazzi del servizio civile, che allora operavano presso la sede di vatollese, di pulirlo. Ed è proprio uno di loro che, a distanza di tempo, testimonia sullo stato dei luoghi: «Era visibilmente abbandonato – dice – polvere, ragnatele e sporcizia erano disseminate ovunque. Non resistevo lì dentro e infatti non sono riuscito a dare il mio contributo alla pulizia perché mi mancava l’aria. Fino alla conclusione del mio progetto di servizio civile – termina l’allora volontario – non ci è stata data più la possibilità di accedervi». La situazione odierna del bene culturale rimane un mistero, ma di certo rimane la delusione per l’ennesima occasione persa.