di Erika Noschese
“Credo che i tempi siano maturi, Salerno dovrebbe avere una via intitolata a Carlo Falvella”. La proposta arriva da Livio Miccoli, fratello di Claudio, il giovane ambientalista italiano morto a Napoli all’età di 20 anni, in seguito all’aggressione avvenuta ad opera di picchiatori neofascisti la sera del 30 settembre 1978 in Piazza Sannazaro. La famiglia Miccoli ieri era a Salerno in occasione del convegno organizzato da Marco Falvella, presidente dell’associazione internazionale vittime del terrorismo e fratello di Claudio, il giovane morto a Salerno – cinquant’anni fa – per mano del militante anarchico Giovanni Marini. “Noi siamo i fratelli di Claudio Miccoli, tra noi ci sentiamo vicini pur non essendo fratelli di sangue ma abbiamo vissuto le stesse sensazioni, emozioni e lo stesso dolore. Siamo molti vicini, comprendiamo ciò che Marco vive e sta facendo – ha dichiarato Miccoli – Sicuramente, non è un equiparare allo stesso modo tutti, ogni persona è diversa dall’altra ma Carlo Falvella così come Claudio Miccoli e tanti altri giovani sono stati vittime innocenti, ragazzi giovani morti perché professavano le loro idee. Da un lato ci sono le vittime, dall’altro gli assassini e per noi questo conta. Io penso che la politica c’entrasse poco anche allora: quei ragazzi che, 40 o 50 anni fa, prendevano un bastone o un coltello forse oggi li ritroviamo in uno stadio o davanti ad un bar, quella violenza gratuita che magari si nasconde dietro a valori che non sono realmente consistenti”. Da qui la proposta di intitolare una strada a Carlo Falvella perché – ha aggiunto il fratello di Claudio – Falvella deve diventare patrimonio di una memoria comune, sicuramente è ricordato dai ragazzi di CasaPound, più vicini a quella storia ma noi dobbiamo fare in modo che quella storia non resti a pochi. I tempi sono maturi e Salerno dovrebbe intitolare una strada a Carlo Falvella, come è stato fatto per altre vittime tanto che a Napoli vi è via Claudio Miccoli ma non per i meriti acquisiti in vittima ma perché vittima innocente dell’odio politico, così come Carlo Falvella. C’è un substrato che portato ad un senso di appartenenza e chiusura verso l’altro ma noi da familiari abbiamo abbattuto da tempo queste barriere, pur mantenendo le nostre idee, i nostri valori e le nostre battaglie”. A ricordare quel terribile giorno dell’omicidio Rosanna, la sorella che all’epoca dei fatti aveva 16 anni. “E’ stato un dolore devastante, molto intimo ma ad un certo punto abbiamo pensato di portare avanti le idee e i valori che furono di Claudio in qualche modo. Era un inno alla violenza quello di leggere “10, 100, 1000 Claudio Miccoli” dopo la sua uccisione e noi cerchiamo di portare in giro, con l’associazione a lui intitolata e che ha come scopo la diffusione di una cultura non violenta e ambientalista, le idee che furono di Claudio per fare in modo da dare un granellino di ciò che lui poteva pensare per darlo ai giovani di oggi – ha detto la donna raccontando quegli anni difficili che hanno spinto la famiglia a creare un’associazione per portare avanti la memoria del 20enne ucciso – Ci teniamo a dire che è importante anche il modo con cui si affermano le proprie idee: Claudio in tasca – e io lo ricordo ancora – aveva soldi, fazzoletti e penna. Ecco, questo per dire che nostro fratello aveva in tasca la penna quando è stato ucciso, è andato incontro ai suoi assassini perché voleva parlare, chiedere il perché della loro attività perché in precedenza avevano colpito un altro ragazzo. Noi, in qualche modo, dobbiamo trasmettere e non lasciare soli i giovani, le nostre famiglie. A noi nessuno ha chiesto perdono, io penso che il perdono dovrebbero chiederlo a Claudio, lui non c’è più e chi sono io per perdonare loro, io la penso così. Noi vogliamo parlare di Claudio e non dei suoi assassini, dobbiamo tenere fermo il punto su questa cosa, la giustizia ha fatto il suo corso”.