di Salvatore Memoli
Il giorno dei funerali di Ciriaco De Mita ero sulla tomba di Bettino Craxi. Mi é servito per ricordare a Dio, ancora una volta, due politici che hanno avuto un ruolo determinante sul clima politico che ha caratterizzato una parte importante della mia vita politica e della città di Salerno. L’8 marzo 1987, la Democrazia Cristiana del Comune di Salerno fu messa all’opposizione politica da una Giunta di sinistra, guidata da Vincenzo Giordano, con lo scarto di un voto ballerino. Fu un fatto traumatico, una novità per molti inattesa, una svolta politica che interrompeva una tradizione politica del pentapartito, nel quale DC e PSI avevano un ruolo di riferimento. La novità non sembrava destinata a radicarsi, si pensava ad un riequilibrio di potere politico, un ridimensionamento della DC che aveva gestito il banco, fino a quel momento. Il fatto stesso di aver scelto Vincenzo Giordano lasciava pensare ad una risposta transitoria. Al suo posto Enzo Napoli avrebbe rappresentato un’indicazione politica di diverso orientamento. Vivemmo le fasi di questo cambiamento, attimo per attimo, senza accorgerci che tutta la vicenda richiedeva un intervento forte, oltre le segreterie provinciali dei partiti salernitani. Ogni nostra richiesta cadeva nel vuoto, incomprensibilmente. I deputati locali si mostravano interessati ad un intervento che non ebbe mai esiti, erano fin troppo chiari i loro legami di potere con gli altri leaders locali, con i quali avevano pianificato il governo reale del territorio. Intanto Vincenzo Giordano, giorno dopo giorno, si palesò una novità, pragmatico, gradito dalla gente, determinato ed autonomo. Una sorpresa che spiazzava tutti e sparigliava i giochi politici. I soggetti utili alla questione salernitana, per noi all’opposizione, stavano a Roma e si chiamavano Ciriaco De Mita e Bettino Craxi. Per giunta sostenevano lo stesso Governo italiano. Facemmo pressioni politiche perché la segreteria nazionale muovesse i suoi passi favorevolmente per la soluzione del caso Salerno, fino ad arrivare al momento in cui De Mita si ritrovò ad essere Presidente del Consiglio dei Ministri e Segretario Nazionale della DC. Decidemmo di fare un bliz all’Hotel Baia di Salerno. In tre, i soliti amici e colleghi, borden line, Gerardo Milanese,Nicola Esposito ed io. Aspettammo tutta la mattinata Ciriaco De Mita, prima con educazione, una lunga anticamera, poi decidemmo di protestare e richiedere a gran voce un incontro, mentre il manipolo dei suoi accoliti tentava di allontanarci. De Mita arrivò, con la sua solita supponenza e con distacco. Parlammo, spiegammo al Segretario Nazionale la nostra richiesta di chiarire a Salerno i rapporti tra la DC e il PSI. La nostra era posizione politica, coerenza e fiducia nel Partito. Per risposta: contro chi vi opponete, le cose devono andare così! Di rimando Gerardo Milanese, tra noi il più veloce, rispose “non ci opponiamo a nessuno, perché voi siete nessuno, si salvi chi può!” De Mita non fece reazione, era troppo pieno e sicuro di sé, convinto, ho sempre ritenuto, che l’asse Conte-Del Mese doveva essere schiacciato. Conte non fu schiacciato, anzi portò il suo partito oltre il 30% dei consensi, divenne un caso ed un riferimento positivo per il partito nazionale. La Giunta di sinistra non poteva essere contestata ( e da chi?) dopo che a Palermo il sindaco Orlando aveva fatto la Giunta con il PCI, nel silenzio generale. Ho sempre pensato che la politica non é finita con tangentopoli, meglio con l’azione giudiziaria, perché le tangenti avavano altra storia ed altre consuetudini. La politica é andata in crisi quando i partiti hanno cominciato a combattersi senza regole, a colpi scorretti, non controllati dai loro vertici. De Mita non fece niente per Salerno, se non riferirci che Craxi glissava su questo argomento. Fece altro, deve essere ricordato: l’Università andò a Fisciano, nel regno del suo delfino Sessa, la Cassa di Risparmio, polmone finanziario del territorio, perse la guida democristiana a vantaggio dei socialisti, perché la DC preferì quella lombarda. Più tardi Del Mese fu posto sotto indagine, con risvolti poco chiari che risentivano di trame lontane e vendicative. La mia vicenda delle Casse di Mutualità ebbe nella Popolare dell’Irpinia un nemico senza tanti scrupoli di rivolgersi alle Procure e, di conseguenza, una guerra spietata per tutti i vertici, soprattutto non allineati. Anche se ho avuto diverse occasioni di parlargli, ancora oggi, ripensando alla mia storia, non mi pento di aver messo una mascherina ( come quelle del Covid) nel 1990 per contestare sul Corso Vittorio Emanuele le scelte demitiane di condizionare Salerno. Lo feci alla sua presenza e di tutto un parterre nazionale, durante la visita di Martinazzoli che fu il solo a voler capire e a darci ragione! Più tardi quando scelsi di appoggiare Vincenzo De Luca, un autorevole Magistrato mi disse : “la pagherai cara per aver appoggiato quello lì, che non deve essere sindaco”. Peggio mi é capitato di vedere De Luca, antidemitiano, di eccellenza, andare a braccetto con lui e spartirsi il potere politico regionale. Tutto per me é stato difficile, ma posso ancora raccontare tutto!