di Olga Chieffi
Il pub “The Empire”, di Pagliarone di Pontecagnano, riparte stasera dal suono del sassofono tenore di Daniele Scannapieco, che avrà al suo fianco Alessio Busanca all’Hammond e Luigi Del Prete alla batteria. E’ questo il primo appuntamento della rassegna il “Grande Jazz” diretta dal clarinettista Vincenzo Cuomo, che ci accompagnerà per la bella stagione. Gli intrecci fra moderno e postmoderno sono certamente più complessi di quanto suppone chi crede di vedere tra essi un’opposizione imposta dalla standardizzazione, quali si sono dedicati, oltre naturalmente alla composizione di brani originali. Daniele Scannapieco sa sempre circondarsi di musicisti dalla spiccata personalità musicale che gli permette di raggiungere quell’ interplay davvero straordinari, tre amici in continuo dialogo, su di un repertorio ampio che ci farà apprezzare l’inventiva e la creatività dei tre musicisti nei soli, oltre che l’amalgama. Il fraseggio serrato ed esplosivo di Daniele Scannapieco ammicca manifestamente al bebop e al hard bop, la ricerca armonica sulla tastiera di Alessio Busanca, che paleserà di aver raggiunto con l’organo elettrico “per eccellenza” un feeling particolare ed una tecnica interessante che va ad innestarsi egregiamente nelle atmosfere del trio, alla pulsazione ritmica penetrante, istintiva e accattivante di Luigi Del Prete, la sua batteria, le sue percussioni, simbolo incontrastato del segno iridescente della musica, dal significato implicito, ma mai convenzionalmente fissato, un riferimento mai esplicito e predeterminato, ci condurranno in una riflessione postmoderna su di un genere che sta ponendo in discussione alcune certezze della tradizione, cedendo ad un individualismo che tende sempre più a farsi egocentrico, certa predilezione per i toni teatrali, siano essi drammatici o più esteriormente spettacolari, l’accento posto su di un eclettismo che può reinventare a ogni passo gli sviluppi formali, sono tutti elementi che hanno raccolto l’attenzione dei musicisti più disponibili a porsi in gioco per costruire il futuro della propria arte. Il trio proporrà una originale reinterpretazione del repertorio afro-americano e brani originali, quali “Better Times”, “Amsterdam after dark” di George Coleman, “Unit 7” ,“I wish I Knew”, “My ideal” , in modo spontaneo e diretto niente di astruso e nessuna invenzione sopra le righe, al di là del linguaggio del jazz, al di là di contaminazioni improbabili, in pieno solco modern mainstream. I tre musicisti hanno fatto propria una storia che da oltre un secolo si muove in equilibrio fra due diverse concezioni del mondo musicale, trovando il modo di sublimarle in una visione unitaria. Due estetiche che qualcuno pensa possano essere incompatibili, mostrando, così che la vitalità della musica che essi e noi tutti frequentiamo è ben lontano dall’essere dissolta. Osservare le prossime riflessioni di questo trio e le loro future conquiste, potrebbe essere un modo particolarmente sapido e astuto per conoscere le direzioni autentiche del nuovo pensiero jazzistico.