Manuela Casella: “Difficile affrontare il lockdown nella Rsa” - Le Cronache
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Manuela Casella: “Difficile affrontare il lockdown nella Rsa”

Manuela Casella: “Difficile affrontare il lockdown nella Rsa”

di Giuseppe De Vivo

Da quando è iniziata l’emergenza sanitaria per la pandemia che stiamo tutt’ora vivendo, abbiamo imparato a conoscere le residenze sanitarie assistenziali (RSA), che accolgono persone anziane non autosufficienti, con demenze e Alzheimer che non hanno la possibilità di essere assistiti a domicilio. All’interno di queste strutture lavorano tante figure professionali come Medici, infermieri, OSS, Animatori , fisioterapisti e assistenti sociali. La figura dell’assistente sociale riveste un ruolo importante per la presa in carico e per la predisposizione del processo di aiuto. “Uno degli obbiettivi dell’assistente sociale è quello di sostenere l’anziano e la sua famiglia in uno dei momenti più delicati della vita, quali il distacco dal proprio domicilio e dalle persone care”, spiega la dottoressa Manuela Casella, assistente sociale responsabile di una RSA per anziani. Oltre ad accogliere l’anziano, l’assistente sociale provvede alla stesura di un piano di assistenza individualizzato (Pai), in equipe con gli altri operatori. Il Piano prevede la personalizzazione dell’intervento tenendo conto dei bisogni primari dell’ospite ed è importante coinvolgere nell’attuazione del progetto anche i familiari. Durante l’emergenza sanitaria è venuto meno proprio il rapporto tra l’anziano e il familiare cosi come il rapporto tra l’assistente sociale e la famiglia. Gli operatori sanitari e gli assistenti sociali, si sono sostituiti alle figure familiari per sostenere e supportare l’anziano. “La RSA che gestisco accoglie pazienti con demenze importanti e il nostro obiettivo è mantenere le capacità residue dell’anziano con momenti di terapia occupazionale e lavoro individuale e/o di gruppo di stimolazioni cognitive. Per limitare i danni della chiusura della struttura ai familiari si è attivato un progetto,’Ricordami’: abbiamo chiesto ai parenti di inviarci foto di famiglia che mostrano momenti di festa e gioia personalizzando, così, le camere di ogni paziente e lavorando sui ricordi. Abbiamo attivato il servizio di videochiamata ed ho vissuti momenti di grande emozione nel vedere i miei pazienti interagire con uno strumento sconosciuto, provando a toccare lo schermo nel tentativo di accarezzare un figlio o un nipote”. Ovviamente anche indossare i DPI da parte di tutto il personale sanitario ha mandato in confusione i pazienti delle strutture. “Infatti – continua la dottoressa Manuela Casella – è stato difficile far capire loro il perché delle mascherine e la loro importanza. Il contatto visivo, il sorriso, un abbraccio, la carezza tranquillizza il paziente durante un delirio o un momento di agitazione”. Si pensa a queste strutture come posti sterili e senza gioia e dalla primavera 2020 anche come focolai Covid. “ Bisognerebbe trascorrere con noi qualche ora! Cerchiamo, soprattutto durante le ore pomeridiane, di programmare attività ludico-ricreative con tanta musica: la preferita è quella napoletana, riaccende ricordi ed emozioni e ricordano tutte le parole. Importanti sono anche i momenti di festa: compleanni, onomastici e a noi è capitato di festeggiare anche un settantesimo anniversario di matrimonio!“ Molte strutture purtroppo hanno registrato numerosi decessi proprio a causa del covid.” Noi abbiamo un unico obiettivo la salute dei pazienti fragili. Dal marzo 2020 abbiamo adottato procedure severe sia sulla chiusura al pubblico ma anche per tutti noi dipendenti. L’ASL ci ha monitorato molto spesso con i tamponi e siamo stati tra i primi ad effettuare il primo ciclo vaccinale e poi la dose booster e fortunatamente ad oggi siamo una struttura covid free”