Questa è la storia di una giornata e dintorni a dir poco memorabile, caduta giusto trenta anni fa, il 7 novembre dell’anno di grazia 1982, indelebilmente impressa nella mente e nel cuore della cittadinanza cavese, sportivi e non-e figuriamoci per quei cinquemila che la vissero dal vivo, tra i quali chi scrive, quali e quanti ricordi ed emozioni, non solo prettamente calcistici, ma più propriamente di vita vissuta, e non solo gioiosi, ma anche amari e di rimpianto per il tempo e le persone trascorse, riesce a smuovere. I ricordi, sì, anche quelli legati al mito di un passato inevitabilmente ingiallito, quelli raccontati dai nonni e dai genitori, a partire da quelli della Cavese che negli anni 1924 e 25 giocò le semifinali del campionato nazionale di calcio di I divisione con l’Alba Roma ed il Savoia,uscendone eliminata, ma ad ogni buon conto parte illustre di un calcio ad alti livelli d’altri tempi (l’equivalente della serie A attuale,mutatis mutandis), a testimonianza che la piccola svizzera di allora, pur con la sua limitatezza territoriale ed economica, sapeva esprimere organizzazione, entusiasmo e giovinezza e passione, di più e meglio di centri ben più importanti e popolosi. I ricordi dei miti dell’anteguerra e del dopoguerra, dai giocatori ai dirigenti ai giornalisti, da Felice Levratto lo sfondareti a don Eugenio Coppola, da Bruno Mazzotta il capitano a don Ciccio Casaburi e per venire a tempi più recenti, ai giornalisti di razza come Lello Senatore, agli esimi professionisti come il medico sociale (e tifoso) Ninuccio Salomone ed ai tanti altri ancora e non me ne vogliano se non li cito tutti…Dunque la vigilia di quel 7 novembre a chi scrive -all’epoca 19 enne- un turbinio di immagini rapide e di flashes del passato provocavano una serie sparsa e confusa di considerazioni di varia natura, a partire da quella, primaria e prevalente, che si andava alla (per amore di verità sarebbe più giusto dire ex in quei frangenti di difficoltà milaniste) Scala del calcio italiano, abbandonando quei campacci ostili delle serie minori, del calcio minore ricco di ruspante entusiasmo ma anche di incidenti quasi ogni domenica e di campanilismi esasperati (e mi sovvenivano in particolare delle mischie da mucchio selvaggio con i paganesi ed i nocerini espropriatori -ti sparo in bocca- dei distinti, con Ciccio Troiano buonanima ed i suoi ragazzi costretti per il gran numero avversario a riparare in tribuna attraversando il terreno di gioco con i tamburi, un’altra vita calcistica); le telefonate al Bar Moderno di via Sorrentino per sapere il risultato domenicale quando la squadra giocava in trasferta lontana, mentre tra due giorni saremmo stati sotto i riflettori delle televisioni e sugli schermi di tutt’Italia; mi ritornavano in mente i miei preferiti da bambino quando papà mi portava per mano allo stadio, dal gatto Salvatici a “rocchiello” Inciocchi, biondissimo trottolino, a capitan Pucci(poi Pucci Sport quando aprì un negozio sotto i portici) e dopo e più tardi il mitico “Fonzo” Scarano che accendeva le nostre fantasie di tifosi adolescenti con quel coro che lo sosteneva ”ue’ scara’ ue’ scara’ pigli a’ pall e va’ a signa’;e poi quel 24 maggio 1977, Cavese- Martinafranca 2-1, capitan Gardini e Cavuoto il professore, Carrozzo sostituito alla fine del primo tempo perché imperversava sulla fascia e dalla stagione successiva acquistato dalla Cavese, dove ci apparve come “il nuovo Causio” e che invece fu solo un fuoco fatuo che si spense dopo le partite iniziali; ed inoltre i festeggiamenti in piazza che durarono fino a notte tarda e l’indomani, quella prima pagina del “ROMA” con il pezzo di Gianni Formisano che titolava “Anche la luna si è vestita di biancoblù”. Devo confessarlo: mi sento un privilegiato, perché la mia generazione ha visto e vissuto, ripeto da fortunata, gli anni della Cavese più ricchi di soddisfazioni, e proprio quel crescendo di vittorie e di categorie consolidò in me la convinzione di essere figlio di una terra ricca di grandi risorse umane, capaci di organizzarsi e di realizzare, non solo in campo sportivo, una struttura sociale e conseguenti relazioni umane diverse e lontane da certi stereotipi facilonamente accostabili per vicinanza geografica, una diversità comunque non priva di lati negativi, come gli inutili e molto spesso gratuiti antagonismi ed una certa supponenza, che è in sé un’offesa prima a Dio e poi naturalmente agli uomini. In quella vigilia dunque la mente volava alla B&B, Braca e Burla (il mio idolo dell’epoca) a Viciani l’intellettuale ed il suo gioco corto, persona gentile ma anche un po’ presuntuosa: ma che Cavese era quella di Viciani, con Botteghi e Chirco e soprattutto Lele Messina (for me the best forward I have ever seen, I remember specially la rovesciata gol contro il Latina, da favola) poi incredibilmente venduti dalla sera alla mattina alla rivale di sempre, la Salernitana. Ed ancora, la mente spaziava fino alla gioia immensa ed alla sfilata di Frosinone, dove veramente c’eravamo tutti (anche mio padre e mia madre che purtroppo ora non sono più) dove fu serie B, ed in rapido flashback il fantastico ma anche imbarazzante per me tifoso juventino Cavese –Juve a Benevento di coppa Italia (campo neutro per i fattacci di Campobasso), con De Tommasi che fa impazzire in testacoda Brio, e Barozzi che irrita ed induce a ripetuti falli Gentile, e poi, la prima a Latina contro il Verona battuto 2a1 da Sartori e Biagini, e l’indomani saremo stati a S.Siro, per Milan Cavese…Il nostro viaggio verso la partita della storia lo cominciammo il giorno prima insieme a mio fratello e mio padre e due suoi amici, perché cogliemmo l’occasione per andare a trovare un caro parente che non vedevamo da lungo tempo –lo zio Pierino- che da bravo intelligente ed operoso cavese si era fatto una posizione all’ombra del Torrazzo lavorando presso una multinazionale del petrolio e che ci accolse con gioia e volle ospitarci –tutti- nella sua spaziosa casa, essendo rimasto da poco vedovo di una delle più belle donne di Cremona -che in gioventù era stata anche fidanzata con il grande Ugo Tognazzi- e che di sera volle che fossimo suoi ospiti presso l’esclusivo circolo Fodri di Cremona, dove era di casa, in un ambiente raffinato e di gran classe, e dove il suo galantomismo d’altri tempi potè manifestarsi in tutta la sua signorilità -con il sottofondo delle soffuse note del piano bar- quando, mentre sorseggiavamo un drink tutti insieme ad uno dei tavoli- fece giungere un mazzo di rose ad una gentile signora sua amica…. Il giorno dopo, alla buon’ora, partimmo in treno per Milano ed in mattinata fummo in piazza del Duomo, all’ombra della Madunina, dove fu incredibile vedere sbucare dalla vicina imponente galleria altre bandiere biancoblù; ma ancora più incredibile fu per me, dopo che riprendemmo la metro e che sbarcammo in piazzale Lotto, notare di lontano, e poi divenire sempre più reali, intorno a S.Siro ancora vuoto, le fattezze del mio amico e compagno di banco di liceo! con il padre con tanto di sciarpa biancoblù, essi pure avviatisi in anticipo per fare il biglietto e con i quali, dopo un caloroso abbraccio, assistemmo insieme alla partita. Eravamo a Milano, alla c.d. Scala del calcio, e ci sembrava di essere a casa ! e mentre ascoltavo nel mio walkman il refrain di un pezzo all’epoca divenuto poi tormentone, “Wot” di Captain Sensible, (What, ovverossia che cosa? In linea con quello che stavamo vivendo in quei momenti) ci introducemmo, salendo con ansia le scale, nel catino impressionante di S.Siro, dove dall’anello superiore, allora assolutamente libero e senza recinzioni (ma i tifosi milanisti non osarono accostarsi durante tutto il corso dell’incontro) cogliemmo una veduta mozzafiato, con il verde e curato rettangolo di gioco che sarebbe divenuto di li a poco teatro della più grande impresa sportiva che il calcio cavese ricordi. All’epoca facevo le radiocronache della partite per conto di una combattiva e giovane radio cavese, Radio Nova Campania, di proprietà dell’ottimo Peppe Bucciarelli, ma quel giorno la radiocronaca da Milano la fece il direttore di (!!!) Inter Football Club (la rivista ufficiale dell’Internazionale) Danilo Sarugia che era concessionario esclusivo della postazione in tribuna stampa, a cui si appoggiava per le partite da S.Siro il consorzio radiofonico Tuttocamposport di cui facevamo parte (e se non ricordo male il compenso di Sarugia fu di centomila lire). Ma sicuramente fu meglio così, vederla da tifosi in mezzo ai tifosi e poter ritenere i fotogrammi nella memoria incancellabili di una partita rocambolesca, con il gol fasullo dello squalo Jordan (la palla non era entrata ma l’arbitro Falzier ed il guardalinee non ebbero dubbi, beati loro) e la grande, fantastica reazione della Cavese in linea con il carattere del suo mister (i particolari e gli aneddoti della partita li rimandiamo all’intervista con Piero Santin di fianco) ed i gol, entrambi bellissimi, del pareggio con un magico sinistro del pirata Tivelli e poi, nella ripresa, la zuccata di Bartolomeo Di Michele sul cross teso, fortissimo di capitan Pavone che si era bevuto nientepopodimeno che il mostro Franco Baresi. E poi il finale sofferto, con mischie e ribattute dinanzi all’area piccola di “paletta” Paleari, il fortino bianco che resiste ed il contropiede che parte, velocissimo, con il cavallone Guerini sgroppante verso la porta rossonera abbrancato e messo giù con un fallo tattico provvidenziale che ai tempi di oggi avrebbe comportato espulsione, ed il triplice fischio finale, l’apoteosi, il grande tabellone luminoso che mi affretto a fotografare prima che si perda in dissolvenza quello storico momento di Milan 1 Cavese 2, Jordan, e Tivelli e Di Michele…per una partita inevitabilmente passata alla storia, con i tifosi interisti che ancor oggi sfottono i milanisti per quella sconfitta, “The worst shame” della storia del Milan, che sarebbe stata citata anche in un film, il Ras del Quartiere, starring Diego Abatantuono, notorio cuore milanista. Poi l’uscita da S.Siro, sentendoci trionfatori anche noi e nella storia, il viaggio in metro fino alla stazione centrale con mio fratello che esibisce spavaldo la sciarpa biancoblù ed un gruppetto di ragazzotti rossoneri che ci guardano in cagnesco- ma siamo pronti a riceverli- ed il nostro treno, dove saliamo felici e dopo una notte piena di fantasie e di sogni di platino, scendiamo a Salerno in mattinata e comprando il Mattino, leggiamo di “applausi anche al Vestuti” per il risultato della Cavese durante un piovoso derby Salernitana-Paganese, ed apprendiamo che Vasino a 90° minuto ha parlato di“Real Cavese” e lo stesso ha fatto Gianni Brera la sera prima alla DS.
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